Perugia, Parma, Erba, bambini o madri annientati senza che nemmeno si possa riconoscere una logica in quei colpi di coltello o di spranga, non dicono forse di un male radicale che cresce oscuramente attorno al nostro convivere, e che nemmeno le migliori leggi - quando anche fossimo capaci di farle - saprebbero eliminare?
del 26 maggio 2007
Passa per tutta la sera sui telegiornali l'immagine di una villetta rosa nel verde splendente della campagna umbra a maggio. Compignano, non l'avevamo mai sentito, provincia quieta, 300 anime nella pace del Perugino. La villetta ha il prato ben curato, le altalene in giardino, e lo stendipanni con le mollette, emblemi di semplicità domestica, dell'allegria di una casa dove ci sono dei bambini. La casa rosa, in una notte è stata squarciata. Una donna incinta di otto mesi uccisa mentre i suoi bambini dormivano accanto. Gli infissi forzati, la stanze a soqquadro. I giovani poliziotti ripresi all'uscita dalla casa hanno facce pallide. Hanno visto, e non riescono a togliersi dagli occhi quella giovane donna: la sua maternità ormai piena e vistosa, e lei uccisa a botte, la faccia piena di lividi. Per portare via mille euro.
Si resta zitti, mentre la villetta rosa passa e ripassa da un canale all'altro. Viene in mente Erba, viene in mente il bambino di Parma ucciso a colpi di badile. Ancora una volta, la vittima è assolutamente inerme. Quel ventre carico non ha suscitato alcuna memoria di umana pietà. La madre, e quella vita pronta alla luce, annientate. Sarebbe stata una bambina.
Nello smarrimento davanti all'allinearsi di delitti così insensati, può venir voglia di cercare di rassicurarsi: i criminali, in fondo, sono sempre esistiti. A Milano, la gente anziana alza ancora gli occhi, se passa da via San Gregorio al numero 40, dove nel novembre del '46 Rina Fort uccise a sprangate la moglie del suo amante, e i suoi tre bambini. Ancora oggi per chi è vecchio a Milano via San Gregorio 40 è il luogo della memoria di una violenza che sbalordì l'Italia, pure appena uscita da anni terribili. Ma quella strage aveva una sua benché efferata ragione nella gelosia. Ciò che atterrisce a Perugia, a Erba, è l'assenza di ragioni. Mille euro, delle liti da cortile bastano per massacrare.
Non lontano da quel paese del Perugino, a Firenze da due giorni si discute di famiglia, di figli che non nascono, di vecchi lasciati soli. Analisi, statistiche, diagnosi attorno a una famiglia troppo insidiata da troppe distrazioni e povertà. Welfare, precariato, risorse. Poi, la storia di Perugia sui tg è come un pugno. Perugia, Parma, Erba, bambini o madri annientati senza che nemmeno si possa riconoscere una logica in quei colpi di coltello o di spranga, non dicono forse di un male radicale che cresce oscuramente attorno al nostro convivere, e che nemmeno le migliori leggi - quando anche fossimo capaci di farle - saprebbero eliminare? Cosa vuol dire se in un Paese si allineano delitti così gratuiti e bestiali, se così spesso la violenza non si ferma nemmeno davanti a un bambino, a una donna che forse si è curvata sotto a quei colpi, nell'istinto antico di proteggere, prima che se stessa, sua figlia? Incrinato è solo un modello di famiglia, una trasmissione generazionale, o una frattura più nascosta e radicale insidia le faglie del terreno su cui costruiamo le nostre case?
Dopo l'omicidio Raciti allo stadio di Catania, compiuto - senza una ragione - da adolescenti, un intellettuale laico di quella città, Pietro Barcellona, ha detto: si gioca con la morte, quando la vita vale niente. Il dubbio è proprio questo. Che si uccida per pochi soldi o per dei rancori banali, che non si riconosca più, nella furia, un bambino, o il ventre colmo di vita di una madre, che continui a succedere, davvero è un caso, o il segno eclatante di una smemoratezza, di una crescente indifferenza sul valore assoluto di ogni vita?
Forse è tempo di chiederselo, davanti a quella casetta col prato ben rasato violata, a quella giovane madre uccisa a botte. Erano in due. Sarebbe stata una bambina.
Marina Corradi
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