Il Salterio, ha ricordato il Papa, «si presenta come un “formulario” di preghiere, una raccolta di centocinquanta Salmi che la tradizione biblica dona al popolo dei credenti perché diventino la sua, la nostra preghiera, il nostro modo di rivolgersi a Dio e di relazionarsi con Lui». Come molti hanno rilevato, si tratta insieme di preghiera e di poesia.
del 24 giugno 2011
 
          Con l'udienza del 22 giugno 2011 Benedetto XVI ha iniziato «un nuovo tratto del percorso» della sua «scuola della preghiera». Dopo avere affrontato nelle precedenti udienze alcune pagine «difficili» del Vecchio Testamento, la scuola entra ora «nel “libro di preghiera” per eccellenza, il libro dei Salmi».
          Il Salterio, ha ricordato il Papa, «si presenta come un “formulario” di preghiere, una raccolta di centocinquanta Salmi che la tradizione biblica dona al popolo dei credenti perché diventino la sua, la nostra preghiera, il nostro modo di rivolgersi a Dio e di relazionarsi con Lui». Come molti hanno rilevato, si tratta insieme di preghiera e di poesia.  Nei Salmi infatti «trova espressione tutta l’esperienza umana con le sue molteplici sfaccettature, e tutta la gamma dei sentimenti che accompagnano l'esistenza dell’uomo. Nei Salmi, si intrecciano e si esprimono gioia e sofferenza, desiderio di Dio e percezione della propria indegnità, felicità e senso di abbandono, fiducia in Dio e dolorosa solitudine, pienezza di vita e paura di morire».
          Certo, i Salmi sono destinati anzitutto alla preghiera, ma «è tutta la complessità dell’esistere umano che si concentra nella complessità delle diverse forme letterarie dei vari Salmi: inni, lamentazioni, suppliche individuali e collettive, canti di ringraziamento, salmi penitenziali, salmi sapienziali, ed altri generi che si possono ritrovare in queste composizioni poetiche».
          Nella ricchezza dei Salmi, ha affermato il Papa, è bene non perdersi. Il loro messaggio può essere riassunto con riferimento a «due grandi ambiti che sintetizzano la preghiera del Salterio: la supplica, connessa al lamento, e la lode, due dimensioni correlate e quasi inscindibili. Perché la supplica è animata dalla certezza che Dio risponderà, e questo apre alla lode e al rendimento di grazie; e la lode e il ringraziamento scaturiscono dall’esperienza di una salvezza ricevuta, che suppone un bisogno di aiuto che la supplica esprime».
          Cominciando lo studio dei Salmi dalla supplica, qui «l'orante si lamenta e descrive la sua situazione di angoscia, di pericolo, di desolazione, oppure, come nei Salmi penitenziali, confessa la colpa, il peccato, chiedendo di essere perdonato. Egli espone al Signore il suo stato di bisogno nella fiducia di essere ascoltato, e questo implica un riconoscimento di Dio come buono, desideroso del bene e “amante della vita” (cfr Sap11,26), pronto ad aiutare, salvare, perdonare».
          Ma nel lamento stesso «può emergere qualcosa della lode, che si preannuncia nella speranza dell’intervento divino e si fa poi esplicita quando la salvezza divina diventa realtà».
          Quanto ai Salmi di ringraziamento e di lode, qui «facendo memoria del dono ricevuto o contemplando la grandezza della misericordia di Dio, si riconosce anche la propria piccolezza e la necessità di essere salvati, che è alla base della supplica. Si confessa così a Dio la propria condizione creaturale inevitabilmente segnata dalla morte, eppure portatrice di un desiderio radicale di vita». E i due momenti, se possono essere distinti, non vanno separati: «nella preghiera dei Salmi, supplica e lode si intrecciano e si fondono in un unico canto che celebra la grazia eterna del Signore che si china sulla nostra fragilità».
          I Salmi sono tanto importanti perché «insegnano a pregare». Il libro dei Salmi ha una particolarità unica: «le preghiere in esso contenute, a differenza di altre preghiere che troviamo nella Sacra Scrittura, non sono inserite in una trama narrativa che ne specifica il senso e la funzione. I Salmi sono dati al credente proprio come testo di preghiera, che ha come unico fine quello di diventare la preghiera di chi li assume e con essi si rivolge a Dio. Poiché sono Parola di Dio, chi prega i Salmi parla a Dio con le parole stesse che Dio ci ha donato, si rivolge a Lui con le parole che Egli stesso ci dona. Così, pregando i Salmi si impara a pregare. Sono una scuola della preghiera».
