Sicura e convinta

Non sono l'ultimo medico della tua trafila di sfruttatori, ma il primo e l'unico salvatore, il Signore della vita. Tieniti sempre cara questa fede che hai, questo desiderio di toccarmi che ti ha abitato per tanto tempo, tieniti sempre vicino a me; questa è la strada della vita.

Sicura e convinta

da Quaderni Cannibali

del 06 novembre 2009

 

Aveva ormai fatto l’abbonamento a tutti gli ambulatori possibili e immaginabili di Gerusalemme, aveva consultato dottori famosi, aveva dato ascolto alle sue amiche che le suggerivano questo o quel primario e pagava; non andava certo dai medici della mutua, che fanno le cose per dovere; lei andava dai luminari, su appuntamento, con tanto di sala d’aspetto in cui veniva distratta da qualche bel rotolo della Bibbia e in cui non riusciva più ad immaginarsi guarita.

 

 

 

Forse questa è la volta buona , diceva tra sé. E intanto pagava; le strade che faceva erano le stesse sempre al banco dei pegni, per lasciare ogni giorno un pezzo della sua proprietà e dal medico per versarvi il denaro avuto in cambio. Aveva così speso tutti i suoi averi, dice il vangelo, senza nessun vantaggio. La ricerca della salute merita tutto. Che me ne faccio di quel podere se devo vivere sempre piegata in due ed evitata da tutti per questo flusso di sangue che non smette, che mi cava la vita dall’interno, me la fa fuggire giorno dopo giorno e che non mi permette di stare in società, perché sono sempre impura, da evitare?

 

Passavano così le stagioni e gli anni. Dodici per l’appunto. Intanto però si fa strada in lei una notizia che a mano a mano diventa certezza. C’è Gesù. Dicono di Lui che sa ridarti la vita piena, sa riportare la tua vita all’incanto di quando fu creata da Dio, l’Altissimo. Ho sentito spesso le sue parole, ho avuto tempo nei miei continui giri per appuntamenti medici, di tendere l’orecchio alla sue parole; mi hanno sempre turbato, le sento ora come una chiamata; devo poterlo incontrare.

 

Di me non sa niente e nemmeno potrà curarsi. Sono una donna maledetta, da evitare, impura; ma mi basterebbe toccargli il lembo del mantello. I miei avi quando vedevano un profeta gli andavano a toccare il lembo del mantello per carpirne la saggezza. Io voglio solo la salute, voglio tornare a vivere e lodare Dio nella quotidianità di una vita normale.

 

Ho dovuto soffrire, ma Dio, l’Altissimo, mi può ascoltare e a questo Gesù voglio affidarmi. Quel mantello è per me il segno della salvezza, la mia ultima spiaggia. E si fa coraggio, si mescola alla folla. Chi vuoi che se ne accorga di un gesto così semplice, nascosto, naturale, schivo? Ce ne sta di gente attorno a Lui. Infatti, i discepoli dicono: “La vedi bene la folla che ti sta addosso e stai a cercare chi ti ha toccato. Gesù tante volte sei proprio strano, incomprensibile!”

 

Lei l’aveva toccato, le si era fermata subito quella fastidiosa e mortale emorragia e si era sentita rifiorire la vita: una gioia immensa, una sensazione indescrivibile, una guarigione a lungo sospirata e condita di molti sfiduciati “ormai”. Invece.

Gesù sa quello che è accaduto. Ha sentito uscire da sé quella forza risanatrice, redentrice, capace di rifare nuova l’umanità che Dio Padre gli ha messo a disposizione per annunciare il suo regno, per ridire all’uomo che Lui, il Padre, non abbandona le sue creature, che è finito il tempo dell’attesa.

 

Lui Gesù vuole stabilire un contatto, un dialogo, vuole guardare negli occhi colei che ha salvato. La salvezza non è un furto, ma un dono d’amore e lo sguardo, gli occhi di Gesù la cercano, girano con il suo sguardo sulla folla. Dove sei o tu che hai così fede in me? Chi sei perché possa dirti la gioia di Dio Padre che ti ha ridonato la salute? Non nasconderti, non devi vergognarti, devi essere fiera di aver messo in me tutta la tua fiducia.

 

Non sono l’ultimo medico della tua trafila di sfruttatori, ma il primo e l’unico salvatore, il Signore della vita. Tieniti sempre cara questa fede che hai, questo desiderio di toccarmi che ti ha abitato per tanto tempo, tieniti sempre vicino a me; questa è la strada della vita. Da allora quella donna vogliamo essere tutti noi, quel mantello tutti volgiamo toccare, quella forza sentire dentro le nostre vene. Non è adrenalina, ma grazia di Dio, vita piena, sguardo d’amore di Gesù.

 

mons. Domenico Sigalini

http://http://www.dimensioni.org/

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