«Maria vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell'economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile»: questo l'appello che il Papa ha lanciato a Cagliari, lo scorso 7 settembre.
del 10 settembre 2008
«Maria vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile»: questo l’appello che il Papa ha lanciato a Cagliari, lo scorso 7 settembre. Parole semplici, ma quel riferimento a una «nuova generazione», in particolare, appare scottante. Denuncia della classe politica attuale, o semplice augurio, che nasce dall’analisi di un mutato contesto politico? L’invito del Papa ha scatenato numerose reazioni, sia fra i teocon che fra i teodem nostrani. Rocco Buttiglione, ad esempio, le ha lette come un riconoscimento al lavoro dell’Udc. Rosy Bindi e Giorgio Tonini come un invito alle associazioni cattoliche.
«I politicanti fanno il loro mestiere di salvare a tutti i costi il salvabile», sferza il vicedirettore del Corriere della Sera, Magdi Cristiano Allam. «Sono figli di una società in cui prevale l’apparire anziché l’essere. Il Santo Padre non sarebbe intervenuto se non ci fosse veramente la necessità di cambiare la società attuale». Gli fa eco il giornalista Antonio Socci, che tuona contro Bindi e compagni:«Ognuno ha interpretato il Papa per il centimetro quadrato a conferma della propria posizione, anziché per il chilometro quadrato di critica, di correzione ad un lavoro che ancora non fanno». Ma, riprende Allam, il cambiamento auspicato dal Papa è necessario, «per l’insieme della società italiana, europea e occidentale. Non potrà avvenire se non si riparte dalla riscoperta della fede cristiana, dalla riscoperta delle radici comuni giudaico-cristiane». Allam spiega che l’invito di Benedetto XVI si situa in un preciso contesto culturale, di chi «a partire dal crollo del muro di Berlino, ha individuato nell’Occidente una terra profondamente in crisi di valori e identità. Giovanni Paolo II parlò della necessità di ricristianizzare l’Occidente, evidenziando che è un gigante dai piedi di argilla, senz’anima e senza rotta da seguire. La richiesta di Benedetto XVI a Cagliari indica l’allarme che la Chiesa continua a percepire, e la necessità di una nuova generazione di politici custodi di quei valori che sono il fondamento della fede cristiana. Della sacralità della vita, dal concepimento alla morte naturale. Della considerazione della dignità della persona». Una custodia che non si può annacquare, in nome di interessi maggiori. «Un esempio. Sulla questione dell’aborto, un politico cattolico non può essere a favore della 194. Non può dire che va bene, perché se la si mette in discussione, rischieremmo di avere una legge peggiore. Se si afferma la sacralità della vita, quella legge che regolamenta l’aborto, e lo prevede in certe condizioni, non è adeguata».
Antonio Socci ravvisa proprio nelle parole del Papa a Cagliari un duro richiamo ai politici “su piazza”: una richiesta di radicale novità. «Anzitutto la consapevolezza che essere cattolici non significa appena fregiarsi di un titolo. Trovo singolare che un tema come quello dei Dico sia portato avanti da Rosy Bindi, e ripreso qualche giorno fa da Gianfranco Rotondi. Credo che comunque esistano delle persone che stanno lavorando nella direzione auspicata dal Santo Padre. Faccio solo un esempio: Roberto Formigoni. Lo cito non tanto come fenomeno individuale, ma perché si trova alla guida di una delle regioni più moderne del nostro paese, e fa saltare il pregiudizio laicista così diffuso che essere cristiani significa essere anche anti-moderni. Non è vero, al contrario l’identità cattolica in questo caso significa condurre alla modernità, con interessanti contributi».
Anche il vaticanista de L’Espresso, Sandro Magister, tenta di tracciare un identikit del nuovo cattolico: «I requisiti li dettano le vicende storiche del paese. Il nuovo cattolico, in politica, non può più essere forgiato nelle associazioni cattoliche. Basta osservare i fatti, per vedere che i “cattolici adulti” sono giunti al capolinea. Bisogna che invece corrispondano di più all’humus cattolico: di quelle persone che vanno a Messa la domenica, ma non sempre. Che credono nella dottrina, ma non la rispettano sempre. Questo popolo si sente più legato alla Chiesa, di quanto lo facciano i cattolici impegnati. Pensiamo alle iscrizioni all’ora di religione: l’80 per cento dei genitori la sceglie per i figli, mentre proprio gli “impegnati” sono quelli che più si battono per eliminarla. Il popolo cattolico di oggi ha una chiara percezione: “la Chiesa ha ragione, anche se non sono fedele”. Penso che una persona come Mariastella Gelmini rappresenti questo esteso zoccolo elettorale. Non ha un curriculum nell’associazionismo cattolico, è “senza etichette”, ma cattolica: non ha fatto scelte confessionali, ma lavora nel rispetto di princìpi iscritti nel cuore di tutti».
Se per Allam il nuovo politico cristiano dovrebbe essere «la sintesi felice di fede e ragione, partendo dalla ragione, cioè dalla capacità di rappresentare la realtà dei fatti per quello che è, senza mistificazioni o filtri ideologici», c’è anche chi, come il poeta ed editorialista di Avvenire Davide Rondoni, ne immagina i precisi riferimenti culturali. «Giovani politici che abbiano assunto Eliot, Dostoevskij, Claudel, Baudelaire, e possibilmente anche Peguy, McCarty, Flannery O’Connor. Perché una delle mancanze della vecchia generazione era la capacità di lettura culturale. Secondo un vecchio detto di don Giussani, “mentre i parroci costruivano i cinema parrocchiali, gli altri facevano i film e i libri”. Questi scrittori sono necessari, perché aiutano a capire che non sono le istituzioni a rendere buoni gli uomini. Che non siamo in paradiso e non lo saremmo nemmeno se ci fosse al governo un monocolore cattolico, che nell’uomo c’è una cosa irriducibile che si chiama libertà, e che nel suo animo si agitano contraddizioni che né la politica, né l’economia possono risolvere». Per Rondoni di persone con questo background umano ce ne sono già. «Angelino Alfano, Mariastella Gelmini, Maurizio Lupi. Lo stesso Gianni Alemanno mi sembra coraggioso. E, nell’altro schieramento, vedo bravissimi un deputato come il napoletano Guglielmo Vaccaro, o il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci, entrambi del Pd».
Ma nel richiamo del Papa, c’è il rischio di una deriva neoguelfa? O, per dirla con un recente editoriale del direttore di Repubblica Ezio Mauro, cristianista («l’affermazione – scriveva Mauro – di fatto di un’idea politica della religione cristiana, quasi un’ideologia»)? Secondo Socci «il cristianismo è un rischio, ma è una cosa ben diversa dal cammino storico dei cattolici in politica e nella società, che, secondo me, il Papa chiede di riprendere. Credo, piuttosto, che certe componenti laiche dovrebbero solo accettare che oltre a loro esistono gli altri, e abbiano idee diverse». Netto Magister: «No, è fuori luogo parlare di questi rischi. Perché non guardiamo, piuttosto, senza pregiudizi a quello che sta avvenendo negli Stati Uniti? La campagna elettorale si sta decidendo sui temi etici: è evidente che i problemi più sentiti siano questi».
 
Chiara Rizzo
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