Forse quest'anno anch'io avrei voluto che non venisse il Natale, e forse anche tu, perché mi fa prendere coscienza della distanza che ci separa dalla vita che auspichiamo. Se rinunciamo a viverlo come una messa in scena in cui recitare una parte che non faccia troppo pensare, il Natale ci mette con le spalle al muro e ci obbliga a far verità nella nostra vita.
del 24 dicembre 2008
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Questa notte è la notte più attesa dell’anno e il giorno di Natale è il giorno a cui più lungamente ci si predispone. La Chiesa ci ha insegnato a prepararci al parto con il periodo di Avvento, un periodo di gravidanza necessario per non trovarci impreparati e fuori posto nel giorno in cui il Mistero di rivela.
Ma «quest’anno avrei voluto che non venisse il Natale», mi ha detto Cinzia che si è separata dal marito e che ora vive da sola con i bambini tra carte da fare per gli avvocati e un lavoro da trovare.
«Quest’anno avrei voluto che non venisse il Natale», mi ha detto una famiglia di Rom rumeni obbligati da una ordinanza del sindaco a smantellare e sgomberare il proprio campo entro la fine dell’anno.
«Quest’anno avrei voluto che non venisse il Natale» mi ha detto Maria in uno dei suoi rari momenti di lucidità, lei che da anni è chiusa in camera perché si è bruciata il cervello con la droga.
«Quest’anno avremmo voluto che non venisse il Natale», così mi hanno detto Enrico e Tonino due barboni che raramente incontro.
Forse quest’anno anch’io avrei voluto che non venisse il Natale, e forse anche tu, perché mi fa prendere coscienza della distanza che ci separa dalla vita che auspichiamo. Se rinunciamo a viverlo come una messa in scena in cui recitare una parte che non faccia troppo pensare, il Natale ci mette con le spalle al muro e ci obbliga a far verità nella nostra vita.
 
Il Natale non è per tutti un momento atteso. Per alcuni è un giorno di Calvario perché acuisce la povertà di relazioni e aumenta la solitudine provocata dalla mancanza di amore. Per alcuni il Natale è come girare il coltello nelle piaghe della propria vita fatta di abbandono e precarietà a causa di alcuni strani incroci che si sono creati nelle strade della propria esistenza. E così chi è solo si sente ancora più solo e chi è povero ancora più povero. Per alcuni non è la festa della speranza ma il momento più acuto della propria disperazione.
 
Ma noi cristiani crediamo che questa santa notte è il grembo della speranza e non della disperazione perché Dio è venuto ad abitare la nostra solitudine, la nostra povertà, le nostre paure, i nostri timori condividendo la nostra umanità. Abbiamo a che fare con un Dio che si è spogliato di se stesso e si è umiliato, un Dio che ha vissuto il rifiuto da parte della sua gente, che ha sperimentato la povertà, un Dio che non è stato accolto e che è fuggito fin da piccolo per paura di essere ucciso, un Dio che ha gridato di disperazione come i tanti disperati non alleviati dal dolore neanche in questa santa notte. Abbiamo a che fare con un Dio che ci guarda negli occhi e ci dice: «Sono con te perché sono come te. Sono con te perché condivido la tua vita». Gesù non è uno spettatore che da lontano osserva la vita dell’umanità: Dio scende in mezzo a noi facendosi umanità perché amare significa dire «Ti voglio così bene che vorrei abitare dentro di te». E Dio lo fa davvero.
Il Natale non è un progetto nato a tavolino; Gesù è il frutto della Trinità che “facendo l’amore dall’eternità” genera e dona gratuitamente l’Amore al punto da metterlo in balia della libertà umana perché Dio sa che amare significa rischiare.
Cristo non nasce quindi per essere osannato: il suo è un cammino verso il basso non verso l’alto, una scelta di umiliazione non di glorificazione che coinvolge anche noi. Gesù non ha forse detto durante l’ultima cena Gesù: «Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,15)?
 
