Rimandati, ma non sconfitti

A giugno quella che a volte sembra una sentenza definitiva: esame a settembre. Una condanna mentre gli altri sono in vacanza. E se non fosse così per tutti? Barbara, Alessandro e Giovanni sono già in aula per sostenere gli esami di riparazione, dopo un'estate passata sui libri. Una condanna? Per loro no, dopo che qualcuno li ha sfidati...

 

 

da Quaderni Cannibali

 

 Tra poco riparte la scuola. Ma c’è chi non ha mai smesso di studiare e in valigia ha dovuto fare posto anche per i libri di latino, chimica o inglese. Proprio quelle materie che durante l’anno non riusciva a sopportare o che faceva più fatica a studiare o che ha volutamente trascurato. A giugno quella che a volte sembra una sentenza definitiva: esame a settembre. Una condanna mentre gli altri sono in vacanza. E se non fosse così per tutti? Siamo andati a chiederlo a chi in questi giorni è già in classe per sostenere gli esami.           Barbara, finita la terza liceo delle scienze sociali a Carpi, si è trovata il debito in chimica: «Per il terremoto le scuole hanno chiuso prima. Io avevo solo qualche voto da aggiustare e speravo di farcela comunque, ma la prof di chimica è stata irremovibile». Quando ha scoperto di avere il debito era arrabbiata: «Avrei dovuto studiare tutta l’estate, eppure non era un’insufficienza grave». Finché un professore, venuto da Milano per aiutare chi doveva preparare la maturità nelle tendopoli, le dice: «Cos’è un debito a confronto con l’eternità?». «Mi è rimasto impresso», continua Barbara: «Come vedere che tanti volontari vengono qua in Bassa ad aiutarci, o l’amicizia che è nata con alcuni ragazzi che hanno avuto la casa danneggiata. Ora mi scopro diversa. La novità che vedo in tutte le cose incide anche sullo studio. Faccio ancora fatica: chimica non è la mia materia preferita, ma anche lì c’è spazio per quella bellezza che prende tutto». Durante il Meeting di Rimini pensava di prendere fiato, di lasciare i libri e riprenderli in mano una volta tornata a casa. Ha fatto la volontaria tutta la settimana, vendendo i biglietti della lotteria. «In fiera ho conosciuto un universitario, e tutte le volte che poteva ci mettevamo a studiare nell’ufficio dei volontari. In mezzo al via vai delle persone mi spiegava. Mi ha aiutato anche la mia responsabile di Gs. Eravamo tutti stanchi dal lavoro, io capivo meno del solito, ma ero indietro con il programma e avevo bisogno di studiare. Il loro aiuto mi ha fatto sentire voluta bene. Ora mi restano dieci giorni di full immersion ma sto studiando come non ho mai fatto prima».           Un anno in America è una grande opportunità. Lo sa bene Giovanni, anche se una volta tornato in Italia deve recuperare tutto il programma e sostenere gli esami in tutte le materie. «Ho iniziato a studiare perché dovevo», racconta: «Era il pegno da pagare per l’anno all’estero. Poi un amico più grande mi ha sfidato: "Studiare è una condizione per vivere, non solo per chi va a scuola. Anche il gelataio deve studiare gusti nuovi e più buoni. Nello studio c’è la possibilità di essere pieno"». Si insinua una nuova ipotesi di fronte ai libri: «Sono stato più attento a vedere se e quando succedeva che lo studio fosse bello. Così è stato, come quando mia mamma o la mia responsabile di Gs mi spiegavano matematica o filosofia, o come quando avevo degli amici accanto a farmi compagnia. Ma la cosa più bella è che ora dentro lo studio c’è una sfida. Non sempre la so cogliere, ma ora c’è».           Anche Alessandro ha visto questa sfida. Ha finito la terza liceo classico a Genova: «Sono uno che non studia molto. Ed è già un eufemismo...». È sempre stato rimandato a settembre in almeno una materia, e anche quest’anno ha passato l’estate a studiare inglese e scienze. Ma rispetto agli anni passati è cambiato qualcosa: «Ho conosciuto Gs qualche mese fa grazie alla mia professoressa e sono andato a Saint Moritz in vacanza. Lì mi si è aperto un mondo. E anche studiare è iniziato a piacermi». Fino a pochi giorni fa era al Meeting a spiegare la mostra su san Girolamo Emiliani, il fondatore dei padri Somaschi. «Stavo facendo una visita guidata e a un certo punto c’era una citazione: “Chi non lavora non mangi”. Mi sono accorto di quello che alcuni ragazzi facevano cinquecento anni fa per potere studiare. Se loro faticavano così, io che ho tutto perché non lo faccio?». Tornato a casa, le ore sui libri passano via veloci: «Subito dopo la vacanza e il Meeting, mi è capitato di essere al computer a giocare e a un tratto di fermarmi: “Ma io dovrei studiare, cosa faccio qui?”. Allora spengo e mi metto a fare le reazioni di chimica. Prima non le sopportavo, ora mi piacciono. Non so bene perché, lo devo ancora capire bene. Ma se avessi tutto chiaro, da settembre in poi cosa farei?».

Pietro Bongiolatti

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