Se la fertilità è bassa, lo è anche la crescita economica

La prosperità delle economie aumenterà o si ridurrà a seconda di ciò che avverrà alle famiglie, secondo il rapporto. Esistono due grandi tendenze, la prima: che la popolazione anziana e dipendente è in brusco aumento, mentre al contempo la popolazione produttiva in età lavorativa è stagnante o persino in declino...

Se la fertilità è bassa, lo è anche la crescita economica

da Quaderni Cannibali

del 17 ottobre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

 

          La riduzione del numero dei bambini e delle coppie sposate produrrà un impatto significativo sulla crescita economica e sulla sostenibilità delle politiche previdenziali e assistenziali.

          È l’avvertimento contenuto in un recente rapporto dal titolo “The Sustainable Demographic Dividend: What Do Marriage & Fertility Have To Do With the Economy?”. Il documento è stato pubblicato dal Social Trends Institute e finanziato anche da una serie di organizzazioni di famiglie e di università. Il Social Trends Institute è un ente di ricerca non-profit, con sede a Barcellona (Spagna) e a New York, e si dedica a quattro tematiche: famiglia, bioetica, cultura e stili di vita, governance societaria.

          La prosperità delle economie aumenterà o si ridurrà a seconda di ciò che avverrà alle famiglie, secondo il rapporto. Esistono infatti due grandi tendenze che destano preoccupazione. La prima: che la popolazione anziana e dipendente è in brusco aumento, mentre al contempo la popolazione produttiva in età lavorativa è stagnante o persino in declino in molti Paesi sviluppati. La seconda è che il numero dei bambini che crescono nell’ambito di famiglie sposate e integre è in forte riduzione.

          La definizione “demographic dividend” del titolo del rapporto è stata usata da alcuni economisti per spiegare l’accelerazione della crescita economica in quei Paesi asiatici in cui l’aumento demografico si era bruscamente ridotto. Il freno demografico avrebbe liberato risorse, utilizzate per stimolare la crescita economica.

          Questo dividendo, in realtà, è piuttosto un prestito, che quindi deve essere ripagato. La stagnazione economica che il Giappone ha vissuto negli ultimi anni è dovuta in parte alla bassa fertilità registrata a partire dagli anni Settanta, indica il rapporto.

          L’esperienza giapponese, osservano gli autori, costituisce un avvertimento per la Cina, che ha visto cadere il tasso di fertilità al di sotto del livello di sostituzione negli anni Novanta. Nei prossimi decenni, in Cina si verificherà molto probabilmente una riduzione della crescita economica, dovuta alla riduzione della sua forza lavoro.

Tasso di sostituzione

          In più di 75 Paesi il tasso di fertilità è ora al di sotto del livello di sostituzione – 2,1 bambini per donna – necessario a mantenere stabile il livello demografico. La donna media di un Paese sviluppato oggi fa solo in media 1,66 figli in tutta la sua vita, osserva il rapporto. Già oggi, nel mondo sviluppato, il numero dei bambini in età compresa tra 0 e 14 anni è di 60,6 milioni in meno rispetto al 1965. La bassa fertilità è anche una realtà in molti Paesi meno sviluppati, sottolinea il rapporto. Il numero delle nascite per donna è stato falciato in un’unica generazione da 6 o più a 2 in Paesi come Iran, Libano, Cile, Cuba, Thailandia, Cina, Taiwan e Corea del Sud.

          Nell’insieme, la popolazione mondiale è ancora in aumento, e le proiezioni delle Nazioni Unite stimano che potrebbe raggiungere i 10 miliardi rispetto agli attuali 7. Si tratterà, però, di un tipo di crescita demografica molto diverso da quello che abbiamo avuto nel passato, chiarisce il rapporto.

          Fino a poco tempo fa, infatti, la popolazione cresceva grazie all’aumento dei giovani. Nei prossimi decenni, invece, le stime dell’ONU calcolano che il 53% della crescita demografica sarà dovuto all'aumento della popolazione ultrasessantenne. Solo il 7% sarà dovuto alla crescita dei giovani con meno di 30 anni.

          Tra il 1990 e il 2010 il numero degli appartenenti alla fascia 15-64 anni è cresciuto di 1,3 miliardi. A causa della riduzione della fertilità, tra il 2010 e il 2030 questa popolazione in età lavorativa aumenterà, secondo le previsioni, solo di circa 900 milioni. Ma in molti Paesi europei e dell’Asia orientale, la popolazione in età lavorativa si ridurrà.

