Intervista a Cristiana Dobner a cura di Espedita Fisher.
del 24 aprile 2007
Domanda. Lei ha appena pubblicato Pagine mistiche inedite sulla figura di Etty Hillesum, la giovane donna morta ad Auschwitz che ha lasciato una straordinaria testimonianza di vita attraverso il Diario e le Lettere (Adelphi). Dove trova il «misticismo» in questa giovane?
Risposta. Non trovo il misticismo, perché questo termine indica un’astrazione, cioè la riflessione di alcuni studiosi, interpreti di scritti, eventi, ecc… mentre io incontro la mistica, cioè la persona che ha scoperto dentro di sé un Altro. Lo dico con le stesse parole di Hillesum: «Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c’è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri (D 97)».
 
D. In uno sguardo ai giovani d’oggi, trova anche tracce di misticismo? Dove?
R. Nella stessa inquietudine che li divora e li porta, spesso, a trasgressioni che si ritorcono, amaramente, su di loro. Nel vuoto che sperimentano, nell’assurdità del vivere, si possono scoprire mistici, cioè abitati e assetati di un incontro con un Chi che può diventare il Chi.
 
D. Quali le ragioni del suo interesse per Edith Stein e Etty Hillesum? Che cosa della loro vita «parla» alla sua?
R. Edith Stein è una fenomenologa e io sono una filosofa, però soprattutto è Stein una donna moderna che risponde con sguardo critico al suo momento storico, e donna tale voglio esserlo anch’io.
Etty Hillesum è entrata nella mia vita di carmelitana grazie ad un amico che mi ha regalato una copia, ancor fresca di inchiostro, nel momento in cui in Italia vennero stampate le pagine del Diario. La freschezza e la continua ricerca, intellettuale e spirituale, la capacità di donarsi a tutti combattendo su di un terreno quanto mai arduo, sono diventate attrazioni di riflessione. Ho, successivamente, allargato lo sguardo all’opera nella lingua originale e preso in considerazione la bibliografia secondaria. Infine è spuntato il saggio e la traduzione pubblicata da Ancora.
 
D. Cosa possono dire due figure «mistiche» come quelle all’uomo d’oggi?
R. La persona cresce e si sviluppa armoniosamente quando non fa lo struzzo, ma lavora con fatica e calli alle mani per scoprire il dono che in lei è sepolto da sassi e sabbia.
 
D. Le due «mistiche» nella loro esperienza di vita hanno vissuto due generi diversi di clausura, una da monastero, l’altra da «campo di concentramento». Forse allora la «clausura» è una dimensione, non un luogo di vita. Come è possibile vivere «clausure» nei vari campi dell’esistenza?
R. Se si considera il locus nell’accezione biblica, si comprende che la relazione con Dio è il fondamento e si colloca in quel luogo della Parola di Dio che io, e non un’altra persona contemporanea, per sollecitazione dello Spirito, posso rendere viva fonte di vita, per me e per tutti i fratelli.
Vivere all’interno di un monastero significa solo radicalizzare la relazione, farne il centro assoluto, perché da qui nasce salvezza e Bellezza per il mondo e i suoi abitanti.
 
D. Ci sono aspetti di somiglianza e altri di (grande) differenza tra le due: donne, ebree, stesso destino finale (Auschwitz). Ma al di là di questi dati «esteriori», cosa le accomuna e cosa le distingue nel profondo?
R. Lo scoprirsi abitate, la ricerca senza sosta e senza flessioni, la determinazione di consumarsi e il non aver voluto, pur avendone ogni mezzo, sfuggire al massacro di Auschwitz ed invece aver voluto accompagnare il proprio popolo nel doloroso e assurdo cammino.
 
