«Shakespeare? Cattolico, i critici si rassegnino»

Cattolico o non cattolico, questo è il problema, verrebbe da dire parafrasando il suo Amleto. C'è purtroppo un secolare pregiudizio accademico da parte di un establishment di studiosi di Shakespeare. Non si può capire il suo ruolo di testimone della cristianità e il suo cattolicesimo se non si studiano a fondo le sue opere...

«Shakespeare? Cattolico, i critici si rassegnino»

da Attualità

del 24 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 Cattolico o non cattolico, questo è il problema, verrebbe da dire parafrasando il suo Amleto.

          In realtà la tesi che da anni ormai vuole il grande William Shakespeare (1564-1616) fedele della Chiesa di Roma oggi è molto più di un’ipotesi. La conferma arriva da un sorprendente numero di libri pubblicati di recente. E se perfino un popolare autore laico inglese come Peter Ackroyd lo ammette nel suo Shakespeare. Una biografia (Neri Pozza), convincente e ben ponderato è l’ultimo volume dell’anglista Elisabetta Sala L’enigma di Shakespeare. Cortigiano o dissidente? (Ares). L’autrice che già in Elisabetta la Sanguinaria (Ares) aveva brillantemente smascherato la propaganda che circonda l’epoca elisabettiana, mette in luce la dissidenza del drammaturgo e i suoi rapporti con i cattolici perseguitati dalla regina.

          Chi non ha mai avuto dubbi amletici sul cattolicesimo di Shakespeare e da anni si batte contro una certa critica ancora diffidente è Peter Milward, gesuita inglese docente di Letteratura inglese alla Sophia University di Tokyo, massimo esperto della religiosità del Bardo. «È un’ipotesi che sostengo ormai dal 1973, quando pubblicai il mio primo libro Shakespeare’s Religious Background. Oggi per fortuna sono tanti i libri che rilanciano questo tema, ma c’è ancora un certo pregiudizio accademico che è duro a morire».

Professor Milward, perché è così convinto che Shakespeare fosse cattolico?

          Sappiamo che suo padre, John Shakespeare, compilò di suo pugno un testamento spirituale ritrovato nascosto tra le travi del tetto della sua casa di Henley Street a Stratford. Quel documento (di cui oggi abbiamo una copia settecentesca riconosciuta come autentica) fu probabilmente nascosto lì al tempo della Congiura di Somerville del 1583, quando anche i familiari materni, inclusa la madre di Shakespeare, Mary Arden, per la loro fede furono soggetti all’ accusa di alto tradimento intentatagli da Sir Thomas Lucy di Charlecote Park. E i nomi sia del padre John (nel 1592) che di sua figlia Susanna Hall (nel 1606), figurano nell’elenco dei cattolici ricusanti, di coloro cioè che si rifiutavano di presentarsi alle obbligatorie funzioni religiose di Stato. Erano anni di caccia ai dissidenti cattolici per effetto di un bando severo emesso in nome della regina nel 1591, e l’altro all’indomani della Congiura delle Polveri del 1605.

Come mai allora la regina Elisabetta I (1533-1603) così feroce con i cattolici lo accettò a corte?

          Ovviamente in una tale situazione di persecuzione, Shakespeare fu costretto a tacere la sua fede cattolica. Doveva andare in giro mascherato, come il suo Edgar nel Re Lear, e tale è rimasto fino a oggi. La sua maschera era quella di un personaggio di poco conto, di quello che lui stesso chiamerebbe il “buffone”. Dubito che la regina Elisabetta abbia intuito il suo camuffamento (anche se ci sono autori che invece ne sono convinti). Sappiamo però per esempio che la regina si rese conto della fede cattolica del grande compositore William Bird e gli consentì di rimanere a corte perché aveva bisogno di lui per la musica della cappella reale. Allo stesso modo potrebbe aver agito con Shakespeare perché ne stimava il lavoro, soprattutto le commedie e specialmente il personaggio di Sir John Falstaff.

