Un itinerario di quaranta giorni che si sviluppa lungo due direttrici: battesimale e penitenziale. Parte integrante di questo duplice carattere, come suggerisce il concilio Vaticano II, sono la penitenza, la preghiera e l'ascolto più frequente della parola di Dio. Per comprendere il tempo di quaresima partiamo dalla costituzione sulla liturgia del Vaticano II...
del 05 febbraio 2008
Sacrosanctum concilium sottolinea che due sono le direttrici (duplice carattere) della Quaresima: quella battesimale e quella penitenziale. Il concilio afferma che gli elementi che possono disporre i fedeli alla celebrazione del mistero pasquale sono il battesimo (ricordo o preparazione), la penitenza, l’ascolto più frequente della Parola e la preghiera. Tuttavia preghiera e ascolto più frequente della parola di Dio sono parte integrante del duplice carattere della Quaresima, cioè fanno riferimento al suo carattere battesimale e penitenziale. Infatti, se andiamo a vedere nella storia quali erano gli ingredienti del cammino dei catecumeni che si preparavano al battesimo e di quello dei penitenti che si preparavano alla “riconciliazione”, possiamo scoprire che preghiera e ascolto più frequente della parola di Dio, insieme al digiuno e alle opere di carità, ne facevano parte integralmente.
 
A partire dal duplice carattere della Quaresima, SC indica le linee di riforma. Innanzitutto si afferma che il linguaggio che la liturgia deve utilizzare nelle celebrazioni di questo tempo liturgico è quello battesimale. Il concilio invita a utilizzare con più abbondanza quegli elementi battesimali, che, afferma, sono propri di questo tempo liturgico. Inoltre invita, se necessario, a recuperarne alcuni presenti nella tradizione, ma andati persi nel corso della storia. Possiamo pensare, ad esempio, al recupero dei “vangeli battesimali” (samaritana, cieco nato, Lazzaro) nelle ultime tre domeniche di Quaresima.
 
Il secondo carattere su cui il concilio invita a porre attenzione è quello penitenziale. Anche riguardo a questo SC raccomanda di recuperare e sottolineare nelle celebrazioni liturgiche gli elementi penitenziali.
 
Il concilio quindi ci indica qual è il riferimento fondamentale per comprendere la Quaresima, e afferma che tale riferimento è duplice, battesimale e penitenziale. A questo duplice riferimento corrisponde anche un linguaggio adeguato. La Quaresima per il concilio parla il linguaggio battesimale e penitenziale.
 
Noi possiamo già affermare che, sebbene da un punto di vista storico, liturgico e anche terminologico le linee di fondo della Quaresima siano due, in realtà tra le due c’è un’unità di fondo che deriva indubbiamente dal rapporto esistente tra il battesimo e la penitenza. Un rapporto che occorrerebbe sempre approfondire per una migliore celebrazione di questi due sacramenti.
 
 
Formazione del tempo quaresimale
 
Le due direttrici della Quaresima che abbiamo annunciato e che il concilio Vaticano II presenta emergono dalla storia della formazione del tempo quaresimale. Ripercorrendo le tappe lungo le varie epoche, scopriamo infatti che proprio il riferimento al battesimo e alla penitenza sono state le chiavi interpretative di questo tempo liturgico e del suo rapporto con la vita del cristiano e della Chiesa. Dalla storia emerge un dato molto interessante: l’evoluzione della formazione del tempo di Quaresima è in stretto rapporto con il cammino dei catecumeni e con quello dei penitenti.
 
In pratica la Quaresima che conosciamo noi è quella che corrisponde al momento di maggiore fioritura del catecumenato con la strutturazione della preparazione immediata dei catecumeni nei quaranta giorni immediatamente precedenti la Veglia pasquale nella quale sarebbero stati battezzati. In concomitanza poi con il cammino dei catecumeni comincia a svolgersi anche quello dei penitenti: la penitenza è vista come un secondo battesimo e quindi anche la preparazione alla penitenza è considerata un secondo catecumenato.
 
