Quel volto d'amore, quale lezione per chi educa!

Ho vissuto la Settimana Santa in ospedale, un dono del Signore, che mi ha permesso, tra prelievi, flebo ed esami, di meditare più a fondo i giorni della sua Passione, di contemplare il suo volto in compagnia di «amici», che mi hanno permesso di vederlo in una luce nuova: i sette monaci trappisti del Monastero di Tibhirine, «sgozzati» come agnelli dieci anni fa in Algeria. Il loro priore, padre Christian scriveva nel suo Testamento: «Quando sarà giunto il momento della morte, sarà finalmente liberata allora la mia curiosità più lancinante... Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell'Islam così come li vede Lui... vedere l'amico dell'ultimo istante, che non saprà quello che fa (il suo assassino), sì, anche per te (per chi lo ucciderà!), io voglio dire questo GRAZIE e questo AD-DIO, nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, Padre di tutti e due».

Quel volto d’amore, quale lezione per chi educa!

da L'autore

del 20 gennaio 2008

Ho vissuto la Settimana Santa in ospedale, un dono del Signore, che mi ha permesso, tra prelievi, flebo ed esami, di meditare più a fondo i giorni della sua Passione, di contemplare il suo volto in compagnia di «amici», che mi hanno permesso di vederlo in una luce nuova: i sette monaci trappisti del Monastero di Tibhirine, «sgozzati» come agnelli dieci anni fa in Algeria. Il loro priore, padre Christian scriveva nel suo Testamento: «Quando sarà giunto il momento della morte, sarà finalmente liberata allora la mia curiosità più lancinante... Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui... vedere l’amico dell’ultimo istante, che non saprà quello che fa (il suo assassino), sì, anche per te (per chi lo ucciderà!), io voglio dire questo GRAZIE e questo AD-DIO, nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, Padre di tutti e due».

È il martire che muore, senza accusare nessuno, perdonando, perché così gli appare il volto di Dio, che dalla Croce perdona: «Perdonare è un atto di profondo rispetto, che permette di scoprire in colui che offende, al di là di ogni dissimiglianza, l’immagine di Dio, che ci riconosce come figli e figlie amati con le sue «viscere di misericordia»: «Venuto il momento vorrei avere quell’attimo di lucidità, che mi permettesse di chiedere il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, perdonando con tutto il cuore, nello stesso momento, chi mi avesse colpito». Grande padre Christian, grandi i suoi fratelli monaci, che con lui non hanno esitato a essere l’Emmanuele, il Dio in mezzo agli uomini, presenza fraterna di preghiera, di amicizia, tra gli algerini, come prima lo era stato il beato Charles de Foucauld. Se «le relazioni tra la Chiesa e l’Islam – ha lasciato scritto padre Christian – balbettano ancora, è perché noi non abbiamo ancora vissuto abbastanza al loro fianco».

 Ho contemplato il volto del Signore anche in un altro personaggio fuori dagli schemi, in un libro solo all’apparenza di lettura leggera, da vacanze al mare, dedicato a «padre Joe», un monaco umile, che coltivava nel più alto grado la virtù dell’amicizia, che si fonda sull’amore soprannaturale di Dio, per cui l’altro, anche se lontano, anche peccatore, rimane sempre figlio di Dio.

All’amico, un artista della satira scritta e recitata in TV, che gli spiega come funziona il mondo in termini di «squadra »: «Noi siamo i buoni e voi i cattivi; noi siamo i furbi e voi scemi; noi siamo i raffinati e voi volgari», risponderà con saggezza: «Io credo che ci siano due tipi di persone al mondo. Quelli che dividono il mondo in due tipi di persone... e quelli che non lo fanno». Il cristiano, evidentemente, appartiene alla seconda categoria, mentre, nel nostro mondo del Progresso, abbiamo sempre creato divisioni, etichettato, stigmatizzato, emarginato, costruito muri, grezzi o artistici, con cancellate o fili spinati, ma sempre muri. Per difendere la proprietà, la privacy, per tenere lontani gli indiscreti, le persone scomode, gli zingari, i mendicanti, i poveri, i ladri, gli immigrati, per salvare i confini, la razza, l’identità...

Costruiamo muri quando invece con padre Joe dovremmo abbatterli, riflettendo in noi il volto di quell’Uno che è venuto ad abbattere ogni divisione, Colui che in Croce ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo ogni muro di separazione, annunciando pace ai lontani e pace ai vicini. Il volto del Signore apparso ai martiri di Algeria, a padre Joe, è dunque un Volto d’amore, non duro, come quello della Passione di Gibson e neppure edulcorato come quello di altri film, un Volto che non divide ma va dritto al cuore del peccatore, del lontano, di ogni persona, che deve ricondurre al Padre, ammonendoci che non abbiamo solo il debito del perdono nei confronti della gente, ma anche quello di stringere con essa legami di amicizia! Nulla è impossibile a Dio e a chi si affida a Lui!

Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano

don Vittorio Chiari

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