Un film contro l'aborto e senza moralismiIniziamo sgombrando il campo dagli equivoci: “Bella” non è “Juno”, ma non è nemmeno “Il grido silenzioso”. Quindi non aspettatevi battute sagaci o primi piani scioccanti. Bella è un film delicato, intimista che, senza strepiti e senza moralismi, svela una verità semplice: si può sempre scegliere la vita.
del 03 giugno 2009
Iniziamo sgombrando il campo dagli equivoci: “Bella” non è “Juno”, ma non è nemmeno “Il grido silenzioso”. Quindi non aspettatevi battute sagaci o primi piani scioccanti. Bella è un film delicato, intimista che, senza strepiti e senza moralismi, svela una verità semplice: si può sempre scegliere la vita. Sabato 16 maggio, in una giornata assolata e caldissima, il folto e partecipe pubblico dell’Auditorium della Conciliazione ha applaudito a lungo una proiezione che ha emozionato tutti i presenti.
 
La visione in lingua originale ha reso, se possibile, ancora pi√π vera la storia che si dipanava sullo schermo, quasi fosse una docu-fiction in presa diretta.
Josè (Eduardo Verastégui), il protagonista della pellicola, è un brillante calciatore sul punto di firmare il contratto più importante della sua carriera, ma un attimo di fatale distrazione lo porta a investire e uccidere una bambina e, dopo aver scontato quattro anni di carcere, a vivere i suoi giorni come cuoco nel ristorante del fratello. Qui lavora Nina (Tammy Blanchard), giovane cameriera che scopre di essere rimasta incinta e ha deciso di non tenere il bambino, non desiderato, che aspetta. In una lunga giornata insieme, dove si parla molto, si piange molto e si riflette sul passato, in un susseguirsi di flashback che spiegano lo sviluppo della storia, Josè convince Nina a non abortire, promettendole di prendersi cura del nascituro.
Questa la trama, che potrebbe persino sembrare banale per un pubblico smaliziato. Ma, e qui viene il bello, è la Storia dietro la storia, il privato dietro il pubblico che rende straordinario il racconto.
Eduardo, “a beautiful man with a beautiful heart”, come recita la pagina a lui dedicata su Facebook, è un celebre e affascinante attore messicano che, approdato al successo dopo una dura gavetta improvvisamente va in crisi e si accorge di quanto lo star system sia intriso di superficialità e che i veri valori risiedono altrove. Da questa sua presa di coscienza – chiamarla “conversione” ci sembra quasi irrispettoso – derivano una serie di scelte che l’hanno portato ad impegnarsi in prima persona contro l’aborto, per la promozione della vita e per fare film “che mia madre e mia nonna possano andare a vedere senza coprirsi gli occhi”. Non a caso, insieme a Alejandro Monteverde e Leo Severino, regista e co-produttore, ha dato vita alla casa di produzione indipendente Metanoia: letteralmente, luce dalle tenebre. La scommessa si è rivelata vincente: dopo aver vinto il Festival di Toronto, “Bella” ha mietuto innumerevoli successi internazionali e si appresta ad essere distribuito anche in Italia.
Da queste premesse si capisce meglio anche il secondo fil rouge che percorre il film. Un ingrediente che trova posto in ogni vicenda che si intreccia alla trama principale: è il tema della responsabilità. Un momento può cambiare la tua vita per sempre, quindi poni attenzione a ciò che fai e accetta le conseguenze del tuo operare. Josè sente su di sé la responsabilità di aver interrotto una vita (“Scappiamo prima che qualcuno se ne accorga”, insinua l’amico - manager. “No, io rimango qui” la risposta); Nina sente la responsabilità di dare la vita ad un figlio che non è stato voluto (“Che amore mai potrà ricevere?”); i genitori di Josè si sono assunti, molti anni prima, la responsabilità di un bimbo che era rimasto da solo (“L’unica differenza tra Manny e i suoi fratelli è il modo in cui è arrivato tra noi”).
Ciascuno si fa carico dell’Altro e in questo modo rende migliore se stesso. Accogliere e sostenere: un messaggio semplice in tempi complicati. Siamo pronti a raccoglierlo?
 
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