Se diventassi Papa, proclamerei un dogma...

Spesso noi educatori, genitori o preti o animatori in oratorio, siamo presi da tristezza: ci sembra di lavorare a vuoto, di essere sconfitti dalla cultura dominante, che garantisce ai giovani una felicità che noi non siamo in grado di garantire.

Se diventassi Papa, proclamerei un dogma...

da L'autore

del 11 gennaio 2008

Spesso noi educatori, genitori o preti o animatori in oratorio, siamo presi da tristezza: ci sembra di lavorare a vuoto, di essere sconfitti dalla cultura dominante, che garantisce ai giovani una felicità che noi non siamo in grado di garantire.

Noi siamo dalla parte di chi esige, mette paletti, controlla, alza la voce, detta orari, chiede impegno, sacrificio, onestà, sincerità. Come sacerdote, che tenta in tutti i modi di annunciare il Vangelo del Signore, lo scoramento è maggiore quando trovi le Chiese semideserte di ragazzi e giovani nelle grandi solennità liturgiche dell’anno e l’oratorio rimane aperto, frequentato da quei ragazzi che non vanno mai in vacanza, che non hanno mai i compiti da fare, insomma quelli che sono terra arida, dove il seme della Parola pare non attecchire.

Sfogliando un libro, il giorno dell’Epifania, una delle solennità poco frequentate, quando cadono durante la settimana, ho ritrovato una lettera, non firmata, «per vergogna », da un giovane di 20 anni, che scrive dal carcere di San Vittore. Rileggendola, la mia speranza si è ripresa alla grande: è stato un soffio di Spirito Santo, una ventata di aria fresca superiore a quella della famosa caramella, pubblicizzata in TV!

«Fino a quando ero fuori non pensavo proprio a Dio, anzi ero un blasfemo» scrive questo ventenne che ha preso 8 anni di carcere, «mentre ora mi dà fastidio persino stare accanto a chi bestemmia. Riprendo sempre chi sta in cella con me quando bestemmia e la sera, prima di dormire, leggo sempre un po’ di Vangelo e prego Dio di darmi la forza di credere in Lui e la forza di reagire con me stesso, di non lasciarmi andare... Non so se è vero che gli scorpioni quando si sentono intrappolati, senza più via di scampo, si ammazzano con il pungiglione che hanno dietro! È vero? Fino a che punto? Non so che cosa ci sto a fare al mondo, io, più che del male non riesco a fare. Capisci ora, il perché degli scorpioni! Seguimi! Come ti ho già detto, prima di dormire, prego e spesso chiedo al Signore di farmi addormentare e non farmi svegliare il giorno né dopo né mai più. Acconsentirebbe? Sì, è un po’ il contrario del “Ti adoro al mattino” quando dice: “Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte”. Io chiedo il contrario. Stupido, vero?».

Non sono mai riuscito a sapere il nome di questo giovane. Forse non gli ho voluto bene abbastanza, per non averlo riconosciuto nella sua lettera così drammatica, dove Dio viene fuori, illuminando la sua coscienza: «Strano, vero? Mi trovo nei guai e inizio a credere, ad avere fede. Mi ricordo fino a qualche anno fa, quando ero ad Arese, “la buona notte”, con la quale chiudevi la giornata, come voleva don Bosco, mi sembrava una cantilena, invece... Ora ho bisogno di Lui».

Vorrei che questa lettera di un «randa», di un «Barabba», come si definisce questo giovane, incoraggiasse tutti coloro che lavorano tra i giovani.

Oso scrivere: se diventassi Papa anche solo per un giorno, proclamerei un Dogma: «Il Bene non va mai perso!». Solito esagerato, direbbe chi mi conosce, ma è un’esagerazione che si fonda su tante pagine del Vangelo, dove leggiamo di peccatori tornati a Dio, avendo incontrato chi ha saputo comprendere, avere pazienza, il primo a credere con la «forza dello Spirito» che il Bene seminato vince sempre sul male.

Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano

don Vittorio Chiari

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