S. Francesco di Sales: chi lo ascoltava, cambiava vita

Molti cominciarono ad ascoltarlo. Affascinava solo a vederlo. Tutti notavano che era mosso da grande amore a Gesù Cristo e che per Lui si faceva tutto a tutti, pronto a sacrificare la vita. Dopo sette anni il fronte cominciò a cedere e vennero le conversioni. Chi lo conobbe da vicino, toccò con mano che era un prete vero...

S. Francesco di Sales: chi lo ascoltava, cambiava vita

 

          San Francesco di Sales venne al mondo il 21 agosto 1567, nel castello di Thorens in Savoia. Non lontano c’era Ginevra, calvinista e separata dalla Chiesa cattolica. Francesco crebbe fedelissimo al Papa e alla Chiesa Cattolica: a dieci anni, la Prima Comunione e la Cresima. A undici, sconcertando il padre, volle ricevere la tonsura clericale. A 15 anni andò a studiare a Parigi al Liceo Clermont, tenuto dai Gesuiti: ne ebbe un’educazione umanistica e religiosa eccezionale, ma Gesù lo affascinava più delle lettere greche e latine. Il suo rapporto con Gesù si fece intenso e luminoso. Nonostante il temperamento piuttosto vivace e impetuoso, era diventato così amabile che presto i suoi compagni lo chiamarono il nostro angelo.

25 mila convertiti

          Nel 1588, suo padre lo mandò a Padova a studiare diritto all’Università. Lui studiò legge e insieme l’ebraico e la Sacra Scrittura, la Teologia Cattolica e i Padri della chiesa. Trovò una guida eccellente nel Gesuita Padre Antonio Possevino. Si fece un eccellente regolamento di vita e, tra compagni spesso gaudenti e licenziosi, si distinse per signorilità e purezza. Era già un intimo amico di Gesù. Appena tre anni dopo, era dottore in utroque iure (diritto civile e canonico). Nel 1592, a 25 anni, entrò a far parte dei «giureconsulti» di Chambery. Mentre suo padre era fierissimo di lui, Francesco gli disse: – Vado a farmi prete. Il Vescovo di Ginevra già lo apprezzava per la sua preparazione spirituale e teologica, e il 18 dicembre 1683, lo consacrò sacerdote, nella sede di Annecy, dove il Vescovo dimorava, non potendo stare a Ginevra, occupata e presidiata dai calvinisti. Si buttò subito all’apostolato più sacerdotale che ci sia: la Santa Messa celebrata ogni giorno con fede e fervore, le Confessioni, la predicazione per convertire tutti a Gesù: i protestanti e gli eretici, i lontani da Dio e i peccatori; per infervorare i cattolici tiepidi.

          Chi lo ascoltava, cambiava vita. Mons. De Grenier, il buon vescovo, convocò diversi sacerdoti per convertire alla Chiesa Cattolica l’intera regione, in gran parte caduta sotto i calvinisti. In prima fila si presentò Francesco di Sales: per 4 anni, in mezzo alla neve o sotto la pioggia gelata, con i piedi screpolati da perdere sangue, sotto il sole cocente o nella nebbia fitta, passando a volte le notti all’addiaccio, fu missionario di Gesù. All’inizio era circondato dalle ostilità e dalle minacce dei protestanti. Non gli mancarono attentati alla vita. Con dolcezza e fermezza assoluta insieme, Francesco predicava la Verità di Gesù Cristo tutta intera, senza sconti né accomodamenti. Non l’ascoltavano? Da vero antenato dei pubblicisti, preparava foglietti su cui esponeva la dottrina cattolica (specie di volantini, di depliants, diremmo oggi) e, nottetempo, li affiggeva alle case, li lasciava sotto gli usci. Rispondeva agli errori, illuminava i problemi, con tono fermo e amabile.

