Certamente lo strumento non deve e non può sostituire la ricchezza del rapporto umano, ma può ampliare le occasioni di ascolto. Con la nuova tecnologia, la comunicazione diventa il campo in cui poter scambiare la parola, ma anche il luogo per fare rete. È ormai tempo di mettersi in discussione tra le mille parole dell'agora multimediale.
del 16 aprile 2008
«Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo!». Con questa memorabile esortazione Giovanni Paolo II apriva il suo pontificato, coinvolgendo in maniera inaspettata quel mondo giovanile spesso distratto o lontano dal messaggio cristiano.
 
Le indimenticabili Giornate mondiali della gioventù, che ancora oggi chiamano a raccolta moltitudini di ragazzi, non sono tuttavia un indice attendibile per valutare la loro reale adesione a Cristo. Terminata l’emozione del grande evento, la maggioranza dei giovani torna alla sua vita lasciando poco spazio all’incontro con Dio. Non senza amarezza, dobbiamo constatare che al di là degli spettacolari raduni, come ha ribadito Benedetto XVI, la nostra gioventù è ancora lontana dalla fede, tanto è vero che il crescente analfabetismo religioso delle giovani generazioni preoccupa i vescovi italiani. Probabilmente, intenti a comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, non ci siamo accorti che il mondo è già cambiato. Eccetto poche eccezioni, non si è tenuto conto della rivoluzione avvenuta proprio nel mondo della comunicazione, che ormai avviene attraverso linguaggi e mezzi distanti mille miglia dal nostro annuncio. Soprattutto i giovani, lontani dalle nostre chiese e dai luoghi della predicazione, abituati al linguaggio delle immagini e alla comunicazione multimediale, nemmeno sanno di cosa parliamo. Il Maestro, grande comunicatore, sapeva bene che per passare il suo messaggio doveva usare il linguaggio dei suoi interlocutori. Non temeva di sminuire la sua parola usando le metafore di pecore e pastori, di vigne e vignaioli per parlare di Dio. Se oggi non basta radunare le folle per annunciare il Regno, non bisogna avere timore di usare gli strumenti della tecnologia odierna per comunicare con il mondo intero. Se ai giovani, che difficilmente vanno a Messa la domenica e forse non sanno neanche cosa sia un’omelia o una catechesi, offriamo la possibilità di accostarsi alla parola di Dio attraverso un podcast, può essere che avremo della risposte. Molti sostengono, invece, che la comunicazione informatica, fredda e impersonale, svuoti il messaggio da quell’afflato umano e spirituale capace di convertire i cuori.
 
Certamente lo strumento non deve e non può sostituire la ricchezza del rapporto umano, ma può ampliare le occasioni di ascolto. Con la nuova tecnologia, la comunicazione diventa il campo in cui poter scambiare la parola, ma anche il luogo per fare rete. È ormai tempo di mettersi in discussione tra le mille parole dell’agora multimediale.
 
È inutile continuare ad aspettare che i giovani vengano a noi e lamentarsi che non arrivano. Facciamo in modo che la nostra predicazione li raggiunga lì dove sono, da soli o con gli amici, dietro lo schermo di un computer. Sostenere che Internet non sia uno strumento idoneo all’annuncio non risponde all’evidenza dei fatti: oggi questo è il mezzo con cui si propagano i nuovi messaggi. Non sta a noi dire al mondo quali strumenti debba usare, ma sta a noi conoscerli per continuare a parlare al mondo. Una volta chi aveva problematiche da risolvere si rivolgeva al suo padre spirituale, al parroco dell’oratorio, oggi i ragazzi passano le ore a chattare con degli sconosciuti in cerca di risposte o semplicemente di compagnia a quella solitudine, propria dell’adolescenza, aggravata oggi dal vuoto di famiglie che non esistono più. Consapevoli che non sarà certo la nostra protesta a cambiare le nuove modalità di comunicazione, perché, invece di limitarci ad accusare Internet di provocare ulteriori vittime, non offriamo ai giovani la possibilità di ascoltare la Parola e dialogare con noi per via telematica? Tra qualche anno questa via sarà una delle poche palestre di confronto: non accorgersene significa non essere pronti ad inculturarsi nel mondo che cambia.
don Gennaro Matino
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