Quel che la scuola dovrebbe insegnare

"Io chiedo che la scuola non faccia (solo) campagne contro gli abbandoni, contro la vivisezione, contro i maltrattamenti. Le faccia pure, visto che, di fatto, non le fa mai. Io chiedo di più: chiedo che la scuola insegni (non una volta ogni tanto, ma sempre) che la vita conta per tutti quelli che vivono e che non ci sono scale di valore nella vita!"

Quel che la scuola dovrebbe insegnare

da Quaderni Cannibali

del 02 dicembre 2010

 

          Vito si chiamava Vito perché veniva dal canile della VI circoscrizione di TOrino: VI + TO e lui si era chiamato Vito. Sui documenti c’era scritto che era nato il primo gennaio: la stessa data dei documenti di clandestini e rifugiati che vengono condotti nei centri di identificazione.  Vito era stato reso cieco e aveva sul corpo fulvo i segni della bestialità del padrone 'umano' il quale, dopo averlo seviziato, lo aveva lasciato in canile, firmando la “consegna” e producendo il proprio documento d’identità. Io so il nome di quest’uomo e vorrei poterlo scrivere, ma le leggi lo vietano. Rivelo però un fatto reale: uno così, che sevizia il suo cane, svolge un lavoro per il quale può e deve portarsi addosso una pistola.  

Storia di Vito          La storia  di Vito ha avuto un seguito positivo (che sarebbe bello potesse toccare a tutti gli esseri abbandonati). Vito è diventato parte di una famiglia che lo ha amato e che da lui ha ricevuto amore. È vissuto bene, godendo del profumo dell’aria in estate e dei prati dei quali non poteva vedere il colore. Poi è morto, come muoiono tutte le creature che vivono. È morto vicino ai suoi umani.          Qualcuno potrebbe chiedere che cosa c’entri la storia di Vito con questa rubrica sulla scuola. La storia di Vito c’entra con la scuola paradossalmente proprio perché la scuola di animali non parla mai. Invece, se ne parlasse, ci sarebbe qualche speranza in più di ridurre il numero delle storie terribili come quella di Vito.Qualcun altro potrebbe dire che non è questo il tempo giusto: di animali si parla prima dell’estate, quando aumenta quello che in TV chiamano il fenomeno abbandoni e che non è un fenomeno ma una strage di creature vive. Non è così: non c’è un tempo 'previsto' per educare. Far rispettare la vita (in tutti i viventi) è uno dei compiti più importanti dell’educazione. Forse ce n’è solo uno più importante; il compito di insegnare ad amare la vita (di tutti i viventi).

Storie di viventi          Quello che voglio dire è qualcosa di determinante: io chiedo che la scuola non faccia (solo) campagne contro gli abbandoni, contro la vivisezione, contro i maltrattamenti. Le faccia pure, visto che, di fatto, non le fa mai. Io chiedo di più: chiedo che la scuola insegni (non una volta ogni tanto, ma sempre) che la vita conta per tutti quelli che vivono e che non ci sono scale di valore nella vita. Avere maltrattato Vito è orrendo, ma non solo perché è orrendo maltrattare i cani. E\' orrendo maltrattare ogni essere che vive.

 

Ho altre due storie di viventi tra le molte che ho nel cuore.

Prima storia   Lapo è un gatto nero di 13 anni. Per un gatto avere 13 anni è come per un umano averne più o meno 80. Lapo viveva con un\'anziana umana che i suoi parenti hanno deciso di mettere a vivere in una struttura. Gli stessi parenti hanno portato Lapo dal veterinario perché lo sopprimesse.

Seconda storia   Ida aveva 93 anni. Dieci mesi prima che morisse, anche per lei i parenti hanno deciso una struttura. Prima di portarci Ida, i parenti hanno abbattuto l'albero fiorente di mimosa che lei aveva fatto crescere portandosi una pianticina dalla Francia (dov\'era emigrata da giovane). L'albero impediva di allargare di alcuni centimetri l\'accesso al cortile e tutti sanno che i SUV richiedono più spazio che le macchine di una volta.

Non commento. Cercatevi in rete la poesia La capra di Umberto Saba e pensate a Lapo, a Ida, all'umana di Lapo e alla mimosa di Ida. Capirete che i poeti non sono vecchi matti come si dice che siano le gattare matte che hanno adottato Lapo o gli ambientalisti matti che vogliono salvare gli alberi là dove sorgerà un posteggio multipiano. Con passaggi ampi per i SUV.

