Quando è l'umanità a educare Dio

Un film nato dal dialogo tra due mamme, una credente e una no. Un approccio originale al mondo femminile e all'educazione. Non è mai semplice crescere un figlio, figurarsi poi se si tratta del Figlio di Dio. Che cosa può dire la figura di Maria a noi, oggi? «È la sintesi perfetta della nostra umanità...».

Quando è l’umanità a educare Dio

da Teologo Borèl

del 25 maggio 2011

 

 Incontro con il regista Guido Chiesa           Un film nato dal dialogo tra due mamme, una credente e una no. Un approccio originale al mondo femminile e all’educazione. Non è mai semplice crescere un figlio, figurarsi poi se si tratta del Figlio di Dio. Di questo parla Io sono con te (Italia, 2010) del regista romano Guido Chiesa, già noto per film come Il partigiano Johnny (2000), Lavorare con lentezza (2004) e la miniserie tv Quo vadis, baby? (2008).          Chiesa – che ha lavorato con registi del calibro di Jim Jarmusch e Michael Cimino – è stato a Vicenza domenica scorsa in occasione della VII edizione del Festival Biblico - in corso dal 20 al 29 maggio - ed ha discusso il suo originale approccio alla figura di Maria di Nazaret con Alberto Bourlot, professore di Semiologia all’Università Cattolica di Milano. Il regista ci ha raccontato la genesi del suo film.Come è nato questo suo ultimo lavoro?          «Dall’incontro di due mamme, una è credente e una no. Una delle due ha cominciato a parlare di Maria in un modo poco convenzionale, descrivendola in una modalità molto concreta e giovanile… L’altra, quella che ascoltava, era mia moglie. Me ne ha parlato per mesi. Io ero molto scettico e distante da questi argomenti che ritenevo fastidiosi e noiosi, frutto di superstizione… Man mano che discutevamo e riflettevamo su questo progetto, prima ha convinto lei e poi me. Mia moglie è l’artefice del film, ha scritto il primo soggetto e poi la sceneggiatura, un vero percorso familiare. Per alcune versi sono stato al servizio delle donne e di Gesù».Quali argomenti vi hanno affascinato di questa “nuova” Maria?          «Il nostro dialogo è cominciato a partire da testi o esperienze lontane dalla tradizione cattolica, come ad esempio quella di un medico francese che da anni si batte per il parto naturale e contro l’interferenza della scienza medica sul corpo femminile: un’esperienza vissuta, appunto, anche da Maria. Oppure ricordando l’esperienza di una psicoterapeuta ebrea che mette in luce come, a differenza della pedagogia dell’obbedienza-punizione – prevalente ovunque, anche all’interno della Chiesa cattolica - i Vangeli narrano di due genitori che, ritrovato il figlio adolescente che si è allontanato per alcuni giorni in una città enorme come Gerusalemme, invece di dargli due sberle gli chiedono la ragione di quello che ha fatto. E dunque gli dimostrano rispetto, trattano il bambino come una persona che ha dignità. Abbiamo riletto parole e fatti di Gesù nei Vangeli, come quando dice di rispettare le donne e i bambini, frasi inidonee per il suo tempo».Nel film c’è una frase interessante, quando viene detto che “Il Signore ha creato le madri perché non può essere dovunque”...          «Un proverbio locale che ci fa capire come anche nel mondo ebraico è possibile una “rottura”... mi riferisco per esempio a Isaia, quando dice che Dio non ci abbandonerà mai, come una madre non abbandona suo figlio. E che Dio è come una madre che svezzerà al seno la sua creatura… Il Dio d’Israele non è solo il “Signore degli eserciti”, ma anche quello della maternità che ama e perdona. Solo in questo alveo di vita, il suo processo di rivelazione può arrivare al punto “conclusivo” con la nascita di Gesù».Che cosa può dire la figura di Maria a noi, oggi?          «È la sintesi perfetta della nostra umanità. Non riguarda solo un’epoca storica, ma il nostro essere umani, sempre. Oggi, in un'epoca che molti chiamano post-umana, Maria è simbolo dell’umanità, dove il processo di rivelazione di Dio passa tramite lei: non c’è Gesù senza Maria. Quando diciamo che Maria è “piena di grazia” dobbiamo considerarla non in modo spiritualizzante, ma legata alla nostra natura umana, alla terra… Dentro questa umanità c’è una nascita che non gli appartiene, come ogni figlio non ci appartiene: lo accettiamo, lo facciamo crescere, ma quando arriva alla maturità dobbiamo lasciarlo libero di essere. È con la sua umanità che Maria educa Gesù».

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