Senza il prodigio del canto il nostro mondo si decompone

La musica è contagio dello spirito che incide la pietra, nel momento stesso in cui restituisce fisicità all'esperienza toccante della parola. La musica fa suonare anche il legno secco e la pelle d'asino. E rende palpabili i sottili legami fra lo spirito, i corpi, le cose, che non ci stanchiamo mai di cercare...

Senza il prodigio del canto il nostro mondo si decompone

da Attualità

del 16 settembre 2008

La musica è l’evidenza indiscutibile, e il sacramento indistruttibile, dell’energia creatrice dello spirito.

 

Che si rialza dopo ogni avvilimento. Che si innalza verso le l’incantamento dell’essere-al-mondo, vincendo ogni ingombro della massa, del peso, e dell’immagine persino. La musica è contagio dello spirito che incide la pietra, nel momento stesso in cui restituisce fisicità all’esperienza toccante della parola. La musica fa suonare anche il legno secco e la pelle d’asino. E rende palpabili i sottili legami fra lo spirito, i corpi, le cose, che non ci stanchiamo mai di cercare, con buona pace dei matematici del benessere sensoriale. Perché noi, per poter scommettere contro la morte, abbiamo un bisogno quotidiano e disperato di questo: che anche le cose abbiano un’anima, da qualche parte. Qualcosa di spiritualmente vivo e vitale, insomma, che ci faccia 'sentire' la complicità di un’armonia destinata: per noi, e per questo mondo di anima e sangue che abitiamo: inestricabilmente intessuto dei nostri azzardi creativi e dei nostri affetti più feriti e struggenti. Altrimenti ci sentiamo più soli dei numeri primi. Non per caso, proprio i numeri si stimano e si esaltano tutti di questa loro parentela privilegiata con la musica. Stremati dal loro ostinato asservimento al regno delle quantità, dove sono inchiodati come schiavi al remo, sempre a calcolare e ad essere calcolati, i numeri hanno il loro momento di gloria e di rivincita quando sono assunti dallo spirito della musica. Nervatura solida e perfetta di un ordine dell’anima e dei corpi, che profetizza il grembo in cui le nostre passioni più disperate e i nostri affetti più alti, si ricompongono nella danza di un corpo-mondo perfettamente musicale. Che dev’essere da qualche parte, perché noi lo sentiamo.

 

Pitagora e i greci cercavano i 'numeri di Dio' in una musica incorporea, mentale, impercettibile, ultimamente destinata a sciogliersi nel grande silenzio del mondo della vita. Agostino indica la strada della fisicità sonora della Parola, la felicità responsoriale del dialogo e dell’armonia delle voci, l’intensità struggente dello jubilus che dilata l’intimità dello spirito fino ai confini dell’universo: dovunque ci siano corde musicali e corpi vibranti in attesa di riscatto. Il suo De Musica si conclude con l’intuizione di una verità ovunque ignota: la risonanza perfetta dei numeri musicali 'di Dio' è quella dello spirito in un corpo risorto.

 

Leggete con attenzione l’elegante e sapida lezione di Benedetto XVI in terra di Francia, dove una grandiosa tradizione dell’eredità monastica cristiana ha fatto fiorire esperienze decisive per la civiltà musicale, e non solo, profondamente ispirata dall’esperienza cristiana. «Da questa esigenza intrinseca del parlare con Dio e del cantarLo con le parole donate da Lui stesso è nata la grande musica occidentale». Dalla prodigiosa invenzione del canto monastico, non è venuta soltanto una singolare comprensione del modo in cui la nostra psiche plasma la propria armonia, cercando la risonanza più pura ed elegante dello Spirito creatore e della parola di Dio. L’inedita elaborazione cristiana degli infiniti 'toni di voce', con i quali ci è concesso di corrispondere alla ricchezza della Parola di Dio, parola per parola, ci ha comunicato la passione per l’infinita ricerca di 'contrappunti' musicali al nostro desiderio più intimo: che ci sia un mondo, libero e felice, per gli affetti accesi dallo Spirito nei nostri corpi vibranti. La singolarità cristiana dello spirito religioso ha stabilito un legame indissolubile fra civiltà musicale e vita secondo lo Spirito. Le ferite inferte alla musica disperdono gli umani nelle regioni oscure dell’assenza di legami, della violenza dei rapporti, della schiavitù della mente. Senza civiltà musicale, la civiltà va in depressione. Dalla musica si sente. In chiesa e fuori.

 

Pierangelo Sequeri

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