La vera povertà e la vera solitudine non è essere abbandonati dagli uomini, essere senza casa e senza prospettive. La vera povertà è essere senza Dio, la vera povertà è vivere il Natale come una festa che non mette in discussione il modo in cui vivo la mia fede. Questa notte è una notte esigente che ti pone in modo perentorio una domanda alla quale non puoi sottrarti: «Cosa c’è nel tuo cuore?». Sii sincero: «Cosa c’è nel tuo cuore?».
I doni del mondo anestetizzano la nostra vera solitudine e la nostra vera fame. Pur in mezzo a tanti regali, a canti tradizionali e a pranzi imbanditi rimarrai solo con una nostalgia a cui non riuscirai a dare risposta se Dio non troverà in te un cuore disposto ad accoglierlo. Sii come la mangiatoia, povera e vuota, per accogliere Dio.
Il Natale ci chiede di spogliarci. Il Natale ci mette a nudo. Il Natale è esigente così come è esigente il Venerdì Santo perché la mangiatoia è anticipazione della croce di Cristo, la stalla è anticipazione del Calvario, Betlemme è anticipazione di Gerusalemme. In questa festa della vita dobbiamo morire a noi stessi perché imparare a vivere è imparare a morire. Il Natale è l’inizio di quella Pasqua in cui il Calvario è un obbligato luogo di passaggio. In questa notte Cristo vive se io muoio a me stesso svuotandomi di me e divenendo così il grembo della speranza.
Il Natale ci chiede di spogliarci. Il Natale ci mette a nudo. Il Natale è esigente perché non è il giorno in cui essere più buoni, ma il tempo in cui decidere tra il mio io e Dio, è il tempo in cui scoprire che amare se stessi non basta e, anzi, distrae; è il tempo dell’amore passivo in cui fare l’esperienza di essere amati da Dio: il nostro amore non è neanche l’ombra della luce ma luce possiamo diventarlo se Cristo vive in noi. Dovremmo contemplare il nostro cuore vuoto con la stessa intensità con cui contempliamo la grotta di Betlemme che attende l’arrivo di Giuseppe e Maria.
Il Natale ci chiede di spogliarci. Il Natale ci mette a nudo. Il Natale è esigente perché ci fa prendere coscienza che le nostre povertà non sono il mezzo con cui lamentarmi di fronte al mondo o lo strumento per elemosinare commiserazione, ma piuttosto il dono da consegnare a Dio per far spazio a Lui. Se sono pieno delle mie povertà non c’è posto per Dio. Devo fare spazio, vuoto dentro di me. Non vergognarti di regalare a Dio in questo Natale quello che sei, tutto quello che sei, anche le tue povertà.
 
Spero di incontrare Cinzia in questo Natale per dirle che le ferite che l’amore umano lascia le può sanare solo Dio. A lei, Signore, in questo Natale dona la certezza che si può ricominciare e che qualcosa può cambiare nonostante tutto.
Spero di incontrare la famiglia Rom in questo Natale. Sono sicuro che sono molto vicini a Gesù perché anche Lui non è stato accolto. Chiederò loro una preghiera per vincere il rischio di essere uno spettatore nel teatro del mondo, uno che non prende posizione di fronte alle ingiustizie.
Spero di incontrare Maria in questo Natale per dirle che le sue giornate avranno un senso se si lascerà amare da Dio. A lei, Signore, dona la nostalgia di Te.
Spero di incontrare Enrico e Tonino in questo Natale. Sono sicuro che sono molto vicini a Gesù perché anche Lui non sapeva dove posare il capo. Chiederò loro una preghiera a Dio per me per capire che non importa il “come”, il “dove” il “se” quando Dio è con noi.
 
In questo Natale vi auguro di vedere molti presepi, non quelli fatti di statuine davanti ai quali è facile commuoversi lasciando spazio alla nostalgia e a poesie che addormentano il nostro desiderio di radicalità, ma quei presepi in cui abita Cinzia da sola con i bambini, la famiglia Rom che non sa dove andare, Maria chiusa in camera, Enrico e Tonino barboni per le strade del mondo. Fai anche tu parte del presepio della loro vita e…
 
Sii mangiatoia per accogliere la vita e il perdono, la riconoscenza e la voglia di ricominciare ogni volta che stanno per nascere.
Sii pastore per portar loro sollievo attraverso la tua presenza.
Sii angelo per gioire con loro ogni volta che vi sarà un piccolo successo.
Sii stella per indicare loro la via ogni volta che, nel presepio della vita, la perderanno.
Sii Giuseppe, custode della Vita e della certezza che tutto è dono e nulla ci è dovuto.
Sii Maria per accogliere Ges√π e portarlo nei presepi del mondo.
Sii per loro Ges√π non solo nella Grotta di Betlemme ma anche nel Calvario di Gerusalemme.
 
I.B.
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