Riflessione di Ermes Ronchi. «E vero che ciechi vedono, sordi odono, che Dio ha scelto i poveri, ma è anche vero che sono legioni i ciechi che non riacquistano la vista, i Lazzari alle porte, i profeti in prigione; che sono molto di più i sofferenti dei miracolati...».
del 16 dicembre 2007
 
Dal Vangelo secondo Matteo
In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”.
Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.
Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile”.
 
 
Un Vangelo (III Domenica di Avvento) pieno di domande, così come la nostra vita. Sei tu colui che deve venire? Deve, perché altrimenti la storia si smarrisce e non c’è viaggio per l’uomo, né stella polare sopra i nostri sentieri. Deve venire affinché le domande non siano un inganno pietoso. Sei tu che devi? Per tuo desiderio, per tua passione d’umano. O dobbiamo attendere un altro? Attendere altri messia con le loro illusioni sanguinose, con il sole ingannatore di parole vuote?
Da troppo tempo i cieli sono rimasti chiusi, da troppo tempo ciechi lebbrosi sordi e poveri attendono, e fa piaga nel cuore di Dio il dolore del mondo.
Il profeta, bocca di Dio, si fa ora bocca dei poveri e di tutti i loro dubbi; l’uomo si fa domanda, e affronta la più radicale tentazione: credere alle proprie certezze o chiedere risposta all’Altro? La profezia, dimentica di ogni affermazione, si fa ascolto della Parola; il veggente conosce il dubbio, la fede inquieta, che non smette di interrogarsi, di ricercare le sorgenti, che non vuole ridurre Dio alle proprie attese su di lui.
Ringrazio Giovanni per questa sua fede che patisce delusioni, ma non si arrende; che conosce il dubbio, ma genera cercatori di verità; che si fa ascolto e apre il presente alla novità di Dio. E Dio compie le sue promesse e non le nostre attese.
Gesù capisce il dramma di Giovanni, la sua grandezza tragica: l’Atteso non corrisponde alla sua attesa! E dà una risposta, ma delicata, che crea gioia e lascia libertà. Non parla di sé, ma di segni, gli stessi preannunciati da Isaia, segni belli e poveri, luminosi e deboli. E vero che ciechi vedono, sordi odono, che Dio ha scelto i poveri, ma è anche vero che sono legioni i ciechi che non riacquistano la vista, i Lazzari alle porte, i profeti in prigione; che sono molto di più i sofferenti dei miracolati. Questi segni sono però il seme di un futuro appena seminato.
Poi è Gesù che interroga: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto?”. “Vedere”, dice, e non “ascoltare o imparare”. I Giudei hanno visto un corpo segnato, inciso dalla Parola, un discorso incarnato in comportamenti concreti; vedono un maestro di vita, un esegeta dell’esistenza, il cui palazzo è il deserto, che nessun vento muove se non il soffio di Dio, cui il quasi nulla e la Parola bastano per vivere.
Il potere e il fascino di Giovanni vengono dal fatto che le sue sono parole incarnate. La fede vive d’incarnazioni, di segni; ha bisogno di un capitale di martiri, di testimoni per essere creduta. Noi non siamo più creduti perché siamo una fede senza corpo, una canna che si piega a tutto, così lontani da Giovanni del deserto, uomo che si fa domanda, ma che nulla piega se non il soffio di Dio. (Ermes Ronchi)
 
 
Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?
 
Il profeta attende il messia
e il messia rende onore al profeta.
 
Il profeta non può fare a meno di chiedersi
se sei tu l’Atteso,
se le promesse finalmente si sono realizzate,
se la sua voce ora può spegnersi perché è arrivata la Luce,
 
Tu, Ges√π, non vuoi che gli riportino
solo delle belle parole, solo delle dotte citazioni.
Per questo li inviti a guardarsi attorno,
a cogliere il nuovo che si fa vedere e sentire,
ad afferrare la gioia di tanti malati,
di tante persone prostrate e mortificate
che hanno riacquistato fiducia e speranza.
 
Ma non puoi fare a meno di apprezzare
tutto quello che il profeta ha fatto per te, per il Regno.
Perché è lui che ti ha aperto la strada,
È lui che ha creduto alla luce anche quando
si intravedeva solo un debole chiarore.
È lui che, in omaggio alla verità,
ha osato gridare e rimproverare,
ha voluto denunziare il male,
sapendo di non essere al riparo
da nessuna ritorsione,
da nessuna violenza.
È lui che ha annunciato il nuovo,
prima ancora che arrivasse,
giocandosi la vita su una missione
che pareva impossibile.
 
Roberto Laurita
Ermes Ronchi
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