 

Diploma di umanità          Dato che la vita vale per tutti quelli che vivono, è facile, adesso, dire che è da rispettare in Lapo, in Vito, nella mimosa di Ida e in Ida. Meno facile è rispettarla nell\'uomo che ha seviziato Vito, nella donna che ha portato Lapo a sopprimere, o nel signor G. che ha buttato il 'suo' cane dal viadotto dell'autostrada durante il viaggio per le ferie. Il signor G. è uno che pochi osano contrariare. Ha sparato con il Flobert ai colombi in cortile, ma ne ha ammazzati solo tre e il Comune non interviene se non ci sono almeno dodici uccelli morti. Il signor G. picchia la moglie, ma tutti lo trattano con i guanti perché 'non si sa mai come potrebbe reagire'...           Io non so se l'uomo che ha seviziato Vito, la donna che ha portato a uccidere Lapo e il signor G. siano andati a scuola. Suppongo di sì, visto che la scolarizzazione in Italia è oramai assoluta. Però lasciatemi dire che le tre scuole frequentate da quei tre 'umani' dovrebbero essere chiuse. Le scuole non dovrebbero fornire diplomi di maturità (o come si chiamano ufficialmente adesso). Le scuole dovrebbero attestare diplomi di umanità. E, in questo caso, valutare severamente. Se è il caso, avere il coraggio di bocciare.

Che cos'è 'umanità'          Vediamo se e quando la scuola parla di animali e di dignità della vita. Nella mia lunga storia di scuola, io ricordo di Leopardi il passero solitario e le pecore del pastore errante, ricordo di Pascoli la cavallina storna e la rondine di san Lorenzo, ricordo di Virgilio il cavallo che muore per l'epidemia nel Nòrico. Molti mi hanno spiegato che l'animale è metafora dell'uomo, alcuni mi hanno spiegato che cosa sia la metafora, nessuno mi ha mai detto quello che i poeti hanno capito da un pezzo: che tutti gli esseri viventi hanno in comune la vita ovvero la volontà di vivere e il dolore. Non ho la presunzione di parlare del dolore e del suo senso.

          Credo però che sarebbe bello se la scuola imparasse a passare questo messaggio: che tutti abbiamo il compito di far diminuire un poco il dolore del mondo. Se è assurdo prendersi l'incarico di risolvere i grandi problemi universali, è facile fare qualcosa per una creatura qui e ora: chi salva un gatto abbandonato o un cane randagio o un furetto non fa qualcosa che conta di fronte al mondo intero, ma fa qualcosa che conta per quella vita salvata. E se non lo fa, è responsabile di non averlo fatto.

           Sono diversi mesi che incomincio a scrivere questo articolo e poi mi scelgo, fra quelli possibili, un altro argomento. Il motivo è che, se parlo di animali, io soffro e penso a Cita, la mia cagnona di tanti anni fa. Se ora dicessi che la mia cagnona era disposta a morire per me, verrei subito presa per una sognante matta alternativa... Io però so che Cita era disposta a morire per me. Lo sanno anche tutti quelli che hanno condiviso parte della loro vita con un  animale. Gli altri non ci crederanno mai e non capiranno mai. La mia cagnona Cita è morta uccisa, perché il mondo umano è capace di uccidere per dispetto o per piacere.          Ho parlato di diploma di umanità e dovrei dire che cosa sia 'umanità'. I lettori che hanno capito il mio discorso sulla cagnona Cita, capiranno anche quest'altro discorso: io ho riflettuto moltissimo sull\'idea di 'umanità' vivendo con i miei animali. Ho riflettuto perché loro mi hanno mostrato (con l'evidenza dell'esserci più che con le parole filosofiche) che cosa conta davvero per chi vive.

          Conta avere l'indispensabile per sopravvivere e conta ricevere e dare affetto. Se usassi la parola 'amore', sarei di nuovo presa per la sognante matta alternativa di prima... Eppure fate tutti un esercizio di coscienza e considerate se si può fare a meno dello smartphone. Poi considerate se si può fare a meno dell'affetto. Oppure dell\'amore. Non può farne a meno neanche il signor G. Ce l'ha inseganto Gesù Cristo.

Concludo con due poesie. La prima è di Madre Teresa, la seconda di Paolo De Benedetti. Ai ragazzi dico di capire il perché, ai prof dico di imparare dagli allievi che condividono la vita con animali, a Cita dico che dedico a lei queste parole che ho scritto.

Grazie, Signore,per gli animali tutti:la tigre, l'orso,l'elefante, il cavallo,la mucca e la capra.Tu, Signore,sei il pastore e ci hai chiamato 'mio gregge'.Grazie per gli uccelliche a te cantano innie per i pesciche vagano negli abissi di tutto il creato.Quando torno a casa,spesso affaticata e stanca,il nostro cagnolino mi viene incontroabbaiando felicee mi dà il benvenutoleccandomi le mani.Io ho il dono di tanti amici,Signore.  Amen.

 

O Dio del Paradisose arriverò lassùascolta questo avviso:non occorre che tumi venga incontro all'uscioma manda il cane, l'asinoil gatto a farmi struscio,a darmi due zuccatea leccarmi la facciacon lor lingue beatefinché a loro e a te piaccia.

Susanna Conti

http://www.dimensioni.org

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