“Restiamo Umani” con questa frase si concludevano i pezzi sul blog di Vittorio Arrigoni, 36 anni, giornalista del Manifesto, blogger pacifista, rapito ieri nella striscia di Gaza da un commando salafita.
del 19 aprile 2011
 
 
          Lui ci credeva, viveva nella Striscia, per raccontare, per condividere, in un filmato su you tube Vittorio Arrigoni dice: “io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere, credo che apparteniamo tutti alla stessa famiglia che è la famiglia umana (…)”
          “Restiamo Umani” con questa frase si concludevano i pezzi sul blog di Vittorio Arrigoni, 36 anni, giornalista del Manifesto, blogger pacifista, rapito ieri nella striscia di Gaza da un commando salafita. 
          Un video su you tube lo mostrava al mondo con il volto tumefatto, gli occhi bendati, le mani legate dietro alla schiena, le scritte in arabo in sovraimpressione annunciavano l’esecuzione oggi pomeriggio se Hamas non avesse liberato i 'confratelli arrestati' negli ultimi mesi nella Striscia. Il gruppo dei rapitori, la 'Brigata Mohammed Bin Moslama', coinvolto in tentativi di sollevazione anti Hamas, accusava Arrigoni di diffondere 'i vizi occidentali' fra i palestinesi e l'Italia di combattere contro i Paesi musulmani.  
          Arrigoni, era “un amico del popolo palestinese”, viveva nella Striscia di Gaza da tre anni. Militante dell'International Solidarity Movement, che comprende volontari di tutto il mondo che partecipano ad atti di protesta non violenta contro l'occupazione israeliana, conosciuto e ben voluto, ma questo non gli ha salvato la vita. 
          Nato a Besana in Brianza, cresciuto a Bulciago con la sorella, e i genitori, la madre Egidia Beretta è il sindaco del paese. “Sono rimasta molto sorpresa, oltre che addolorata che sia successa una cosa del genere per l’attività che lui faceva lì: Vittorio non si metteva mai in situazioni di pericolo”, ha dichiarato la madre. 
          Arrigoni era un pacifista, uno capace di giungere al limite delle zone di guerra, sul suo blog 'Guerrilla Radio' (una canzone dei Rage Against The Machine) c’è scritto: “Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile…” Idealista, utopista come lui stesso si firmava? Nei filmati che girano su internet, sul suo blog, mai un dubbio, i buoni solo da una parte, i cattivi dall'altra. 
          Lui ci credeva, viveva nella Striscia, per raccontare, per condividere, in un filmato su you tube Vittorio Arrigoni dice: “io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere, credo che apparteniamo tutti alla stessa famiglia che è la famiglia umana (…)”
          Ma in questa “famiglia umana” ci sono persone capaci di uccidere uno che ha rischiato la vita per condividerla con loro, che trovano passibile di pena di morte l’essere occidentali, vivere secondo “i vizi occidentali”.  
          “Restiamo Umani” ricordava ogni volta Arrigoni, ma cosa ci permette di rimanere umani? Qui sta il punto.
Cosa educa all’umanità, al perdono, alla condivisione, alla fratellanza? 
          Davanti alla morte di questo uomo non ci sarà pace, basta guardare i blog, basta guardare i commenti su FB e si capisce subito che, facciamo tutti parte della “famiglia umana”, ma ognuno tira la tovaglia per avere più ragione di altri. 
          La commozione, il cordoglio per questa morte non ci facciano desistere dalla necessità di fare una riflessione sul perché ci sono persone capaci di uccidere un amico, uno che divide il pane alla tua tavola, occidentale, italiano, giornalista, ma prima di tutto amico.
 
Buggio Nerella
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