Sfumature

Qualche tempo fa una persona mi ha chiesto un favore; non potendolo fare subito, narcisisticamente, non ho trovato di meglio che suggerire altre persone che avrebbero potuto risolvere. Mi è stato risposto, con una tonalità gentile, che si sarebbe potuto attendere il giorno dopo.

Ho capito alla fine (si capisce sempre dopo… se si capisce) che il favore richiedeva una certa confidenza con la persona, che non avevo colto; quindi una persona non valeva un’altra. Non potevo non ringraziare per la stima e la fiducia. La persona mi ha risposto, aggiungendo ulteriori sfumature: «A volte alcune cose si possono condividere con le persone con cui si ha una confidenza particolare, a volte anche con chi ha un po' di tempo da spendere con te e per te... che non è una cosa così scontata oggi (neppure fra noi che sappiamo quanto siano importanti per vivere bene)».

Tra le tante tonalità, mi colpiva il “con”. Il “con” non c’entra nulla con il narcisismo, quello di chi “risolve”, di chi “sa”. Il “con” è cosa strana… mi torna in mente quando alle superiori cercavo di avvicinarmi al jazz (qualche amico mi diceva che ascoltavo “rumori”), era cosa faticosa per un motivo fondamentale: volevo che il jazz fosse qualcosa come lo intendevo io e non come era nella sua realtà. Ho iniziato ad apprezzarlo solo quando ho iniziato ad ascoltarlo senza volermene impadronire, ma – appunto – stando con lui. È solo grazie a quel “con” che è stato possibile entrare in “confidenza” con lui, accoglierne quelle sfumature che prima non ero proprio in grado di sentire, di ascoltare. Un po’ per volta, con pazienza, con rispetto.

Oggi risolviamo a slogan veloci: “l’educazione è relazione”, “l’ascolto empatico”, ecc. Tutto bene per carità, credo, però, sia meglio stare zitti, ascoltare, lasciarsi letteralmente investire dalle parole dell’altro… e se qualche parola diremo, che nasca e sia detta nella “brezza leggera” dell’ascolto, dove abitano le sfumature, le tonalità.
So long.