D. Il loro tragico destino finale richiama il tema della sofferenza, della perdita, alla fine della croce. In un mondo che elabora cultura sulla base del progresso, della felicità, del «sempre di più», cosa dice, cosa porta la croce? Come può non contraddire la speranza?
R. La speranza regge la Croce, perché, come insegna la Parola di Dio, speranza è il filo gettato dal Creatore alla sua creatura: se questo è teso, la storia propria e di tutti si slancia verso Dio; se si allenta è peggio, rischia, da parte nostra, di spezzarsi, siamo perduti.
Ci salva Colui che ha accettato su di Sé la Croce e ha riagganciato quel filo facendolo passare per la sua stessa passione. Ora, in Lui, il filo è teso e sicuro. Dipende solo da noi afferrarlo.
 
D. Dio invade il Diario di Etty. Ma, nonostante i forti riferimenti biblici, a volte sembra un Dio troppo interiore, quasi panteista. Non è il rischio del misticismo?
R. Se ci fosse stato un ripiegamento su di sé, la ricerca della propria sicurezza, una fuga che mettesse in salvo sé e i propri cari e i loro averi, forse si potrebbe accettare il panteismo; quando invece il ripiegamento è divenuto slancio, la ricerca si è mutata in oblazione di sé, la fuga è consistita nel salire cantando sul vagone piombato, forse non è segno che panteismo non è?
 
D. Dobbiamo salvare un piccolo pezzetto di Dio dentro di noi… Disseppellire Dio dai cuori devastati degli altri… Siamo noi a dover aiutare Dio e non lui noi… Questi alcuni dei più bei pensieri di Etty su Dio. Vuole commentare?
R. Tutto il mio saggio lo spiega. Rimando ad esso il lettore.
 
D. L’amore alla vita è forse il tema più «narrato» nel Diario di Etty, e come un ritornello torna «Nonostante tutto la vita è meravigliosamente bella». Perché la vita è bella nonostante tutto?
R. Perché l’amore la pervade; un amore concreto per la persona amata, per i fratelli, per i nemici. Un amore però che non si chiude con la chiusura del tempo, un amore che sfocia e fora la storia: approda in Dio, Amore.
 
D. Il diario di Etty Hillesum è pieno di annotazioni «da vita quotidiana», dove le piccole cose sono portatrici di fiducia e speranza, e sanno parlare di Dio o mediare comunicazione. Quale il valore delle piccole cose?
R. Sono il tessuto nostro, quello che, giorno dopo giorno, costruiamo pazientemente o impazientemente. Esistono «cose grandi» non preparate o costruite su persone che non siano diventate grandi attraverso una quotidianità minuta e semplice?
 
D. La vita di Etty è il progressivo sviluppo di crescita di interiorità, di amore alla vita, di Dio. Da giovane donna un po’ nevrotica, piena di problemi e magari anche con scelte affettive discutibili, è diventata una figura di riferimento e di fascino per tanti oggi, soprattutto giovani e donne. Dove vede il segreto di questa crescita?
R. La cura di sé, della propria interiorità ma non quale fine a se stessa, ma quale dono, quale esproprio totale.
 
D. Diceva K. Rahner che il cristiano del futuro (dunque di oggi) o sarà mistico o non sarà. 
Come disegnerebbe il volto «mistico» del cristiano oggi?
R. Ciascuno ha il suo volto disegnato dallo Spirito Santo stesso, basti osservare le persone che ci colpiscono; per riprendere una delle domande: Stein e Hillesum, pur persone diverse, non sono mistiche? Ognuno avvertirà e farà propri i tratti che più collimano con il proprio sentire. Costruire un volto è pericoloso e azzardo, ci si crede artefici di novità, riconoscerlo e accettarlo è cammino in Dio, ed insieme, passo mosso con le persone a noi contemporanee.
 
 
L’intervista a Cristiana Dobner è servita da materiale per un capitolo del libro:
CLAUSURA
Le nuove testimoni dell’Assoluto
di Espedita Fisher
Castelvecchi Editore 2007.
 
 
Fonte: Note di Pastorale Giovanile, Aprile.
Espedita Fisher (a cura di)
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