E' al servizio della Patria, intesa come comunità di persone, aiuta soprattutto i più deboli e più emarginati: rischia di finire nel 2012 per mancanza di fondi. Per il mese di gennaio, ad esempio, sono stati richiesti 8.822 giovani, mentre quelli che effettivamente partiranno sono appena 1.519.
del 12 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
           Che fosse in pericolo si sapeva da tempo. Ma nemmeno i più pessimisti si aspettavano un collasso così rapido del servizio civile. A poche settimane dalla scadenza del bando 2011, la situazione è letteralmente precipitata: se il neonato Governo guidato da Mario Monti non metterà mano urgentemente a nuove risorse, nel 2012 bisognerà dire addio ai volontari, con un danno incalcolabile per gli enti impegnati nel sociale e ripercussioni a cascata su tutto il Paese. 
Sono passati dieci anni da quando lo Stato italiano, tra i primi in Europa, ha codificato la proposta del servizio civile volontario, una sfida che nel tempo si è dimostrata vincente, con una costante crescita di giovani interessati e un alto livello di soddisfazione degli enti beneficiari. Ma ora, dopo anni di tagli sistematici, il motore finanziario del servizio, già da tempo in riserva, si è ingolfato e senza nuova benzina sarà impossibile farlo ripartire. Il colpo di grazia è arrivato con la legge di stabilità, approvata in Parlamento lo scorso 12 novembre, che ha decretato un ulteriore taglio del 39% sui fondi destinati al servizio civile. Le poche risorse rimaste non sono sufficienti a garantire un nuovo bando per il 2012 e gli enti interessati non possono far altro che scandire con toni ancora più esasperati un appello già tante volte ripetuto. 
«E' stato inferto un colpo mortale al futuro delle nuove generazioni e di questo Paese», scrive in un comunicato Primo Di Blasio, presidente della Conferenza nazionale enti di servizio civile (Cnesc). E Fania Alemanno, rappresentante nazionale dei giovani in servizio civile, aggiunge: «Sappiamo che non sarà semplice trovare risorse per ridare concretezza a questo istituto della Repubblica, ma chiediamo al nuovo Governo di fare tutti gli sforzi possibili per garantirne la sostenibilità. Lo chiediamo anche perché oltre 250mila giovani e migliaia di organizzazioni, pubbliche e del privato sociale, possono testimoniare tutte le ricadute positive che questa esperienza ha, sia in termini di crescita educativa, sia in termini di efficienza economica pubblica». Proprio qui sta il paradosso: allo Stato il servizio civile conviene. «Per ogni euro investito», prosegue Alemanno, «ne vengono prodotti oltre tre in benefici, servizi e ricchezze per la collettività». 
Inutile dire che questa situazione di emergenza ha radici antiche. Da anni, per far fronte ai tagli sempre più aggressivi, l'Ufficio nazionale del servizio civile doveva ricorrere ad alcuni 'stratagemmi'. Ad esempio la scadenza dei bandi, che all'inizio era a giugno, è stata progressivamente spostata verso la fine dell'anno e di conseguenza sono state posticipate anche le partenze dei volontari. In questo modo l'Ufficio poteva usare parte dei fondi del nuovo anno per pagare i volontari messi a bando nell'anno precedente. «Solo che adesso il giocattolo si è rotto», commenta amaramente Francesco Spagnolo, responsabile di Esseci Blog, sito internet del Tavolo ecclesiale sul servizio civile. «Le risorse del 2012 saranno appena sufficienti a coprire le spese del 2011: ecco perché è impossibile pensare a un nuovo bando». 
