Quando il Signore bussa

Ecco la testimonianza di un padre di fronte alla scelta inaspettata della figlia alla vita consacrata. Le sue toccanti parole svelano quanto la chiamata di predilezione che Dio fa non coinvolga solo i figli, ma anche i genitori. "Ci costa molto entrare nella tua stanza, vedere le tue fotografie, le tue pantofole ancora vicino alla scrivania..."

Quando il Signore bussa

da Teologo Borèl

del 05 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          Sono ormai passati tre mesi da quando la nostra amata figlia Mariana, 20 anni, è entrata come postulante tra le Suore Francescane, il 12 settembre.Era il mese di agosto, il 23, per l’esattezza, quando, nulla supponendo, mi recavo “bel bello” al paesino delle Suore per riprendere Mariana dopo pochi giorni di ritiro presso di loro.

          Dentro di me pensavo al suo ritiro come ad un momento di condivisione e gioia giovanile, ad un momento sì di riflessione e preghiera, accompagnato però (e credevo soprattutto) da quel desiderio di amicizia e giovialità innocente, pura, sincera che troppo spesso il mondo non sa dare.«Non ti preoccupare!» mi aveva detto sorridente, battendomi la mano sulla spalla, mia moglie Anna prima che Mariana partisse, aggiungendo: «Tua figlia non si fa suora!».«Nemo propheta in patria!», è proprio vero!

          Spesso crediamo di conoscere fino in fondo vizi e virtù dei nostri figli, pensiamo che il “nostro” sia il pensiero unico che tutto “comprende”, nel senso che “racchiude” nei nostri anche i “loro” pensieri, nei nostri desideri ed umanissimi progetti anche i loro... e qualche volta pure quelli di Dio!!!Scusate la “modestia”!«Quanto il cielo sovrasta la terra, così i miei pensieri sovrastano i vostri». Questa è la verità!

          Durante il viaggio di ritorno, felice di rivederla, le chiedevo di raccontarmi come si fosse trovata e cosa avesse fatto assieme alle care Sorelle e mi misi in ascolto.Mentre la “piccola” Mariana raccontava, pian piano mi resi conto che il sorriso col quale ascoltavo stava lasciando posto ad una inquieta attenzione, mi stavo accorgendo che da quanto mi diceva trapelava un senso di calma, di maturità, quasi di “saggezza” che mi spingevano, benché stessi guidando, ad osservarla spesso. Capii che “qualcosa” era successo, ma feci finta di nulla, rimandando al pomeriggio il prosieguo del discorso.

          Così la sera, al tramonto, mentre Mariana cercava le parole giuste, noi che ormai avevamo capito tutto, con un groppo alla gola, le dicemmo che se quanto stava per dirci era non una giovanile “infatuazione” ma la Volontà di Dio, noi non l’avremmo di sicuro contrastata.Come avremmo potuto, del resto, dopo anni e anni di preghiere per le vocazioni! In fin dei conti non avevamo mai detto: “Signore, manda sante vocazioni, però... agli altri!”. Ed ora che siamo stati ascoltati, che facciamo?Potremmo dire che, in fin dei conti, la “storia” è tutta qui!

          Ma non è così, perché la “storia” invece comincia proprio adesso, quella di Mariana col Signore e quella nostra senza di lei. Fatto sta che una “meteora” improvvisa ha attraversato la nostra vita ed è precipitata così “dentro” di noi, così in fondo al nostro cuore, all’unico, pulsante cuore per la nostra unica figlia, che ci è ancora difficile capire fino in fondo il grande dono che Gesù e Maria ci hanno fatto, perché se lo spirito gioisce, la nostra umanità piange. E non poco.

          Quando l’abbiamo accompagnata, e non per un ritiro, le avevo promesso che le avrei scritto, ma non l’ho ancora fatto. Questa è la prima volta che scrivo, perché mi è stato chiesto, e perché crediamo che il condividere senza ipocrisie e retoriche un’esperienza grande, se pur difficile, potrebbe essere di aiuto anche ad altri.

          E così facendo, cara figlia mia, scrivo anche a te, visto che ancora non ero riuscito a farlo.Non per cattiva volontà, certo, non per mancanza di argomenti, non perché non ti ami come invece è, ma perché sono milioni le cose che vorrei dirti. E perché dovevo fare prima un po’ di silenzio dentro di me. E un po’ di pace col Signore.

          Nel ringraziare Dio per averci donato te, ringraziamo te per tutto quello che ci hai dato in questi venti anni. Per la gioia di essere stati chiamati “papà” e “mamma”, gioia che altrimenti non avremmo avuto: ricordo ancora quando “in quel paese lontano”, come ti raccontavamo da piccola, la prima volta che ti vedemmo tu ti stringevi forte alle mie gambe, pur non conoscendoci, perché cercavi quell’amore che non ti era stato ancora dato, così come noi trovammo il nostro. Ti ringraziamo per la gioia di averti visto crescere con noi, tra noi, insieme a noi. Per la bellezza di averti insegnato ad andare in bicicletta, di averti insegnato a nuotare e ad andare sott’acqua con papà a scoprire la natura sommersa; per avermi ascoltato con la linguetta tra le labbra mentre ti raccontavo la storia, inventata, di “Nonna Merlona” e di “Monte Morello”, per tutte quelle volte (e quante!!!) che abbiamo parlato insieme per ore di tante cose, di calcio (anche se io non lo amo), di politica e... anche di Dio.

          Sì, anche di Lui abbiamo sempre parlato, pur non essendone degni, almeno io. E mentre parlavamo di Lui, Lui ci ascoltava in silenzio, e ti guardava crescere, perché Lui sa aspettare. Non bussa quando diciamo noi o quando vorremo noi, bussa quando Lui sa che è il momento giusto perché lo si accolga col cuore e non con le parole. E questo momento per te è arrivato in quel ritiro di agosto, quando io “bel bello” ti venivo a riprendere, ignaro di quanto il Signore avesse illuminato il tuo cuore. Ignaro perché non avevo voluto leggere i segni di bontà, di pazienza, di amore che da sempre hai avuto. E questo momento è arrivato anche per noi, per mamma e papà. Se pur cominciato da tanto tempo, il cammino col Signore, per questione d’età, questo che a noi ora sembra un muro sul quale abbiamo sbattuto, rappresenta invece un momento di crescita spirituale maggiore, così come il potare la vite prepara grappoli più grandi.

          Ci costa molto entrare nella tua stanza, vedere le tue fotografie, le tue pantofole ancora vicino alla scrivania, come se dovessi ancora indossarle, il tuo pigiama che sembra aspettarti, il tuo posto a tavola, una tavola che mai è stata così vuota di te, come la nostra vita, figlia mia.Umanamente parlando ti avrei voluto vedere come sposa e madre... e io nonno.

          Ma noi cristiani non siamo stati chiamati a cose piccole ma a cose grandi, se pur vissute umilmente, perché grande è l’Amore che Dio ha avuto per noi. Le lacrime di ora puliscono i nostri occhi e li preparano a scoprire i sottili fili dei disegni di Dio, così come ci aiutano a riconoscere i suoi interventi nella nostra vita passata.

Tutto ha un senso se vissuto con fede.Papà tuoFranco

Franco P.

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