Chissà se per le nostre strade vedremo mai una campagna che dica alle ragazze ciò che le può aiutare davvero. E poi, nel caso, diciamolo anche ai ragazzi, perché non si pensi che sia una questione solo femminile.
Chi dai primi di Ottobre transita per le strade e sui mezzi pubblici di New York non può non imbattersi nel messaggio «I’m a girl, I’m beautiful the way I am». Tradotto: «Sono una ragazza e sono bella così come sono». La campagna, voluta da Bloomberg in persona, comprende una serie di cartelloni su autobus e metropolitane, un video di trenta secondi mostrato sui taxi e un sito web dedicato. Con l’investimento di 330.000 dollari pare sia questa la prima campagna al mondo sull’immagine della donna voluta per iniziativa di un sindaco. I promotori citano una preoccupante ricerca pubblicata su secondo la quale l’80% delle ragazze di dieci anni intervistate si dichiarano preoccupate di essere grasse; secondo la stessa ricerca bambine di soli 5 anni sono già angosciate dal loro aspetto, con l’autostima che cala drammaticamente intorno ai 12 anni. Per questo i messaggi sono destinati proprio alle giovani dai 7 ai 12 anni e mostrano immagini di ragazze di etnie e taglie diverse, accomunate dal sentirsi, e dall’essere, belle al di fuori dei canoni da top model. «Sono simpatica, curiosa, gioviale, coraggiosa, intelligente, avventurosa, forte…», recitano i testi sotto le foto.
La mossa non è male, per quanto una campagna di sensibilizzazione possa effettivamente ottenere. Potrebbe almeno suggerire l’idea che la bellezza, oltre a non essere quella proposta dalla moda, non è neanche un automatismo. Se sono bella – una ragazza potrebbe anche leggere così il messaggio – è perché sono simpatica, curiosa, gioviale, coraggiosa, intelligente, avventurosa e forte. È infatti solo il corpo abitato dal pensiero che può essere bello, quello disabitato non è altro che una marionetta. È il corpo che si mette in rapporto con l’altro che diventa bello, quello assolutizzato, sciolto dal rapporto, è pura biologia. Anoressia e bulimia – due patologie identiche sebbene speculari – vivono dello stesso errore: l’isolamento del corpo al di fuori del rapporto, dove il mangiare, atto sempre sociale anche quando fatto temporaneamente da soli, è ridotto a centellinare le calorie o esagerare con esse dentro un calcolo matematico o una smania incoercibile in cui il soggetto resta fisso in un perfetto isolamento.
Sono bella così come sono, non vuole affatto dire sono bella di natura. Sono bella così come sono lo può dire solo una ragazza che sa. Che sa che il corpo va preparato al meglio per l’appuntamento con un altro e che curare la forma, l’abbigliamento, l’acconciatura sono un modo per propiziare l’incontro. Una ragazza, però, che sa pure che tutto questo non basta, che non ci si può ridurre solo all’immagine. Non sono mascara e eyeliner a illuminare gli occhi, ci vuole un pensiero che li faccia brillare, una passione che infonda spessore e profondità allo sguardo. Non è un sorriso bianco da igiene dentale che fa palpitare un cuore, sono le frasi che escono da quelle labbra e il tono della voce che accarezza l’orecchio di chi ascolta.
Chissà se per le nostre strade vedremo mai una campagna che dica alle ragazze ciò che le può aiutare davvero. E poi, nel caso, diciamolo anche ai ragazzi, perché non si pensi che sia una questione solo femminile. Per essere belli, studiate. Per essere belli, sceglietevi degli amici interessanti. Per essere belli, andate a vedere un film, ascoltate un concerto, godetevi una mostra, leggete un libro e il giornale. Per essere belli non incantatevi davanti allo specchio e spalancate gli occhi davanti allo spettacolo del reale. In attesa di una tale campagna potremmo almeno iniziare noi, con i nostri figli e i nostri alunni, con i giovani che ci guardano e attendono parole non banali, quelle che (quasi) nessuno sembra aver più voglia di dire.
Luigi Ballerini
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