'Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me' (Gal 2, 20).Convinto oppositore del cristianesimo, improvvisamente si converte e diventa uno dei più convinti e formidabili annunciatori del Vangelo. Uomo di intelligenza straordinaria, carattere deciso e cuore dolcissimo, ancora oggi Paolo rimane per i cristiani il discepolo che più di ogni altro ha capito il mistero di Cristo.
del 29 giugno 2008
La personalità
Uomo dai grandi sentimenti e di forte passionalità, Paolo di Tarso era innanzitutto un uomo di relazione. La sua capacità di dialogare con culture e religioni diverse dall’ebraismo, richiedeva una brillante diplomazia ed una aperta disponibilità a vedere la realtà con l’occhio dello straniero. Per la nostra attuale società multietnica, multiculturale e multireligiosa, le due doti relazionali avrebbero fatto di lui un uomo da copertina del Time.
Nel corso dei suoi tre viaggi missionari, Paolo diffuse il Vangelo con grande abilità pastorale e precisa metodologia di evangelizzazione. La sua predicazione partiva dalla sinagoga delle grandi città, per allargarsi poi all’annuncio nella grande piazza cittadina e raggiungere infine la periferia della città. In questo modo Paolo fondava la comunità dei credenti, metteva alla sua guida una persona fidata, per poi partire per la città successiva mantenendo con le precedenti intensi rapporti epistolari di orientamento e direzione spirituale.
Per la sua instancabile attività, meritò il titolo di “Apostolo” per antonomasia, ma solo come riconoscimento postumo del suo zelo apostolico. Di contro, nella sua vita terrena conobbe l’incomprensione ed il bracconaggio.
Paolo provò il rifiuto dei giudei, suoi connazionali, che lo consideravano un rinnegato, conobbe la diffidenza dei primi cristiani che continuavano a vedere in lui lo stesso persecutore che forse aveva affinato con l’inganno la sua opera inquisitoria. Fu incarcerato e condannato dai romani a causa della sua disobbedienza alla proibizione di predicare Gesù Crocifisso e Risorto. Tra i vertici della società in cui visse fu sostanzialmente una sgradita voce fuori dal coro ma con il suo avvento la Chiesa primitiva uscì dal suo integralismo e si aprì all’annuncio universale del vangelo di Cristo.
 
Il pensiero
Paolo sostenne il valore del sacramento della riconciliazione, contro il tentativo, in auge al suo tempo, di ridurre la vita cristiana al solo sacramento del Battesimo, per l’ottenimento della riconciliazione e della salvezza. Rivolgendosi ai cristiani di Corinto scrive “Vi supplichiamo nel nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). La riconciliazione è espressa dall’Apostolo in due direzioni; in senso verticale come Dio che riconcilia l’uomo (Cfr. 2Cor 5,18.22) e in senso orizzontale come la vittoria di ogni ostilità, nel nome di Cristo (Cfr. Col 3,11).
Il cuore del suo pensiero resta tuttavia la teoria della giustificazione. Nelle lettere ai Galati e ai Romani scrive: Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno» (Gal 2,15-16; Rm 3,20). Giustificare significa riconoscere che una persona è nel “giusto”, nonostante la trasgressione di una norma. Mentre a livello umano questo avviene solo a fronte di motivazioni fondate, agli occhi di Dio questo vale in assoluto per l’uomo peccatore, reo di trasgressione totale.
L’uomo si giustifica, nonostante il suo peccato, non a causa della sua conquista umana ma per mezzo della grazia di Dio, ottenibile dall’incontro con Cristo, la quale “giustifica” il comportamento errato del peccato, dovuto alla fragilità della natura umana. L’uomo si salva, ovvero trova il senso pieno della sua vita, non in seguito alle opere del suo ingegno ma grazie al dono d’amore di Dio che liberamente intende sollevarlo dal proprio peccato.
All’uomo è tuttavia richiesta la risposta di fede al gratuito appello di Dio, il quale “manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù” (Rm 3,26). Solo chi ha fede, ovvero “chi viene dalla fede”, traducendo alla lettera dal greco originale, può essere giustificato da Dio in quanto riconosce il potere di Cristo di rimettere il suo peccato.
Questo pensiero, oggi per noi scontato, ai tempi di Paolo fu una vera rivoluzione teologica. In quel tempo si riteneva infatti che la giustificazione avvenisse in seguito all’osservanza meticolosa della Torah, la legge ebraica, la quale contava seicentodiciassette precetti da osservare e rendeva l’uomo succube di un impianto giuridico, più che un libero adoratore di Dio. Paolo raccoglie questa sfida spostando la spiritualità cristiana dalla logica del risultato a quella del cammino. Il cristiano si salva non per i risultati che ottiene con le sue opere ma in seguito alla perseveranza di mantenersi sempre nel cammino di crescita, giorno per giorno.
La teoria della giustificazione permise così il superamento delle barriere che impedivano ai pagani di diventare cristiani. Per questo Paolo afferma: “Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi” (Rm 4,16).
 
Noi siamo la Chiesa
Con il termine edah l’Antico Testamento esprimeva la convocazione del popolo come unità politico-nazionale, ad indicare un insieme di persone unite dalla stessa lingua, moneta, religione. Mentre il termine qahal indicava la convocazione di carattere militare, di fatto una chiamata alle armi.
Su questo secondo termine si appoggia il concettosi ‘ekklesia usato dal Nuovo Testamento. Tradotto in italiano con “chiesa”, il termine deriva dal greco ek-kaleo, esattamente tradotto con “chiamare fuori” oppure “scegliere”. La Chiesa cristiana è quindi l’assemblea dei convocati da Dio per il combattimento della fede, nel nome di Gesù.
La voce ‘ekklesia risuona 114 volte nel Nuovo Testamento, di cui 62 solo nelle lettere di Paolo, ad indicare quanto l’edificazione della Chiesa fu un tema particolarmente caro a Paolo. Con lui Essa divenne realtà, secondo le intenzioni di Gesù.
Fabio Ferrario
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