Non solo: spostare di molti mesi le partenze ha anche effetti negativi sul funzionamento del sistema. «Alcuni ragazzi che hanno partecipato al bando di ottobre 2011», spiega Spagnolo, «inizieranno il servizio a ottobre 2012, quindi con un anno di ritardo rispetto alle attese: i loro progetti di studio o di lavoro saranno completamente stravolti e c'è anche il rischio che molti di loro, visti i tempi troppo lunghi, rinuncino al servizio». E' questo il timore degli enti, che stanno concentrando nei primi mesi del 2012 le richieste di volontari. Per il mese di gennaio, ad esempio, sono stati richiesti 8.822 giovani, mentre quelli che effettivamente partiranno sono appena 1.519: una situazione limite che rende praticamente impossibile qualsiasi lavoro di progettazione.   
In tempi difficili per l'economia del Paese, anche il servizio civile vive giorni cruciali. L'ultima manovra non sembra intervenire sulle tabelle della precedente e dunque per il momento sono confermati i tagli già esistenti, ma presto il quadro potrebbe mutare. A breve il nuovo esecutivo deciderà anche a chi affidare la delega per il servizio civile (con il governo Berlusconi la figura di riferimento era il sottosegretario Carlo Giovanardi): in questi giorni circola con insistenza il nome di Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione, ma il premier Monti potrebbe anche decidere di tenere la delega per sé, di affidarla a Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, o a qualcuno dei sottosegretari. Una buona parte del mondo delle entii preferirebbe che la delega rimanesse nelle competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri. 
In attesa di conoscere l'interlocutore diretto con cui dialogare, tante associazioni di volontariato, a cominciare dalle realtà cattoliche, cercano di far sentire la loro voce aderendo alla campagna «Non tagliare il futuro dell'Italia!», promossa dalla Conferenza nazionale degli enti di servizio civile, dal Forum nazionale del servizio civile e dalla Rappresentanza nazionale dei giovani in servizio civile.  «Operare tagli indiscriminati»,  si legge nel manifesto della campagna, «significa non dare ai giovani le adeguate opportunità per fare la propria parte per la comunità, relegandoli ai margini della crescita sociale, culturale e democratica del Paese». E' stata lanciata anche una petizione on-line, cui finora hanno aderito oltre 3.200 persone.   
Ma a far discutere non ci sono solo le questioni economiche. Subito dopo la chiusura dell'ultimo bando due ragazzi stranieri, un giovane pakistano che vive a Milano e una studentessa albanese residente a Brescia hanno presentato ricorso al Tar per essere stati esclusi dal servizio. Entrambi vivono in Italia da più di dieci anni: secondo loro e secondo i loro avvocati un bando che prevede la cittadinanza italiana come primo requisito richiesto ai volontari è discriminatorio. L'eventuale apertura ai giovani stranieri è argomento dibattuto da anni. Il governo Berlusconi ha sempre ribadito la sua contrarietà, ritenendo impensabile coinvolgere gli stranieri in un 'servizio alla patria'.
Ma ora potrebbero aprirsi scenari nuovi. Tanto più che ci sono già dei precedenti. Infatti vari bandi regionali, come quelli di Emilia Romagna, Marche, Toscana e Liguria, prevedono da tempo l'inserimento dei ragazzi immigrati e anche in alcuni comuni sono nati progetti analoghi. Torino è stata la prima città italiana a sperimentare un servizio civile per giovani Immigrati, opportunità che in quattro anni ha raccolto 478 domande e permesso a 96 ragazzi di 14 nazionalità diverse di vivere un'esperienza unica.
L'ultimo bando ha selezionato 26 giovani, un gruppo in cui convergono esperienze personali molto diverse: «Mi chiamo Mosaab, ho venti anni, sono nato in Egitto e vivo a Torino da quattro»; «Mi chiamo Romina, sono di Bacau (Romania), ho 28 anni e vivo qui da otto»; «Mi chiamo Landu, sono il primo bambino di colore nato a Carmagnola (Torino), e oggi mi sento più italiano che africano». Ci sono anche due ragazzi somali con lo status di rifugiati politici: a loro spetta il delicato compito di entrare in contatto con i tanti rifugiati presenti in città.
Lorenzo Montanaro
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