 
L’influsso del catecumenato antico
 
Sembra insomma che l’elemento che ha esercitato una maggiore influenza sulla formazione della Quaresima sia il catecumenato antico. Al percorso di conversione di coloro che avrebbero ricevuto il battesimo si affianca, ripercorrendone le tappe, quello dei penitenti e quello di tutti i fedeli.
 
Non possiamo celebrare la Quaresima senza tener conto di questi dati. Purtroppo la mancanza del cammino catecumenale, tranne in rare e preziose eccezioni, e di quello penitenziale, hanno fatto perdere la dimensione battesimale/penitenziale (cioè “di conversione”) della vita cristiana, quell’aspetto fondamentale di cui la Quaresima è “sacramento”.
 
Anche se mancano questi due aspetti concreti, tuttavia la Quaresima ha mantenuto la sua originaria natura e ne sono prova i testi liturgici dove i temi penitenziali e battesimali sono prevalenti. Il secondo prefazio quaresimale dice: «Tu hai stabilito per i tuoi figli un tempo di rinnovamento spirituale perché si convertano a te con tutto il cuore, e liberi dai fermenti del peccato vivano le vicende di questo mondo, sempre orientati verso i beni eterni».
 
Particolarmente ricco è il Lezionario delle domeniche di Quaresima. Il ciclo A in particolare conserva i vangeli degli antichi scrutini battesimali che a Roma avvenivano nella III-IV-V domenica di Quaresima.
 
Dal rapporto con la penitenza e con il catecumenato emerge un aspetto molto importante: come il cammino penitenziale e catecumenale non erano solo preparazione alla celebrazione dei sacramenti, ma ne erano parte integrante, così la Quaresima non è solo preparazione alla celebrazione della Pasqua, ma è già celebrazione della Pasqua in una sua dimensione fondamentale. Il rinnovamento che celebriamo nella Veglia pasquale non è solo preparato dalla Quaresima, ma è già il cammino quaresimale di cui la Grande Veglia costituisce il culmine.
 
 
Un itinerario spirituale e penitenziale
 
Ci soffermiamo ora su due testi liturgici del tempo quaresimale, uno che sta al suo inizio (mercoledì delle ceneri) e uno alla sua fine (veglia pasquale). Si tratta inoltre di due testi che si collocano anche in momenti rituali molto significativi: il rito penitenziale del mercoledì delle Ceneri (imposizione delle ceneri) e la liturgia battesimale della Veglia pasquale (prima della professione di fede battesimale). In entrambi i casi il riferimento è a quegli elementi battesimali e penitenziali a cui, come abbiamo visto, SC (109) invita a dare rilievo nella riforma del tempo di quaresima.
 
Nel mercoledì delle ceneri troviamo questa orazione come “benedizione” prima della imposizione delle ceneri: «O Dio misericordioso e fedele, che hai pietà di chi si pente e doni la tua pace a chi si  converte, accogli con paterna bontà la preghiera del tuo popolo e benedici questi tuoi figli, che riceveranno l’austero simbolo delle ceneri, perché, attraverso l’itinerario spirituale della Quaresima, giungano completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del tuo Figlio…». Nella veglia pasquale invece la monizione che introduce la professione di fede battesimale afferma: «Fratelli carissimi, per mezzo del battesimo siamo divenuti partecipi del mistero pasquale del Cristo, siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, per risorgere con lui a vita nuova. Ora, al termine del cammino penitenziale della Quaresima, rinnoviamo la professione di fede del nostro battesimo…».
 
Ciò che emerge da questi due testi del messale italiano è innanzitutto la sottolineatura del carattere di “itinerario” della Quaresima, un itinerario che viene detto “spirituale” e “penitenziale”. Questo itinerario è costituito, come ogni itinerario, da un punto di partenza, da tappe intermedie (una distanza da colmare) e da una meta. Per poter vivere la Quaresima e il più ampio ciclo pasquale nel quale essa si inserisce, occorre tener ben presenti tutti e tre questi elementi.
 
