Quella vittoria in maratona che vale doppio per Alex

Un'altra grande impresa di Alex Zanardi: questa volta non ha vinto una medaglia, ma all'arrivo la vittoria è stata ancora più bella. Alla Venice Marathon ha voluto correre insieme ad un suo amico Eric Fontanari, paraplegico. Era il sogno di Eric, ma non era pronto per coprire i 42 km: allora ci ha pensato Alex che lo aiutato spingendolo al traguardo.

Quella vittoria in maratona che vale doppio per Alex

da Attualità

 

Domenica 28 ottobre si è disputata la Venice Marathon: l’ultimo successo di Alex Zanardi. 42 chilometri di maratona a Venezia coronati da un gesto che vale più di una vittoria.Il suo amico paraplegico Eric Fontanari era in difficoltà e Alex decide che finire la corsa insieme vale più che arrivare primi. Così tende una mano ad Eric e insieme arrivano al traguardo.

Un’avventura che il campione paralimpico racconta così: «E’ stata un’avventura pazzesca! Attorno al 25° km mi è venuto qualche dubbio perché Eric ha iniziato a patire il freddo con degli spasmi muscolari e non riusciva più a tenere la sua handbike che piegava tutta a sinistra. A quel punto ho capito che era troppo rischioso arrivare in queste condizioni a Venezia per cui, memore dell’esperienza dello scorso anno con Francesco Canali, ho deciso di sganciare la ruota anteriore di Eric e agganciare il suo mezzo al mio con una corda trovata quasi per caso sul percorso. Siamo così ripartiti, quando sul Ponte della Libertà iniziava a scendere una pioggia battente e tirava un vento fortissimo.

Ma il bello doveva ancora venire: qualche chilometro dopo, infatti, mi si rompeva la guaina del cambio e tutto ciò mi ha costretto ad utilizzare un rapporto durissimo e fare una fatica incredibile. Poi, miracolosamente, ho trovato un nastro e ho ‘steccato’ la guaina rotta attorno al freno. In questo modo sono riuscito a cambiare di nuovo e rendere quindi più facile la mia pedalata. Inoltre, ero troppo incitato da Eric che dietro di me urlava ‘vai trattore che ce la facciamo, arriviamo al traguardo!’.

Iniziavano così i 13 ponti di Venezia, dove io facevo fatica a tenere l’handbike perché la ruota anteriore slittava, visto che tutto il peso era sbilanciato all’indietro. Avevamo il pubblico e i volontari ad aiutarci, e sapevamo che il traguardo era vicino e non potevamo mai mollare in quel momento. Dopo l’ultimo ponte mi sono fermato per attendere l’accompagnatore in bicicletta che avrebbe dovuto portarmi la ruota anteriore dell’handbike di Eric, perché volevo fosse lui a transitare per primo sul traguardo. Purtroppo, l’accompagnatore non è mai arrivato, forse fermato dagli addetti alla sicurezza, e così ho deciso di trainare Eric fino a 1 centimetro dall’arrivo, sono sceso dalla mia handbike e, come già fatto lo scorso anno con Francesco, ho fatto in modo che fosse il suo corpo a transitare per primo sotto la linea di arrivo. Adesso, con il senno di poi, dico che è stata durissima ma anche stavolta un’emozione incredibile: non potevo arrendermi, perché Eric ci ha creduto dal primo all’ultimo metro».

«Io, a Rio, ci sarò. Sì, certo, me lo dovrò guadagnare, ma ci sarò. E se ci vado, non è per vedere la spiaggia». Alex Zanardi, intervistato dal mensile GQ, prenota un posto per le prossime Paralimpiadi. L’ex pilota non sembra spaventato dalla prospettiva di arrivare ai prossimi Giochi a 50 anni ed è convinto di poter andare più forte di atleti più giovani: «Sì, io tiro come una bestia». Zanardi parla poi dell’esclusione dalla maratona di New York dove in passato ha trionfato con il record del percorso: un’ora, 13 minuti e 58 secondi per i 42 chilometri e rotti più famosi al mondo, toccando punte di 70 all’ora giù dal ponte di Verrazzano: «Dicono che è per ragioni di sicurezza, ma francamente mi sembra una balla coi fiocchi. E poi non capisco bene. Il motto dei Giochi dedicati a noi disabili era: ‘Inspire a generation’, dare l’esempio che si può, sempre, che uno può inseguire il suo sogno anche se gli manca un pezzo, o due. Non so se questo sentimento a New York è arrivato. A occhio, non direi».

Zanardi ripercorre la sua vita, arrivando a parlare del tragico incidente in cui perse entrambe le gambe il 15 settembre 2001 a Lausitz, in Germania. «Devo aver realizzato qualcosa solo quando, a un certo punto, ho guardato davanti: non c’era più la macchina e nemmeno le mie gambe -aggiunge il campione Paralimpico-. Una volta ho visto quel film, ‘Nato il 4 lugliò, con Tom Cruise ridotto su una carrozzella dalla guerra. Ricordo di aver pensato: se succede a me, mi ammazzo».

La seconda vita di Zanardi comincia in un ospedale di Berlino dove resiste a sette arresti cardiaci, 15 interventi chirurgici, la coscienza di quel che gli rimane, di quel che ha perso. Un mese e mezzo dopo, la prima conferenza stampa: «Sono fiducioso che presto o tardi potrò tornare a camminare, a prendere il mio Niccolò sulle spalle. E magari tornerò anche a correre, da qualche parte, in qualche modo».

«Non sono Superman e nemmeno Padre Pio - aggiunge Zanardi -. Ho patito l’inferno nei centri di riabilitazione, ho visto molti altri patirlo. Persone che si arrendono sfinite dal dolore, dalla disperazione. Ma le cose possono essere fatte. L’importante è desiderare. E io ho desiderato tanto. Io sono drogato di sport, di sfide. Anche se c’è da aprire un barattolo che non si apre: per me diventa subito un braccio di ferro col coperchio. Quanto valgo oggi? Quanto posso valere di più domani?» Zanardi parla poi dei cambiamenti nella sua vita dopo l’incidente: «A parte i 14 chili di gambe in meno? Quando correvo fino ai 400 all’ora sulle piste di tutto il mondo, ero io da solo. Adesso, su quell’handbike, c’è mezza Italia che spinge con me. Sento che la gente mi vuole bene -sottolinea l’oro alle Paralimpiadi di Londra-. Ma, in fondo, non ho fatto niente di speciale. Ho preso la bicicletta. E ho pedalato».

 

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