          Molti cominciarono ad ascoltarlo. Affascinava solo a vederlo. Tutti notavano che era mosso da grande amore a Gesù Cristo e che per Lui si faceva tutto a tutti, pronto a sacrificare la vita. Dopo sette anni il fronte cominciò a cedere e vennero le conversioni. Chi lo conobbe da vicino, toccò con mano che era un prete vero: ogni mattina celebrava la Santa Messa, come se fosse la prima e l’ultima; due o tre volte alla settimana, si confessava, ogni giorno dedicava un’ora alla meditazione, recitava l’Ufficio divino come un monaco, passava ore a confessare, con pazienza e competenza sconfinata, con la gioia in volto che conquistava. Il suo segreto – lo capirono tutti – era soltanto Gesù Verità e Amore, che lo spingeva a farsi uno con Lui, a seminare il Vangelo a piene mani. La sua fama dilagò a Torino, a Roma, a Parigi. Nello Chiablese, rifiorì la Chiesa Cattolica. Facendo relazione al Papa, Francesco poté affermare, nonostante la sua umiltà, che c’erano state 25 mila persone tornate dall’eresia al Cattolicesimo.

«Come è buono Dio!»

          Nel 1599, Papa Clemente VIII lo chiamò a Roma per conoscerlo di persona ed ascoltarlo. Quando Francesco ebbe finito di parlare, il Papa si alzò per abbracciare il giovane apostolo di 32 anni. Rientrato ad Annecy, l’anziano Vescovo diocesano, con il consenso del Papa, lo consacrò Vescovo Coadiutore, con diritto di successione. Continuò la sua missione più ardente di prima. Nel 1602, diventò Vescovo titolare della sua diocesi. Dedicò subito una cura speciale ai suoi preti, formandoli uno per uno come un padre con i suoi figli. Si interessò dei monasteri anche fuori della sua diocesi. Li voleva radicati nella loro regola, soprattutto nell’amore a Gesù Cristo. Si mosse con un programma di singolare lucidità: «Miei carissimi fratelli – scriveva ai suoi preti – vi scongiuro di dedicarvi con serietà allo studio, perché la scienza per un prete è l’ottavo sacramento e alla Chiesa accaddero le più grandi sventure quando l’Arca santa si trovò in altre mani, quando non fossero quelle dei suoi preti. È per questo che la nostra Ginevra poté prenderci alla sprovvista: ciò fu allorquando s’accorse della nostra sciocca ingenuità, che cioè noi non stavamo punto in guardia e ci accontentavamo di recitare il Breviario senza accrescere la nostra scienza. I protestanti ingannarono la semplicità dei nostri padri. E così mentre noi dormivamo, il nemico seminò la zizzania nel campo della Chiesa e insinuò l’errore che ha portato la divisione». Un programma di straordinaria attualità, oggi.

          Nel 1605 iniziò la visita pastorale alle sue 450 parrocchie. Ovunque organizzava scuole di catechismo ai ragazzi. Quando si muoveva per le vie di Annecy o giungeva nei borghi della sua diocesi, i ragazzi gli si stringevano attorno, senza lasciarlo più. Predicava ascoltatissimo, «evangelista» dell’amore di Gesù, con l’intento di convertire le anime, annunciando la Verità senza offendere nessuno, ma nella sua totalità senza sconti. «Non voglio – spiegava – che dicano che il Vescovo è un gran predicatore, ma solo che amino Dio. Al suo passaggio si diceva: «Quanto deve essere buono Dio, se il suo Vescovo Francesco di Sales è così buono». Sacerdote e Vescovo, era guida delle anime, esigente e dolcissimo, di singolare impegno ed equilibrio: con i colloqui, la Confessione, migliaia di lettere. Una idea lo anima: Dio chiama tutti in Cristo, a farsi santi: non solo i monaci, i preti e le suore, ma gli uomini e le donne nel matrimonio, nel lavoro, in qualsiasi onesta condizione di vita. Dei suoi scritti, ricordiamo i due più noti che formarono – e continuano a formare alla santità, – Dio solo sa quante anime del suo e del nostro tempo: L’introduzione alla vita devota (Filotea) e il Trattato dell’amore di Dio (Teotimo), senza dimenticare quelle sue deliziose Lettere: un vero pascolo di vangelo per tutte le categorie di persone. Andato a Lione alla fine del 1622, Francesco di Sales si spegneva a soli 55 anni, il 28 dicembre. Nel 1655, Papa Alessandro VII lo inserì tra i Santi e nel 1877, il Beato Pio IX lo proclamò Dottore della Chiesa. Da dove tanta santità e autorevolezza? Aveva solo 22 anni e studiava ancora a Padova, quando scrisse il suo orientamento fondamentale: «A imitazione di Giovanni, il discepolo prediletto, starò sempre sul petto e sul Cuore pieno di amore del nostro amatissimo Salvatore». 

 

 

Paolo Risso

 

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