Quattro parole chiave per innamorarsi della politica

Il colpo di fulmine tra giovani e politica è ancora possibile. Bisogna solo vincere la sfiducia. Ma come? Riflettendo sul significato della responsabilità, della libertà, dell'azione e della verità, che sono i pilastri imprescindibili su cui costruire l'impegno nella vita pubblica.

Quattro parole chiave per innamorarsi della politica

da Quaderni Cannibali

del 20 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

           “Si impreca tanto contro la politica. Ma la politica siamo tutti noi”. Sono parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il primo ottobre 2011, in occasione di una visita a Napoli.Sono parole chiare, che racchiudono il senso perfetto del nostro impegno di cittadini. Un impegno in cui tanti giovani sembrano non credere più.

          E non hanno tutti i torti! Diventa sempre più difficile, per le nuove generazioni, riuscire a trovare un briciolo di fiducia nel mondo della politica. Sono tanti, ormai, gli scandali, le truffe, le disillusioni, le violenze che caratterizzano questo ambiente, al punto di spingere i ragazzi verso un autentico disamoramento.

          Da che cosa bisogna ripartire, per tornare ad innamorarsi ancora della politica? Proviamo a identificare alcune parole-chiave che possano aiutarci a scoprire il giusto percorso verso questo possibile “colpo di fulmine”.

Responsabilità

          Una prima parola-chiave è “responsabilità”. Il Presidente Napolitano ha detto, giustamente, che la politica siamo tutti noi. E quindi, tutti noi possiamo essere protagonisti e responsabili della qualità della politica che c’è nel nostro Paese. Gandhi diceva che la più alta forma di violenza è la deresponsabilizzazione. Dobbiamo imparare a non fuggire dalla politica e cercare di farci carico dei problemi della collettività. 

          Deresponsabilizzarsi significa condurre una non-vita. Significa desiderare soltanto un’esistenza pigra, vuota, egoista, rinchiusa in un guscio. Mangiare, bere e dormire. E gli altri dove sono? Che cosa rappresentano per noi?

Libertà

          Una seconda parola-chiave è “libertà”. Senza libertà non possono esistere neppure la pace, la dignità, il rispetto dell’essere umano. Oggi, purtroppo, la parola “libertà” tende ad assumere significati sempre meno nobili. Alcuni giovani la interpretano come una specie di diritto a fare ciò si vuole, pur di soddisfare il proprio personale piacere. Leggendo il giornale, tempo fa, mi ha colpito un titolo in prima pagina: “Alcol. Sono triplicati i giovani che bevono”. Poche pagine dopo, un altro titolo: “A scuola con lo spinello nello zaino”. E poi, nello stesso giornale, c’era un articolo su due giovani coinvolti in una folle corsa clandestina, di notte, con le loro automobili.

          Che cosa sta succedendo? Sembra che le coscienze dei ragazzi, a poco a poco, si stiano deformando. Tutto diventa lecito. Non si è più in grado di distinguere il bene dal male. Questa deformazione delle coscienze si è sviluppata anche in seguito alla creazione di leggi ingiuste e relativiste, frutto di una cattiva politica. Ad esempio, la legge che ha legalizzato l’aborto e che, in qualche modo, ha relativizzato la vita umana.

          Oggi esistono, di fatto, bambini di serie A (quelli già nati) che vengono difesi a spada tratta dalle insidie dei pedofili. E poi ci sono i bambini di serie B (quelli non ancora nati), che possono essere tranquillamente polverizzati. La politica può aiutare a recuperare l’autentico, vero, affascinante senso della parola “libertà”, costruendo leggi giuste che contribuiscano a creare un nuovo ordine delle cose. Un ordine basato sulla legalità, in cui si dia il vero nome al bene e al male, senza confonderli fra di loro.

