O peggio ancora trasformare progressivamente la scuola in una sorta di supermercato, «in cui ognuno va a prendere quello che gli serve, in funzione del proprio progetto di autorealizzazione, senza però cercarvi, ovviamente le indicazioni esistenziali per mettere a punto il progetto di vita».
del 09 novembre 2009
 
 
Scuola, l’eclissi dell’educazione
 
di Enrico Lenzi
Tratto da Avvenire
 
 
 
Nella nostra società si sta assistendo a una sorta di «eclissi dell’educazione. Si esalta la libertà dell’individuo di determinare in piena autonomia il proprio cammino, di rielaborare la propria identità, senza doversi confrontare con uno standard prestabilito di normalità». Una crisi profonda e vasta, come dimostra il capitolo del Rapporto-proposta, dedicato all’ambito specifico della scuola. Del resto, quest’ultima «è specchio della società» e difficilmente non risente delle situazioni negative che l’essere comunità vive.
 
«Nel passato tra le generazioni esisteva un passaggio di valori e tradizioni consolidati – commenta Luisa Ribolzi, esperta di problematiche educative e ordinaria di sociologia dell’educazione presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’università di Genova –. Oggi invece questa trasmissione è interrotta e avviene soltanto per poche cose». Insomma «è saltata quella solidarietà intergenerazionale», che nell’educazione aveva il suo momento più alto. «Viviamo in una postmodernità – si legge nel capitolo – caratterizzata dalla frammentazione, dalla complessità e dalla prevalenza della dimensione individuale.
 
Il desiderio di autorealizzazione conta più del bene comune». Come dire, aggiunge la professoressa Ribolzi, che «il corpo sociale si è trasformato in una somma di particolarismi autoreferenziali». E tutto questo «non può non pesare su una realtà, come la scuola, strutturalmente basata sulla dimensione comunitaria». Ripercussioni che il Rapporto-proposta elenca e spiega con chiarezza. «Non bisogna mai dimenticare che l’educazione, intesa nel senso più nobile – commenta Luisa Ribolzi – comprende tre aspetti: educazione, formazione e istruzione.
 
Spesso si assiste al potenziamento di solo uno di questi aspetti. E questo crea dello squilibrio nell’azione educativa». Infatti si può scivolare, come dice il capitolo, «in una scuola che avrebbe senso solo in quanto utile ai processi economici e produttivi». Ma si può cadere anche in una finalità che «rischia di ridursi ad apprendere per apprendere».
 
O peggio ancora trasformare progressivamente la scuola in una sorta di supermercato, «in cui ognuno va a prendere quello che gli serve, in funzione del proprio progetto di autorealizzazione, senza però cercarvi, ovviamente le indicazioni esistenziali per mettere a punto il progetto di vita». La stessa figura del docente, aggiunge l’esperta, «subisce un declassamento, non solo sociale, ma anche funzionale: da figura capaci di educare al senso critico le giovani generazioni, a semplici impiegati, facilitatori culturali o addestratori».
 
Un grave errore, perché, prosegue Ribolzi, «anche i giovani di oggi continuano a cercare modelli di riferimento tra gli adulti». Lo dice con chiarezza anche il capitolo: «I giovani continuano a guardare agli adulti. Sono forse gli adulti che hanno smarrito la propria responsabilità di educatori per stanchezza, sfiducia, senso di impotenza, malinteso rispetto per la libertà dei ragazzi».
 
È così vero che ormai, denuncia ancora il capitolo, «nella nostra società non ci sono più i bambini. Sono molto più precoci dei loro coetanei di trent’anni fa. È come se fosse venuta meno una condizione che consentiva un approccio graduale alla realtà, proporzionandolo allo sviluppo complessivo della personalità».
 
Ma il Rapporto-proposta indica anche una possibile via da perseguire per tentare l’inversione di rotta. È l’autonomia scolastica, che, si legge, «consentirebbe la realizzazione di vere e proprie comunità educanti, in grado di ridefinire incessantemente, attraverso un libero e responsabile confronto interno, le rispettive identità culturali e pedagogiche». «L’autonomia – commenta la professoressa Ribolzi – consente alla scuola di mettersi in rapporto con le persone che vivono in un territorio.
 
È una risposta educativa costruita insieme, all’interno di una società sempre più differenziata. Insomma l’autonomia può essere inteso come uno strumento attraverso il quale responsabilizzare i soggetti dell’educazione». In questo contesto, secondo il capitolo che il Rapporto-proposta dedica alla scuola, «può trovare soluzione anche la questione della scuola statale e paritaria.
 
Rivendicare la libertà di educazione non è una battaglia confessionale, bensì una battaglia per il pluralismo delle istituzioni e per la stessa laicità». Del resto, aggiunge la Ribolzi, «l’autonomia è una risposta differenziata alle esigenze dei diversi territori, pur con uno quadro unitario». Una risposta differenziata, che comunque rappresenta un patrimonio della scuola, così come la presenza «degli studenti stranieri, attraverso cui valorizzare le differenti espressioni dell’unica umanità». Di certo una via da perseguire.
 
 
 
Scuola
 
Estratto da “La sfida educativa”
Rapporto-proposta sull’educazione
a cura del Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana
 
 
Troppo spesso, quando si parla della scuola e dei suoi problemi, si dimentica che essa è inserita in una società in trasformazione rapidissima, di cui è in larga misura lo specchio. La crisi del sistema scolastico è il riflesso di quella che, a vari livelli, coinvolge tutti noi. Questo spiega perché essa non dipenda solo dal suo cattivo funzionamento.  
 
Anche nei paesi in cui la scuola svolge al meglio i propri compiti, ci si chiede infatti se essa non si basi su un modello superato, soprattutto dopo l’impetuoso affacciarsi dei nuovi mezzi di comunicazione, che ha profondamente modificato il modo stesso di trasmettere la conoscenza, non più trasmessa dall’alto, ma costruita insieme come un gigantesco puzzle, secondo il modello di Wikipedia.
 
In realtà la nostra epoca ha messo in moto alcuni processi che rendono problematico il concetto stesso di educazione. È dunque da qui che bisogna partire, se si vuole affrontare seriamente il problema del ruolo educativo della scuola.
 
 
Il clima culturale in cui la scuola opera
 
Viviamo in un’epoca che non si definisce in base a caratteri propri, ma solo in relazione a quella moderna che l’ha preceduta, di cui essa sviluppa ed enfatizza, oppure capovolge e rinnega, le caratteristiche.
 
La modernità, pur nelle contraddizioni di cui era portatrice (il lungo permanere della schiavitù e il ruolo subordinato delle donne ne sono alcuni esempi), poteva fare riferimento a un orizzonte di valori ampiamente condivisi, da cui le scelte dei singoli venivano chiaramente legittimate o sanzionate.
 
Questa visione sostanzialmente unitaria manca nella postmodernità, caratterizzata dalla frammentazione, dalla complessità e dalla prevalenza della dimensione individuale. Il desiderio di autorealizzazione conta più del bene comune; i legami tradizionali si allentano; tutto si fa più precario e incerto.
 
 
 
Enrico Lenzi, Comitato per il Progetto Culturale, Conferenza Episcopale Italiana
http://http://www.avvenire.it/ http://www.cci.progettoculturale.it/
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