Di solito si leggono le storie di Natale e sul Natale. Qui si raccontano invece delle storie pasquali, semplici, essenziali, ma di speranza.
del 01 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
«Non basta il discorso. E neanche il tentativo. Le domande che contano sono quelle la cui risposta diventa carne. La nostra carne. Se la risposta non aumenta la domanda, non è una risposta. È uno sbaglio. O, peggio, superbia e sbruffoneria. Il più grande peccato è l’astrazione». Così ho letto da poco sul blog Berlicche.wordpress.com e alcuni avvenimenti delle ultime settimane hanno dato conferma a queste parole. Come docente ed educatore mi sono sentito chiedere più volte “come si fa a seguire Cristo”; questa domanda mi ha toccato particolarmente di recente quando è stata fatta da un ragazzo che appena si reggeva in piedi perché aveva bevuto troppo. Incontratolo per la strada di sera in condizioni limite e conoscendolo, l’ho accompagnato a casa e lui mi ha posto proprio quella domanda sul come seguire Gesù, aggiungendo che vorrebbe farlo ma non sa come. Nonostante la situazione, l’ho preso sul serio e lungo il tragitto ho tentato alcune risposte sempre incalzate da altre domande. Salutandomi e ringraziandomi, mi ha detto: «È difficile quello che mi ha detto, ma non lo dimenticherò e appena possibile ne parleremo». Io non ci contavo molto visto il suo stato eppure qualche giorno dopo in un messaggio su Facebook quel ragazzo mi scriveva: «Non mi viene facile ancora capire come seguire Gesù, ma di una cosa sono certo, lei quella sera non mi abbandonato nelle mie condizioni, ha sopportato il mio alito pesante, mi ha ascoltato e risposto come fossi sobrio, c’è stato e di questo la ringrazio di cuore».
Commosso per queste parole, non posso che dire che: Questa è la Pasqua! Qualche giorno dopo mi ritrovo a leggere il seguente post di un amico che opera in un oratorio di un quartiere difficile: «Durante la visione di un film sulla vita di Gesù in oratorio, quando il popolo gridò che voleva libero Barabba, un ragazzino si alza e grida “Pezzi di cornuti e sbirri, Gesù dovete gridare, no Barabba”, poi si siede quasi in lacrime». Ancora una volta un fatto concreto, non parole o astrazioni, ma la voce forte di un ragazzo che prende le difese di Cristo. Questa è la Pasqua! C’è un terzo evento che mi ha toccato il cuore e lasciato senza parole, accaduto in una visita di istruzione. Di ritorno da una serata felice con un gruppo di studenti, prendiamo un tram che ci riporti in hotel; pur seguendo le indicazioni alla lettera, non potevamo sapere che quel tram dopo un certo orario cambiava il suo giro e così ci ritroviamo dall’altra parte della città. Che fare? Pochi punti di riferimento, orario tardo, nessun taxi in vista. Facciamo un po’ di strada a piedi e troviamo una rimessa dei tram. Ci informiamo, ma il prossimo mezzo sarebbe partito dopo un’ora e comunque non da lì. Non avevamo perso la speranza e di certo non c’era alcun pericolo, ma i nostri volti erano eloquenti per la stanchezza e il sonno. All’improvviso un uomo in tuta da meccanico che aveva ascoltato la conversazione, scambia uno sguardo con il collega e poi ci fa cenno di seguirlo. Tra il nostro stupore ci invita a salire su un tram, si mette alla guida e ci porta nei pressi dell’hotel. Ricordo le parole di uno dei ragazzi: “Allora gli angeli esistono davvero”! E un’altra in risposta: “Vedi a che servono le preghiere?”. Tra me pensavo: Questa è la Pasqua: un angelo vestito da meccanico!
Il blogger Berlicche scrive ancora: «Il cristianesimo non è una religione, ma un avvenimento, un fatto. L’altro ieri, rileggendo alcuni brani, ho avuto all’improvviso l’illuminazione. Ho capito il senso vero, cosa si intende con “fatto, avvenimento”. Sulla mia vita. Tac, tac, i pezzi sono andati a posto. E subito ho pensato, accidenti, devo subito dirlo, devo subito spiegarlo, trovare parole adatte perché tutti possano capire, che non succeda a loro come accadeva a me. E dopo un po’ mi sono trovato alle prese con le stesse solite parole, con gli stessi soliti esempi, incapace pure io di quella parola che possa aprire gli occhi del cuore. Perché Nec lingua valet dicere nec littera exprimere quid sit Jesu diligere, cioè “Non c’è parola scritta o parlata che possa dire cosa sia trovare gioia in Gesù”. E, accidentaccio, è vero. Per capirlo bisogna che accada. È un’esperienza, la più grande esperienza possibile, la sola che davvero valga la pena. È l’unica cosa che posso dirvi ancora: fate sì che accada a voi». Questa è la Pasqua!
Marco Pappalardo
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