          A volte, oggi, per giustificare comportamenti oggettivamente sbagliati, viene utilizzata una parola ingannevole: “scelta”. E così, drogarsi diventa “una scelta”. Andare con le prostitute è “una scelta”. Ubriacarsi è “una scelta”. Guidare l’automobile oltre i limiti di velocità è “una scelta”. Scrivere sui muri è “una scelta” (e, per alcuni, perfino un’arte).

          Ma di quale scelta stiamo parlando? Se non recuperiamo il senso della responsabilità, attraverso la politica, non ci renderemo conto che le nostre scelte sbagliate rappresenteranno un danno per la collettività.

          Sicuramente ci troviamo in un momento di grande confusione. Ma di chi è la colpa? Alla base di certi comportamenti discutibili ci sono, spesso, i cattivi modelli offerti dagli stessi genitori ed educatori, che hanno rinunciato a proporre ai giovani una sana cultura del limite. Molti di loro sono cresciuti negli anni sessanta e settanta. Hanno assorbito quel clima culturale sessantottino e nichilista che ha danneggiato, a poco a poco, la famiglia e la scuola. Una sana presenza dei giovani nel mondo della politica potrà aiutare a ritrovare la giusta via. Una via vissuta da protagonisti, per dare la giusta risposta alla non-cultura del “Che male c’è?” e del buonismo che giustifica tutto.

          Conosciamo bene i tormentoni che ammorbano l’aria. Che male c’è a farsi uno spinello? Che male c’è a dire una parolaccia o una bestemmia, ogni tanto? Che male c’è a spogliarsi e a farsi vedere nudi in una foto su internet? Che male c’è a non pagare le tasse? Lo fanno tutti!

          La politica, per i giovani, può rappresentare una grande sfida. Una sfida per dare una svolta al mondo, per cambiare autenticamente rotta. Lottare, sudare, impegnarsi per proporre soluzioni, invenzioni, idee, leggi sane e giuste. Nei miei incontri con i giovani, anch’io parlo di “libertà” e di “scelta”. Ma in un altro modo. Cerco di valorizzare la nostra capacità di usare la testa. E quindi, la possibilità che tutti noi abbiamo di scegliere ciò che è giusto o sbagliato per la nostra vita.

È questa la vera libertà. Non la libertà di fare tutto, che diventa a poco a poco una schiavitù degli istinti e delle emozioni disordinate.Imparare a scegliere significa, davvero, essere liberi. Ed è importante che la scelta del bene venga riproposta da un modo di fare politica nuovo, che abbia fiducia nel futuro.

Azione

          Una terza parola-chiave è “azione”. Agire significa smettere di lamentarsi, smettere di dire che il mondo fa schifo, che sono tutti ladri e che “ai miei tempi i treni arrivavano in orario”. Il lamento serve a poco. Bisogna rimboccarsi le maniche e recuperare il meraviglioso gusto dell’azione.

          Ma agire significa anche essere coerenti. Chi sceglie di fare politica deve dare il buon esempio, con il proprio stile di vita. Deve, prima di tutto, essere credibile. Altrimenti non può comunicare un bel niente. 

Verità

          Infine, un’ultima parola-chiave da recuperare è “verità”. Fare politica significa accettare i meccanismi della democrazia. Ma significa anche battersi contro il relativismo morale imperante. Ci sono valori che non sono negoziabili e che devono essere difesi ad ogni costo.           Cancellare l’idea che esista una verità unica e definitiva significa, a poco a poco, cancellare anche la convinzione che esistano scelte, comportamenti, relazioni e stili di vita definitivi. Se il diritto alla vita di un bambino non è più definitivo, cresce la piaga dell’aborto. Se l’esistenza di un anziano sofferente non è più definitiva, dietro l’angolo c’è l’omicidio mascherato da eutanasia.          Nella triste era delle opinioni, anche l’essere umano può diventare un’opinione. Ecco perché, anche a costo di apparire insistenti, non possiamo fare a meno di credere che esista una verità. E che sia giusto difenderla, soprattutto attraverso un rinnovato amore per la politica. Un “colpo di fulmine” che potrà dare tanti buoni frutti.

 

Carlo Climati

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