Fu costretto quindi a ricorrere a simboli per non incappare nella censura?

          Sì. Sono proprio i simboli, le immagini o i temi che ricorrono nei suoi lavori a rivelare il suo cattolicesimo. Prendiamo ad esempio un tema come il pellegrinaggio. È presente in molte delle sue opere: Riccardo II, Il mercante di Venezia, Come vi piace e Re Lear. L’abitudine di andare in pellegrinaggio era tipicamente medievale e cattolica, ma fu proibita dai protestanti al tempo di Enrico VIII che chiuse tutti i santuari in Inghilterra. Un’altra immagine tipica dei cattolici perseguitati in Inghilterra è stata per esempio la condizione dell’esilio e dell’emarginazione che non a caso ritornano nelle sue opere. Come quando Riccardo II al momento della sua deposizione consiglia alla sua regina addolorata di ritirarsi in Francia ed entrare in convento in modo da vincere “la corona di un nuovo mondo”, mentre lui dovrà subire l’arresto. Un altro tema è il modo in cui il drammaturgo tratta i frati in opere come Romeo e Giulietta, Molto rumore per nulla e Misura per misura. Mentre i drammaturghi protestanti come Robert Greene e Christopher Marlowe li trattano con scherno come personaggi ridicoli, Shakespeare li rispetta e fa in modo che anche i suoi personaggi li rispettino.

Quali sono le altre opere che tradiscono la sua fede?

          In uno dei miei libri Biblical Influences in Shakespeare’s Great Tragedies (Indiana University Press), ho analizzato atto per atto, riga per riga le quattro “grandi tragedie” Amleto, Otello, Macbeth e Re Lear, rintracciando davvero tanti riferimenti della Bibbia. Soprattutto le ultime tre scritte già all’inizio del regno di Giacomo I (per Amleto era ancora regnante Elisabetta I) le considero tutte insieme come l’ “opera della passione di Shakespeare” perché richiamano il Vangelo della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. Ma nel mio ultimo libro Shakespeare the Papist dimostro come tutte le opere ammettono un’interpretazione cattolica e biblica. Se non si considera questo background, questo retroterra cattolico, molte opere rimarrebbero enigmatiche.

Ha fatto scalpore anche la dichiarazione del primate della Chiesa Anglicana, Roman Williams, che ha ammesso il cattolicesimo del Bardo.

          Sono molto contento. Lo stesso arcivescovo di Canterbury mi ha confidato che ha maturato questa convinzione anche dalla lettura di alcuni miei scritti. Solo che non è sufficiente riconoscere che Shakespeare fosse cattolico. È necessario prendere atto che ci troviamo di fronte a un testimone importante di quel cattolicesimo inglese che è stato crudelmente soppresso da Enrico VIII e Elisabetta I e di loro crudeli ministri, Thomas Cromwell e William Cecil.

Eppure resistono ancora molte diffidenze riguardo a questa ipotesi…

          C’è purtroppo un secolare pregiudizio accademico da parte di un establishment di studiosi di Shakespeare. Costoro godono di tribune universitarie importanti e di pubblicità mediatica. Il problema è poi che alcuni autori come Peter Ackroyd ammettono il retroterra cattolico di Shakespeare. Ma non si può capire il suo ruolo di testimone della cristianità e il suo cattolicesimo se non si studiano a fondo le sue opere e non si considerano le dure persecuzioni del tempo. Shakespeare ha davvero vissuto in un’epoca in cui i cattolici inglesi vivevano nella paura come i cristiani copti oggi in Egitto. Persino i preti, persino i gesuiti, temevano di essere scoperti, arrestati, imprigionati, torturati e giustiziati come traditori. Lui non andò alla ricerca del martirio, ma aveva una grande fede cattolica. E si sentisse investito come drammaturgo, nella missione di proclamare la verità della sua epoca e la fede di ciò che Amleto chiama “il mondo non ancora conosciuto”.

Antonio Giuliano

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