Ho trovato conferma del carattere, del modo di pensare di quest'uomo che ha colto il meglio dello sport, ossia la sua funzione educativa che aiuta ad aver regole e sviluppa le potenzialità fi siche e morali del ragazzo.
del 11 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Qualche anno fa m’è capitato di leggere, su un periodico di indirizzo cristiano, un articolo quanto mai interessante su Cesare Prandelli, l’attuale commissario tecnico degli azzurri, e sono stato colpito dal tipo di personalità sana di questo personaggio dello sport nazionale che emergeva dallo scritto. Non ricordo più la testata del periodico, né ricordo il motivo che aveva determinato il giornalista a parlare del tecnico che a quel tempo penso allenasse la Fiorentina. Da quanto però riemerge dalla mia memoria credo che parlasse di questo allenatore dicendo che aveva un rapporto profondamente umano con i ragazzi della sua squadra e che cercava, prima di costruire degli atleti, di farne degli uomini veri e di costruire piuttosto che una squadra, un gruppo di amici che si volessero bene, che stessero volentieri assieme, che si aiutassero e che fossero giovani per bene.
          Ricordo ancora che a quel tempo Prandelli era stato colpito da un grave lutto per la perdita della giovane ed amatissima moglie e che egli, prima della sua morte, per molti mesi aveva abbandonato i campi da gioco per essere accanto alla sua sposa e ai suoi fi gli. M’è rimasta nella memoria l’immagine, pur triste, di un uomo onesto e retto che sapeva fare le scelte che contano, privilegiando la sua famiglia al successo sempre effimero dello sport.
          In quella occasione mi par di ricordare che l’articolista scrivesse che Prandelli era un uomo di fede e che in quel triste frangente gli era accanto un sacerdote amico che l’ha aiutato ad affrontare un momento così amaro proprio quando la sua carriera era quanto mai allettante. Prandelli si diceva godesse dell’affetto di una famiglia tanto sana quanto unita, perché l’aveva fondata su valori solidi e portanti.
          Così, quando in televisione si parlava della vicenda della nazionale, della quale lui era diventato allenatore, quella lettura mi incitava a tifare, sì, per la nostra squadra, ma anche per quell’allenatore del quale portavo nel cuore un’immagine tanto bella e positiva.
          Credo che la squadra azzurra, negli incontri internazionali giocati con la sua guida non abbia sempre vinto, come speravo, ma perlomeno fosse cresciuto all’interno di essa un clima più bello, più sportivo e più umano.
          Quest’uomo è rimasto punto di riferimento pulito anche quando tutto il mondo del calcio è stato travolto da una marea di scandali, di imbrogli e di meschinità, tanto da creare nell’ opinione pubblica un sentimento di rifiuto e quasi di disprezzo per atleti pagati in maniera sproporzionata alle loro prestazioni e che, nonostante ciò, si sono lasciati attrarre da una voracità estrema, tanto da tradire i valori fondanti non solo dello sport, ma anche del vivere civile.
          Comunque, siccome non sono un cultore particolare di ciò che avviene nel mondo dello sport, il mio interesse fu sempre marginale. Quando però, alcune settimane fa, scorsi un titolo abbastanza vistoso su questo protagonista della vita sportiva, mi si drizzarono le orecchie e ho letto con interesse particolare l’intervista che si faceva all’ ormai notissimo responsabile della nazionale di calcio.
          Dalla lettura di questa seconda intervista, ho trovato riconferma del carattere, del modo di pensare di quest’uomo che ha colto il meglio dello sport, ossia la sua funzione educativa che aiuta ad aver regole e sviluppa le potenzialità fi siche e morali del ragazzo.
          Ho appreso poi, con interesse e piacere, che Prandelli esce da un oratorio parrocchiale e confessa di avere avuto una severa e sana educazione, apprendendo la scala dei valori da parte del sacerdote che seguiva l’ambiente in cui i ragazzi crescevano serenamente alternando il gioco con lo studio e l’apprendimento dei principi cristiani.
          L’intervista riporta in maniera convincente l’opinione di quest’uomo, che ha raggiunto il vertice dello sport nazionale rappresentato dal calcio, secondo cui la prima educazione a livello sportivo ricevuta in parrocchia è di grande aiuto, anzi spesso determinante nella formazione di quei soggetti che fanno dello sport la loro professione e che diventano l’oggetto di curiosità e dell’attenzione di masse enormi di cittadini del nostro Paese, incidendo essi, con il loro comportamento, sull’opinione pubblica ed anche sulle coscienze.
          Questo discorso m’ha, naturalmente, condotto a riflettere sulla condizione, a dir poco miseranda, di quasi tutti i nostri patronati, ormai troppo angusti e frazionati per poter rispondere alle aspettative dei nostri ragazzi.
          All’ infuori di certi centri giovanili organizzati dai padri salesiani, i patronati della stragrande maggioranza delle nostre parrocchie, languono e sono pressoché inutili e talvolta perfi no dannosi quando sono abbandonati a se stessi e sopravvivono stantii e disertati dalla gran parte dei bambini e degli adolescenti che preferiscono le associazioni sportive e i vari club ai campetti parrocchiali, perdendo così la possibilità di ricevere un’educazione morale religiosa.
          Un tempo s’è parlato di dar vita nella nostra città almeno ad un paio di grossi centri giovanili interparrocchiali, che potessero offrire una proposta globale ai bisogni dei ragazzi, poi non se ne fece più niente per l’esasperato individualismo delle parrocchie e l’assoluta mancanza di un governo centrale che coordinasse e quasi imponesse soluzioni aggiornate capaci di interessare ed educare il mondo della fanciullezza e dalla gioventù. Oggi non c’è che sperare che il nuovo Patriarca ripensi a tutto l’impianto di questo settore della pastorale della Chiesa veneziana ed impegni in maniera nuova quei sacerdoti che anche attualmente destina ai giovani, ma che forse non sono messi in condizione di “produrre” al meglio.
Sac. Armando Trevisiol
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