          Nell’Europa occidentale, ad esempio, nei prossimi due decenni vi sarà un declino del 4% nella fascia di età 15-64 anni, e questo tenendo conto del previsto aumento di 20 milioni nella popolazione immigrata. In ogni caso, la popolazione ultrasessantacinquenne è destinata a crescere  del 40%.

          Già oggi, a causa delle difficoltà a finanziare il welfare, molti Governi dell’Europa occidentale sono stati costretti a tagliare i programmi previdenziali e assistenziali e ad aumentare l’età minima a cui poter andare in pensione. Negli Stati Uniti, intanto, a partire dal 2010 il sistema sanitario nazionale ha iniziato a spendere più di quanto incassa dai lavoratori.

Qualità

          Le economie saranno sotto pressione non solo per la riduzione dei lavoratori, ma anche per una loro ridotta qualità. Il matrimonio è in declino in molti Paesi del mondo. L’insieme di divorzio, convivenza e famiglie monogenitoriali comporta che un gran numero di bambini non cresca in famiglie sposate e integre.

          Ciò avviene soprattutto in molti Paesi europei e in America. In questi Stati, il 40% o più dei bambini nasce da genitori non sposati. Molte di queste nascite avvengono in coppie conviventi, che sono molto più instabili di quelle sposate. Il rapporto analizza il caso della Svezia, dove il 55% dei bambini nasce al di fuori del matrimonio. Nonostante l’ampia accettazione sociale della convivenza e il sostegno giuridico ed economico che queste coppie ricevono, quelle famiglie risultano molto meno stabili rispetto a quelle sposate.

          Secondo un recente studio, i figli nati da coppie conviventi hanno una probabilità del 75% più alta, rispetto a quelli nati da coppie sposate, di vedere la separazione dei propri genitori prima di aver compiuto i 15 anni di età.

          Peraltro, questi bambini che vivono in famiglie con un solo genitore hanno probabilità almeno il 50% superiori, rispetto ai figli di famiglie con due genitori, di sviluppare problemi psicologici, di tossicodipendenza, alcolismo, di tentare il suicidio o di suicidarsi.

          La ricerca dimostra inoltre che i figli che crescono in famiglie instabili hanno probabilità molto più ristrette di avere successo nei loro studi e nel lavoro. È dimostrato, inoltre, che gli uomini sposati e che rimangono sposati lavorano di più e guadagnano di più. Questo si riscontra in diverse culture e Nazioni: da Israele all’Italia, dal Messico agli Stati Uniti. Secondo il rapporto, “i Paesi che godono di una cultura matrimoniale relativamente più forte – come la Cina, l’India e la Malaysia – probabilmente potranno raccoglierne i dividendi a lungo termine”. Purtroppo, molti Paesi non si trovano in quella fortunata posizione.

Proposte

Ad ogni modo, il rapporto non è del tutto pessimista, e propone una serie di raccomandazioni sui modi in cui è possibile sostenere le famiglie:

-- Maggiore sostegno alle aziende familiari agricole e non, che assicurano maggiore stabilità economica alle famiglie.

-- Aiutare i giovani a ottenere un impiego sicuro e duraturo, evitando il lavoro occasionale o a contratto. Un lavoro sicuro consente infatti di avviare una famiglia e di avere figli.

-- Mettere a disposizione alloggi a costi ragionevoli. Gli elevati prezzi degli immobili, infatti, sono associati a bassi tassi di fertilità in tutto il mondo.

-- Flessibilità lavorativa per consentire alle donne che preferiscono bilanciare le responsabilità familiari con quelle lavorative di poterlo fare senza essere costrette a lasciare il lavoro o a lavorare a tempo pieno.

-- I Governi dovrebbero sostenere il matrimonio ed educare la gente sui vantaggi del matrimonio e sugli svantaggi della monogenitorialità.

-- Incoraggiare il risparmio dei giovani e dare maggiore sostegno finanziario alle coppie con figli.

-- Bisogna fare uno sforzo per “ripulire” la cultura contemporanea popolare che è contraria alla famiglia e promuove la promiscuità e la corruzione morale.

-- I Governi dovrebbero rispettare il contributo positivo che la religione può dare alla famiglia.

          Papa Benedetto XVI ha recentemente parlato dell’importanza del matrimonio. Rivolgendosi a un gruppo di giovani fidanzati durante una visita ad Ancona, li ha incoraggiati ad affrontare le sfide che la cultura pone alla fedeltà matrimoniale. “La stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimonio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella bontà della vita”, ha affermato.

          “Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l’intera società”, ha aggiunto. Un consiglio prezioso non solo dal punto di vista religioso, ma anche da quello economico.

Padre John Flynn

http://www.zenit.org

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