Circa 100.000 giovani hanno accolto questa domenica a San Paolo la Croce e l'Icona della Giornata Mondiale della Gioventù. Il giovane “è una priorità: la Chiesa crede nel presente e nel futuro. La santità è “l'obiettivo fondamentale di ogni cristiano”. I santi non lo diventano da soli, ma all'interno della struttura della comunione della comunità ecclesiale.
del 21 settembre 2011
 
 
          Circa 100.000 giovani hanno accolto questa domenica a San Paolo (Brasile) la Croce e l'Icona della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Il grande evento, intitolato “Bote Fé”, si è svolto nell'aeroporto Campo de Marte, nella zona nord della città, ed è stato allietato da musica e momenti di preghiera e fraternità.
          All'apertura dell'evento, riferisce il portale dell'Arcidiocesi di San Paolo, il Cardinale Odilo Scherer, Arcivescovo della città, ha affermato che “la Chiesa ha fiducia nei giovani”. La gioventù, ha aggiunto, “possiede un cuore generoso e il desiderio di costruire un mondo migliore per sé e per le prossime generazioni”.
          Monsignor Tarcísio Scaramussa, Vescovo ausiliare di San Paolo e responsabile del Settore Gioventù dell'Arcidiocesi, ha confessato che “la grande aspettativa era avere un buon inizio, con una risposta consistente a livello di interesse, e questo è stato già confermato con la partecipazione a Madrid e ora qui”. “E' tempo di evangelizzare, di trovare motivi di gioia e speranza per un mondo nuovo”, ha dichiarato.
          Per monsignor Scaramussa, il giovane “è una priorità: la Chiesa crede nel presente e nel futuro. Il giovane è la Chiesa oggi e il rinnovamento delle forze per la Chiesa del domani, oltre alla gioia che la gioventù ha e di cui la Chiesa ha bisogno”. Nel pomeriggio, i giovani hanno accolto i simboli della GMG. La Croce e l'Icona sono giunte su camion dei pompieri durante la Messa presieduta da monsignor Scherer.
          La santità è “l'obiettivo fondamentale di ogni cristiano”, ha ricordato monsignor Orani João Tempesta, Arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile). In un articolo, il presule ha riconosciuto che la Chiesa “è santa e peccatrice: santa in quanto istituita da Cristo e perché ha tutti i mezzi per la salvezza di tutti, peccatrice nei suoi membri, che ancora camminano nella penombra e non si sono convertiti”.
          Il concetto di Chiesa “santa ma composta da membri peccatori” significa anche che “l'intera comunità ecclesiale tende alla perfezione e aspira costantemente alla santità”, ha indicato l'Arcivescovo, segnalando che per raggiungerla “esistono i mezzi della grazia, e in particolare i sacramenti”. In virtù della vocazione comune di tutti i battezzati alla santità, ha proseguito, “tutti sono chiamati al pentimento e alla rinuncia al peccato”, obiettivi da conseguire “con la preghiera, le risorse spirituali che abbiamo e di cui disponiamo, il dono della grazia presente nei sacramenti, in particolare nella Penitenza e nell'Eucaristia, ma anche con la capacità di stabilire comunione e solidarietà tra noi”.
          I santi, infatti, non lo diventano da soli, “ma all'interno della struttura della comunione della comunità ecclesiale”. “Chi rigetta la correzione fraterna non riconosce l'amore di Dio”, ha avvertito il presule. Ad ogni modo, “la correzione fraterna non deve essere confusa con il pretesto di dominio”, ma va “esercitata con sensibilità e con vero spirito di dialogo e di fraternità”.
          “Se un fratello sta sbagliando perché il suo comportamento suscita la preoccupazione di tutti, è necessario che migliori il suo modo di agire, e l'intervento della Chiesa, quando necessario, può essere decisivo”. Quando, malgrado la correzione, la persona non l'accetta e persiste nell'errore, “è chiaro che ha fatto la sua scelta di continuare a stare nel peccato”. “Dobbiamo allora considerarlo una persona che deve ancora essere iniziata nella fede: un pagano”. Se però “un fratello sbaglia, se persiste nell'errore, ma in nome di una falsa amicizia o della paura lo lasciamo continuare in questo, finiremo per essere corresponsabili per il suo errore, perché non lo aiutiamo con la correzione fraterna”.
          Nel Vangelo, “Gesù ci invita a imparare ad avere un dialogo costruttivo tra noi, attraverso la trasparenza. Ciò si fa soprattutto manifestando all'altro il male che ha commesso e indicando un cammino di guarigione”.
“Qual è la chiave per iniziare?”, chiede monsignor Tempesta.
          “L'amore, la capacità di perdonare, il che impedisce che l'altro si ponga sulla difensiva e mi rende consapevole del fatto che io in primo luogo ho bisogno di essere perdonato da Dio e dai fratelli”. Per questo, l'Arcivescovo ha esortato a chiedere a Dio “di imparare a non essere omissivi, ma responsabili della vita dei nostri fratelli, e a fare tutto per amore, cercando sempre la via della santità”.
Sito ufficiale della GMG Rio de Janeiro 2013
 
 
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