Le lezioni, gli amici, gli sport, le cose in comune... È facile parlare di cose che si sperimentano, ma cosa fare quando non si ha un pozzo di esperienze comuni a cui attingere?
del 10 dicembre 2018
Le lezioni, gli amici, gli sport, le cose in comune… È facile parlare di cose che si sperimentano, ma cosa fare quando non si ha un pozzo di esperienze comuni a cui attingere?
Più invecchio, più mi rendo conto che la conversazione è davvero un’arte, e pochissimi di noi hanno un talento naturale al riguardo. Al liceo e all’università pensavo di essere portata per la conversazione perché ero estroversa, amichevole, raccontavo bene storie e barzellette e stringevo facilmente amicizia. Solo quando sono diventata mamma e sono entrata nel mondo delle amicizie adulte ho capito che in realtà non avevo idea di come si conversa.
Di cosa parla la maggior parte dei liceali e degli universitari? Le lezioni, gli amici, gli sport, le cose in comune… È facile parlare di cose che si sperimentano, ma cosa fare quando non si ha un pozzo di esperienze comuni a cui attingere?
Per molti anni ho fatto affidamento sul terreno comune che riuscivo a trovare, e quando ho incontrato altre mamme abbiamo quindi parlato di figli e mariti. Una volta che raggiungevo il punto in cui una conoscenza può diventare un’amicizia, però, trovavo difficile mantenere quel rapporto, che in genere veniva meno.
Non ero un caso senza speranza – sono riuscita a farmi qualche amico nel corso degli anni, ma solo quando ho seguito un corso intensivo di formazione alle vendite ho capito la differenza tra i rapporti che venivano meno e quelli che resistevano e si trasformavano in vere amicizie. Quella differenza è fondamentale per costruire qualsiasi tipo di amicizia, ed è espressa in modo semplice e splendido in un articolo recente dell’Huffington Post: parlare meno di se stessi e ascoltare di più gli altri.
“Il sociologo Charles Derber descrive questa tendenza a inserirsi in una conversazione come ‘narcisismo conversativo’. È il desiderio di assumere il controllo di una conversazione, di parlare soprattutto noi e di concentrare l’oggetto dello scambio su se stessi. Spesso è sottile e inconsapevole. Derber scrive che il narcisismo conversativo ‘è la manifestazione chiave della psicologia dell’attenzione dominante in America. Si verifica in conversazioni informali tra amici, familiari e colleghi. La profusione di letteratura popolare sull’ascolto e la necessità di gestire chi parla costantemente di sé suggerisce la sua pervasività nella vita quotidiana’. Derber descrive due tipi di risposta nelle conversazioni: una risposta di spostamento e una di sostegno. La prima sposta l’attenzione su se stessi, la seconda sostiene il commento dell’altra persona. Ecco un semplice esempio:
Risposta di spostamento
Mary: In questo momento sono così impegnata..
Tim: Anch’io. Sono completamente sopraffatto.Risposta di sostegno
Mary: In questo momento sono così impegnata…
Tim: Perché? Cosa devi fare?”
Durante la formazione alle vendite in cui ho imparato questa distinzione, mi sono riconosciuta in questa situazione. Per anni ho adottato un modello di conversazione istintivo in cui fondamentalmente “facevo i turni” mentre parlavo con un’altra persona di esperienze o sentimenti simili. Solo quando avevo investito il tempo e lo sforzo per ascoltare e sostenere una persona in un momento difficile il rapporto si era approfondito diventando un’amicizia – e purtroppo in genere mi limitavo a rimanere in silenzio perché la persona in questione viveva qualcosa che mi era del tutto familiare.
Come l’autore dell’articolo, non lo facevo per cattiveria – le mie intenzioni erano positive. Credevo che offrendo la storia di un’esperienza simile mostrassi empatia, che capivo la situazione. Più ci pensavo, però, più capivo che quando ero solo all’estremo opposto di questo tipo di scambio non mi sentivo compresa, al massimo sollevata – nella peggiore delle ipotesi ignorata. Le conversazioni migliori che ricordo di aver avuto erano quelle in cui i miei amici ascoltavano, ponevano domande e cercavano davvero di capire i miei sentimenti piuttosto che offrirmi i loro.
Sembra sciocco che ci sia voluto un corso intensivo di vendite per farmi imparare come avere delle conversazioni che possono costruire buoni rapporti, ma è così. Da allora non ho fatto che diventare più consapevole di tutti i settori in cui devo parlare meno di me stessa e ascoltare di più, e non sono certo solo le vendite. Amicizie, rapporti professionali… perfino il rapporto con i miei figli ha beneficiato del fatto di riconoscere che condividere la mia esperienza non è il modo migliore per sostenere e mostrare empatia. L’unico vero modo per sostenere le persone che amo in una conversazione è lasciarle parlare, e ascoltare semplicemente.
Calah Alexander
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