Gianni e Rula Casale, sposi da più di 30 anni e genitori di 4 figli, parlano della loro esperienza missionaria iniziata nel 2004 in Cambogia e proseguita ogni anno, per sette mesi ogni volta, in Sudan, Haiti, Ruanda, Timor Est, Madagascar, Etiopia.
«Come genitori il nostro obiettivo principale era di essere buoni, impegnati e responsabili. In altre parole, era quello di essere modelli per i nostri figli. Così abbiamo scelto di essere missionari seguendo il carisma salesiano per i giovani più poveri».
Queste sono le prime parole che Gianni e Rula Casale, sposi da più di 30 anni e genitori di 4 figli, ci dicono parlando della loro esperienza missionaria iniziata nel 2004 in Cambogia e proseguita ogni anno, per sette mesi ogni volta, in Sudan, Haiti, Ruanda, Timor Est, Madagascar, Etiopia.
Non è semplice star dietro alla loro storia familiare ricca di viaggi, di incroci di nazionalità, di esperienze lavorative, ma non è male perdersi tra i “fiumi di parole” appassionate ed entusiaste di Gianni (docente in pensione di materie scientifiche e tecniche, siciliano di 67 anni) e le frasi semplici e brevi di Rula (infermiera professionale greca di 60 anni) tra greco, francese ed italiano.
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Gianni: «Il desiderio c’è sempre stato, ma non potevamo trascurare i nostri figli. Una volta cresciuti e autonomi ci siamo confrontati e loro hanno approvato la nostra idea anche se con un iniziale comprensibile timore. Hanno capito, poi, che gli effetti benefici e fruttuosi della nostra crescita spirituale e umana avrebbero avuto un impatto positivo anche su di loro».
E per quanto riguarda il lavoro e le questioni economiche?
Rula: «Avuta la possibilità di lasciare la professione e di avere la pensione minima, appena sufficiente per soddisfare i bisogni della famiglia, abbiamo scelto di fare qualche sacrificio, visto che eravamo abituati a vivere in modo più agiato. Questo è stato il primo passo, poi ci siamo messi a disposizione della Provvidenza».
Cosa vi ha spinti e vi spinge a lasciare tutto per diversi mesi l’anno?
Gianni: «Il desiderio profondo e duraturo, nato dalla nostra fede cristiana, di servire i più deboli, desiderio maturato attraverso i principi e lo spirito di Don Bosco di cui abbiamo fatto esperienza. Questa voglia di imparare dagli altri, da tutti i punti di vista, ci ha fatto prendere la decisone vitale di cambiare la nostra vita e quella della nostra famiglia».
Cosa accomuna tutti i luoghi di missione in cui avete operato su vari fronti?
Rula: «Pur essendo situati in continenti diversi abbiamo spesso trovato situazioni di povertà e abbandono comuni: una grande città e poi tanta periferia dove vivono emigranti, popolazioni impoverite dalle inondazioni, bambini sfruttati o abbandonati, prostitute, malati di AIDS, tossicodipendenti e delinquenti. Si tratta spesso di villaggi costituiti da baracche, privi di pozzi e di ogni minimo servizio; la carestia, l’estrema miseria, la mancanza di lavoro, di scuole, di strade, di elettricità, di coltivazioni caratterizzano questi luoghi, insomma una realtà che ha sempre superato la nostra immaginazione e le nostre informazioni».
Cosa avete potuto fare?
Gianni: «Rula ha fatto l’infermiera, la sarta, la cuoca, la compagna di giochi, la mamma. Io ho insegnato lingue, matematica e scienze ai ragazzi e pedagogia agli educatori laici senza contare le “lezioni” di calcio e di catechismo. Tutte le volte ci siamo resi disponibili in favore dei bambini, delle famiglie, dei giovani e dei poveri».
Cosa lasciano nel vostro cuore i volti e le storie incontrate?
Rula: «Nei vari volti che incrociamo, di bambini, di donne, di giovani e di anziani, bisognosi di quasi tutto, dal cibo all'acqua, dalla speranza all'amore, vediamo il volto del Cristo. Questo sentimento ci dà la forza di darci completamente senza il minimo calcolo e senza alcun ritorno ma solo con profonda umiltà, con totale oblio di noi stessi e con indescrivibile e vera gioia, nonostante gli innumerevoli rischi, ostacoli e problemi di ogni sorta, il che si traduce in una continua crescita interiore».
Si dice che “più si dà agli altri e più si riceve”. Voi cosa portate adesso nel vostro cuore?
Gianni: «Non possiamo dimenticare gli incontri con i ragazzi, i piccoli sorrisi, certi occhi che ti guardano. Ci sentiamo più consapevoli di noi stessi, degli altri e di ciò che accade attorno a noi. Ci vediamo così come siamo, con i nostri limiti e le nostre forze. Soprattutto abbiamo imparato ad accettare ciò che non può essere cambiato, ma anche a lavorare sodo per cambiare ciò che può essere cambiato».
Tornati a casa in Sicilia, come vivete? È il tempo del riposo?
Rula: «La testimonianza è la prima forma di impegno apostolico. Non possiamo testimoniare se prima non abbiamo incontrato il Cristo. Il tempo della testimonianza ci infonde tanto entusiasmo e un'immensa gioia in quanto ci sentiamo consapevoli di completare la nostra opera apostolica. In missione abbiamo visto che non esistono vacanze e che non si può perdere tempo, allora già in questo periodo ci stiamo muovendo per sensibilizzare altri, per raccogliere fondi e per la prossima missione laddove il Signore ci chiamerà».
Marco Pappalardo
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