          Da un certo punto di vista, la lingua dei Salmi è la lingua stessa di Dio Padre. Il Papa lo spiega con l'esempio del bambino che impara a parlare: «ciò che il bambino vuole esprimere è il suo proprio vissuto, ma il mezzo espressivo è di altri; ed egli piano piano se ne appropria, le parole ricevute dai genitori diventano le sue parole e attraverso quelle parole impara anche un modo di pensare e di sentire». Qualcosa di simile avviene con i Salmi, che «ci sono donati perché noi impariamo a rivolgerci a Dio, a comunicare con Lui, a parlarGli di noi con le sue parole, a trovare un linguaggio per l'incontro con Dio». «Come le nostre parole non sono solo parole, ma ci insegnano un mondo reale e concettuale, così anche queste preghiere ci insegnano il cuore di Dio, per cui non solo possiamo parlare con Dio, ma possiamo imparare chi è Dio e, imparando come parlare con Lui, impariamo l'essere uomo, l'essere noi stessi».
          Nella lingua originale, ha spiegato il Pontefice, il libro di Salmi «si chiama tehillîm, un termine ebraico che vuol dire “lodi”, da quella radice verbale che ritroviamo nell’espressione “Halleluyah”, cioè, letteralmente: “lodate il Signore”». Vi è certo la ricordata «articolazione tra lode e supplica,», ma ultimamente ci troviamo di fronte a «un libro di lodi, che insegna a rendere grazie, a celebrare la grandezza del dono di Dio, a riconoscere la bellezza delle sue opere e a glorificare il suo Nome santo». Il nome ebraico del libro indica che la lode prevale sempre sul dolore: «anche nella desolazione,anche nel dolore, la presenza di Dio rimane, è fonte di meraviglia e di consolazione; si può piangere, supplicare, intercedere, lamentarsi, ma nella consapevolezza che stiamo camminando verso la luce, dove la lode potrà essere definitiva».
          Il Papa si è soffermato poi su Davide, il monarca cui la Scrittura attribuisce la maggioranza dei Salmi. «Figura dal notevole spessore umano e teologico, Davide è personaggio complesso, che ha attraversato le più svariate esperienze fondamentali del vivere. Giovane pastore del gregge paterno, passando per alterne e a volte drammatiche vicende, diventa re di Israele, pastore del popolo di Dio. Uomo di pace, ha combattuto molte guerre; instancabile e tenace ricercatore di Dio, ne ha tradito l’amore, e questo è caratteristico: sempre è rimasto cercatore di Dio, anche se molte volte ha gravemente peccato; umile penitente, ha accolto il perdono divino, anche la pena divina, e ha accettato un destino segnato dal dolore».
          Davide così «è stato un re, con tutte le sue debolezze, 'secondo il cuore di Dio' (cfr 1Sam 13,14), cioè un orante appassionato, un uomo che sapeva cosa vuol dire supplicare e lodare. Il collegamento dei Salmi con questo insigne re di Israele è dunque importante, perché egli è figura messianica, Unto del Signore, in cui è in qualche modo adombrato il mistero di Cristo».
          Infine il Papa ha voluto ricordare «il modo e la frequenza con cui le parole dei Salmi vengono riprese dal Nuovo Testamento, assumendo e sottolineando quel valore profetico suggerito dal collegamento del Salterio con la figura messianica di Davide». Gesù stesso «ha pregato con i Salmi», e in Lui «essi trovano il loro definitivo compimento e svelano il loro senso più pieno e profondo. Le preghiere del Salterio, con cui si parla a Dio, ci parlano di Lui, ci parlano del Figlio, immagine del Dio invisibile (Col 1,15), che ci rivela compiutamente il Volto del Padre».
          Anche gli ebrei usano i Salmi, naturalmente, ma «il cristiano, dunque, pregando i Salmi, prega il Padre in Cristo e con Cristo, assumendo quei canti in una prospettiva nuova, che ha nel mistero pasquale la sua ultima chiave interpretativa. L’orizzonte dell’orante si apre così a realtà inaspettate, ogni Salmo acquista una luce nuova in Cristo e il Salterio può brillare in tutta la sua infinita ricchezza». Il Papa ne illustrerà alcuni esempi nelle prossime catechesi della «scuola della preghiera», che continua e che - per trarne profitto - va seguita in modo continuativo. È quanto La Bussola Quotidiana sta facendo e si propone di continuare a fare.
Massimo Introvigne
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