Si decide insieme di darle l'unzione degli infermi ed io sono accanto a lei in quel momento: lei mi voleva come testimone alle sue nozze ed io divento “testimone” per le nozze con il Signore. Nella sua stanza ha scritto in inglese: “Credo nell'amore che continua anche dopo la morte, per l'eternità”. Forse è un suo “testamento spirituale”, ci chiede di continuare ad amarla e lei continua a farlo con noi.
del 10 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Parlare di qualcuno che si ama non è mai semplice, quando poi questo “qualcuno” è volato in cielo a soli 27 anni, la cosa diventa ancora più complessa. Io però, voglio “presuntuosamente” provarci: lei è Seliah, la mia nipotina che lo scorso anno ha lasciato questa vita dopo un travolgente percorso terreno di amore, allegria, ironia, determinazione e grande dignità. Come si fa, in poche righe a parlare di tutto questo?
 
Seliah è una bambina come tante: va a scuola, frequenta l’oratorio salesiano ed è buona e tranquilla, ma anche decisa, libera nei modi di pensare e nelle espressioni. È di quel periodo un suo pensiero ad un sacerdote salesiano: “Don Giovannino, mia nonna vede sempre le telenovele e il nonno si arrabbia”. Già, e guai a dirle che magari ogni tanto non è proprio necessario specificare tutto. Non è per lei: se una cosa non le va giù, si deve dire e basta! Va sempre avanti per la sua strada e quando al liceo stronca il povero Coriolano nelle versioni di latino con traduzioni un po’ strampalate, lei stessa si diverte e ci ride su. Prosegue il suo cammino crescendo, diplomandosi, studiando e lavorando. Un incidente stradale la ferma per un po’, ma si “rialza” da quella caduta e prosegue. È una giovane donna di 25 anni, fidanzata, ha un lavoro e studia. In un giorno che sembrava normale, la sua vita viene stravolta da una diagnosi allucinante: ha un tumore celebrale molto pericoloso che la costringe ad un intervento chirurgico. Ho ben impressa la sua immagine di quel giorno: ha difficoltà nel linguaggio, ma con la flebo la cosa si normalizza un po’. Poi la trovo che mangia un panino col salame e me ne offre un pezzetto, con un sorriso che non dimenticherò mai. Intraprende quel percorso con la stessa determinazione e libertà mentale che l’hanno contraddistinta da piccola. Negli intervalli dei “pellegrinaggi” di visite, risonanze, controlli, mi chiede di unirmi a lei e alla sua famiglia e insieme viviamo momenti di gioia, spensieratezza, divertimento, pur sapendo che quelle giornate “a colori” in realtà erano su uno “sfondo” grigio scuro. Poco tempo dopo, con una puntualità allucinante, arriva la ricaduta e si rende necessario un secondo intervento; si susseguono diagnosi, tentativi, preghiere, speranze, angosce. Seliah non è sola: ha i genitori, il fratello con la fidanzata, il fidanzato e la famiglia; ci sono anch’io che più che sua zia, mi sento una sorella maggiore. Sono anche la sua madrina e fra noi c’è stato sempre un rapporto da sorelle più che da zia e nipote. I due nonni ultraottantenni sanno tutto e seguono con un dolore infinito la vicenda della loro nipotina. Si decide insieme di darle l’unzione degli infermi ed io sono accanto a lei in quel momento: lei mi voleva come testimone alle sue nozze ed io divento “testimone” per le nozze con il Signore. Tutto mi sembra surreale, ma non è così: è la realtà ed io sento che il Signore mi ha chiesto questo e devo farlo. Vedo la sua mamma e il suo papà che chiedono a Dio un miracolo, se può, oppure di portarla con sé presto, senza farla soffrire. In quei giorni terribili ci sono sacerdoti che ci aiutano e che hanno pensieri di sostegno e aiuto per ognuno di noi. C’è un personale medico che l’ha seguita con professionalità e soprattutto con grande amore, e che fa in modo di farla “partire” per il Paradiso dalla sua stanzetta, con i suoi pupazzi, nella sua casa, tra le braccia di chi le vuol bene.
 
Tutto si compie la sera del 2 maggio 2011: il Signore ascolta le preghiere del suo papà e della sua mamma, la porta con sé bella, lasciando il suo corpo intatto e per niente sfigurato dalla malattia.
Il giorno dopo è ben vestita, elegante e distinta, come sempre. Per la sua cerimonia di saluto (non vogliamo parlare di funerale), la sua mamma è bellissima, io porto con me una borsa con un vistoso fiocco rosso: me l’ha regalata lei e quella borsa quel giorno, deve essere con me. È un segno tangibile della sua presenza, della sua finezza d’animo, del grande amore che ci ha dato.
Seliah non è morta, è tornata “alla casa del Padre”, così come diceva il grande Giovanni Paolo II: per chi resta, pensare ad un “ritorno” è sempre più rassicurante che parlare di gelida morte.
 
Tutti noi abbiamo benedetto la sua esistenza, anche a costo di tanta, immane sofferenza. Ho sotto i miei occhi una lavagnetta, un suo regalo dove ha disegnato col gesso la zampa di Chicca, la sua cagnetta, e un cuoricino: questi disegni, neanche col tempo si sono mai cancellati. Ci sono tanti “piccoli miracoli”, che ci aiutano a continuare il nostro percorso, a tenere sempre viva la sua essenza, a continuare ad amarla ancora più di prima. Nella sua stanza ha scritto in inglese: “Credo nell’amore che continua anche dopo la morte, per l’eternità”. Forse è un suo “testamento spirituale”, ci chiede di continuare ad amarla e lei continua a farlo con noi.
 
Madre Teresa nel suo “Vivi la vita” scriveva che “La vita è amore, godine”: Seliah ne ha dato e ricevuto tanto e tutti noi, persino la stessa Chicca, siamo stati protagonisti di questo meraviglioso “travaso”. Tra poco sarà il suo primo compleanno in Paradiso!
Ciao Gianduiotta, (era il suo nomignolo), ringraziamo insieme Dio per TE, per averci scelto come tua famiglia. Sei stata e continui ad essere un dono meraviglioso. Un bacio sconfinato da tutti noi
 
Zia Donata e tutta la famiglia
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)