Innanzitutto questi due testi liturgici mettono in evidenza il rapporto tra Pasqua e Quaresima: la meta della Quaresima è infatti la celebrazione della Pasqua e in particolare la Veglia pasquale (professione della fede battesimale - celebrazione eucaristica). Basta pensare alla nascita della Quaresima: storicamente non si tratta di un cammino verso la Pasqua, ma dalla Pasqua: prima due giorni, poi una settimana, poi tre settimane, poi quaranta giorni… La Pasqua e la Veglia pasquale sono l’origine della Quaresima e non il suo prodotto. La coscienza della Chiesa antica che fosse la Veglia pasquale il luogo della celebrazione dei sacramenti ha portato alla formazione della Quaresima nelle sue diverse tappe.
 
Un viaggio non ha senso se non in riferimento alla meta: non si vive la Pasqua se non si è vissuta la Quaresima, ma nello stesso tempo non si può vivere la Quaresima se non avendo gli occhi e il cuore rivolti verso la Pasqua. È ciò che emerge dal secondo testo che abbiamo preso in considerazione, quello che troviamo nella liturgia battesimale della Veglia pasquale nel quale si parla di una “vita nuova” che può essere nuovamente nostra al termine di un cammino penitenziale grazie alla riappropriazione della professione di fede del nostro battesimo.
 
Il punto di partenza dell’itinerario è invece costituito dall’ “austero simbolo delle ceneri” che richiama l’antica prassi penitenziale della Chiesa. È uno degli elementi penitenziali a cui rimanda SC 109. Con questo gesto iniziava l’itinerario di conversione predisposto dalla Chiesa antica per i suoi membri che in modo grave avevano rinnegato la loro scelta battesimale e si erano quindi posti fuori dalla comunità rompendo la “comunione”. Questo inizio della Quaresima dice soprattutto che il centro del tempo quaresimale è costituito dalla conversione del cuore e alla conversione del cuore devono tendere tutte quelle pratiche quaresimali che tradizionalmente caratterizzano questo tempo liturgico, che è “metafora” dell’intera vita cristiana.
 
Le tappe intermedie per il raggiungimento della meta sono costituite dalle cinque domeniche ne scandiscono il tempo, fino a giungere alla domenica delle palme e alla Settimana santa. La guida nell’itinerario quaresimale, come anche per il resto dell’anno liturgico, è costituita dal lezionario. È la Scrittura proclamata di domenica in domenica e di giorno in giorno a costituire l’ossatura dell’itinerario quaresimale. Queste tappe intermedie dicono anche che c’è una distanza da colmare: la distanza tra la mia identità di battezzato e la concreta situazione nella quale mi trovo come singolo e come comunità credente in questo determinato momento della mia vita e della vita della Chiesa, la distanza – citando Agostino – tra la misericordia/fedeltà di Dio e la mia miseria.
 
La Quaresima costituisce nell’anno liturgico come “la parabola” della vita cristiana. San Benedetto nella Regola (= RB) afferma che la vita del monaco dovrebbe essere come una grande Quaresima (RB, 49,1). Il padre del monachesimo occidentale ha intuito come nella Quaresima la Chiesa celebri ciò che appartiene alla vita cristiana in quanto tale. Noi che siamo abituati a fraintendere il senso penitenziale della vita cristiana interpretiamo questa espressione della RB come se si trattasse di un invito a estendere a tutta la vita le privazioni e le pratiche ascetiche che caratterizzano la Quaresima. Ma questa espressione di Benedetto vuol dire molto di più. Egli sapeva che la Quaresima è “il sacramento” della vita cristiana. Nella RB leggiamo: «Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale… insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di quei santi giorni…» (RB 49,1-2).
Matteo Ferrari
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