Cresce il numero delle richieste per il SCN ma i fondi non riescono a soddisfare le richieste: 120.000 richieste per 50.000 posti.
del 03 luglio 2007
L'importanza educativa del nuovo servizio civile è stata più volte ribadita dalla Chiesa italiana. L'ultima volta, in ordine cronologico, giovedì scorso al convegno nazionale delle Caritas diocesane a Montecatini Terme. Tanto che la comunità ecclesiale è arrivata a finanziare autonomamente progetti di volontariato sociale giovanile. Questa sottolineatura dimostra una forte sintonia con le scelte del mondo giovanile. Archiviata nel 2005 la leva obbligatoria e con essa l'obiezione di coscienza, oggi infatti il servizio volontario sta riscuotendo un consenso crescente e sorprendente tra i giovani.
L'anno scorso ben 120 mila aspiranti volontari hanno presentato domanda contro i 108 mila dell'anno precedente. Se prendiamo come riferimento la media dei maturandi degli ultimi anni, circa mezzo milione, significa che un quarto delle ragazze e dei ragazzi italiani ha voglia di partecipare. Fa riflettere. Infatti oggi nessuno deve pi√π scegliere un'alternativa non armata a un anno di naja. E il rimborso individuale, 433 euro mensili, consente in fondo di fare il volontario anche a chi non proviene da famiglie benestanti.
Ma la politica sembra non voler ascoltare questa voglia di impegno della galassia under 25. I fondi disponibili per finanziare i progetti del servizio civile coprono infatti in media 50 mila posti. Significa che più della metà dei giovani vede scartata la propria domanda. Nel Dpef il governo è riuscito a trovare altri 40 milioni dal famoso tesoretto per il prossimo anno. La buona notizia è che ci sono circa 5400 posti in più da lunedì mattina. Nel complesso, c'è un piccolo aumento delle unità rispetto al 2006. Un consolidamento, insomma. Fa riflettere invece la fatica compiuta dalle associazioni e dal ministro della Solidarietà per strappare questa somma. Gli enti temevano un bagno di sangue per il 2007, perché con il bilancio originariamente previsto sarebbero partiti meno di 40 mila giovani. Ora occorre valutare seriamente questo strumento. Se è un investimento per il Paese, va accresciuto il bilancio per arrivare a coprire almeno 60-70 mila posti nell'arco di pochi anni. Inoltre è improcrastinabile una riforma della legge per ovviare ai continui ritardi e alle difficoltà burocratiche.
Su un'ultima cosa occorre riflettere: oggi viene approvato il 98% dei progetti presentati dalle Pro Loco, mentre ad esempio importanti realtà sociali come Acli o Confcooperative sono state penalizzate con solo il 20% dei progetti approvati. Come se l'Italia avesse un'emergenza turismo, anziché una crisi del welfare. Alcuni segnali d'allarme suggeriscono poi di vigilare perché questi fondi non vadano a finanziare operazioni clientelari. Perché è importante allora scommettere su questo periodo di servizio orientandolo sempre più al sociale? Perché attraverso la partecipazione a progetti di solidarietà con le fasce deboli, con minori, anziani, immigrati, con l'assistenza diretta ai grandi invalidi, le coscienze giovanili affrontano esperienze formative, si allenano alla partecipazione e all'impegno. Si offre così un ricambio al cosiddetto capitale sociale, al patrimonio di relazioni, competenze e di passione civile che costituisce un pilastro per lo sviluppo dei territori. A noi resta la speranza che da questa nuova leva emergano volontari, operatori e domani politici che vogliano servire la comunità.
Paolo Lambruschi
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