Possibile che avere sei figli voglia dire fare lo slalom tra richieste d'uccider...

All'ospedale, mi andò l'occhio su un librone con la copertina blu. Era il registro degli aborti fatti e da fare in quello stesso reparto in cui la dolcissima stava venendo al mondo. Restai di sale e fui preso da una tristezza infinita. Sentii addosso il peso fisico di un'ingiustizia micidiale che non poteva non riverberarsi su tutti...

Possibile che avere sei figli voglia dire fare lo slalom tra richieste d’uccidere qualcuno?

da Attualità

del 03 gennaio 2008

Al Direttore

 

Quando nacque la mia prima figlia, la dolcissima Giulia, oggi studentessa ventiduenne di Economia per la cooperazione internazionale, all’ospedale, mi andò l’occhio su un librone con la copertina blu. Era il registro degli aborti fatti e da fare in quello stesso reparto in cui la dolcissima stava venendo al mondo. Restai di sale e fui preso da una tristezza infinita. Sentii addosso il peso fisico di un’ingiustizia micidiale che non poteva non riverberarsi su tutti. Vennero poi altri cinque figli, e il problema dell’aborto si incrociò sempre con me, la mia generosissima moglie e i fratelli. Ricordo per esempio che quando fu il turno di Silvia, la bellissima Silvia, la terza, qualcuno tirò fuori la solita storiella: ma come, non siete contenti, avete già una coppia femmina-maschio, che ve ne fate del terzo?

 

E quando poi si annunciarono le gemelle eterozigoti Anna e Paola, le nostre care 'megelle' (così si autodefinivano quando erano piccole), a mia moglie venne chiesto a bruciapelo se aveva intenzione di tenerle o no, visto che beh, insomma, avevamo già tre figli e potevamo considerarci 'a posto'. A posto in che senso?, chiedemmo noi, sentendoci ancora una volta come marziani sbarcati su un pianeta incomprensibilmente crudele. Stessa storia, più o meno, quando a sorpresa fece capolino tra noi Laura, l’ultima della fila, l’unica romana de Roma, la nostra preziosissima Laura, che di sé dice 'sono il regalo della mamma' perché mia moglie le dice spesso 'sei il mio regalo' ed è stato in effetti un regalo tanto più bello in quanto inaspettato. Per farla breve, una coppia come noi, con i nostri sei figli venuti al mondo non in condizioni particolarmente difficili, ma semplicemente per amore, quell’amore per la vita che in fondo dovrebbe essere considerato normale, ho dovuto ripetutamente fare lo slalom fra richieste più o meno dirette, più o meno subdole, di uccidere qualcuno di quei bambini che oggi sono stupendi, felici, bravi e gioiosi.

 

E tutto questo non in qualche regione poverissima ma, per quanto riguarda i primi cinque, nel ricco nord Italia, mentre per Lauretta la facenda si è svolta a Roma, dove viviamo da dodici anni. Dico: ma si può? È mai possibile? Quando avevo vent’anni scrissi un libro, pubblicato dal mio caro amico e maestro Cesare Cavalleri, intitolato 'La verità di carta', in cui cercavo di smascherare i metodi usati dalla stampa abortista per far passare come lecito ciò che lecito non può essere. Attorno al libro scese un silenzio di tomba, è proprio il caso di dirlo, e da allora m’è passata la voglia di combattere, anche se di tanto in tanto (vedi il caso della gioia a comando, politicamente corretta, per la moratoria sulla pena di morte) torno a sbottare. Ora che di anni ne ho cinquanta la sua proposta sulla moratoria per gli aborti mi ha fatto venire di nuovo la voglia di indignarmi per l’ingiustizia in cui viviamo immersi. Quindi grazie, a nome mio, a nome di mia moglie Serena e dei miei figli Giulia, Giovanni, Silvia, Anna, Paola e Laura. E buon 2008 carico di sana indignazione motivata dall’amore per la vita.

Aldo Maria Valli

http://www.ilfoglio.it

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