Stupenda e commovente la buona notizia che ci viene trasmessa: Dio non ha barriere, il suo cuore non ha steccati sì da poter essere racchiuso ... dentro un accampamento per i buoni, i pii e i giusti!
del 13 febbraio 2009
Commento alla liturgia di domenica 15 febbraio 2009
 
 
VI domenica del Tempo Ordinario
 
 
Letture:  Levitico 13, 1-2, 45-46           1° Corinzi 10, 31-11,1         Marco 1, 40-45
 
 
Preghiera notturna: abbiamo lasciato Gesù in preghiera “quando era ancora buio!” (Marco 1, 35). Le malattie, le infermità corporali e spirituali, le debolezze in cui si è imbattuto nella giornata trovano nella sua preghiera un’eco di speranza. Le sue sono mani alzate per l’umanità di tutti i tempi e sotto tutti i cieli.  Più volte il Vangelo mette in evidenza la preghiera di Gesù, di notte: sia perché di giorno era ‘assediato’ dalle folle, sia perché nella pace e nel silenzio di ogni cosa stare con il Padre acquista un sapore di intimità tutta speciale.
È proprio così: la preghiera notturna è speciale. È più faticosa, ma è anche più ricca e profonda. “Tocca il cuore di Dio in modo particolare” mi disse un giorno un sacerdote che di notti davanti al Signore ne passava tante. Anche i salmi sottolineano questo aspetto: “Quando penso a te nelle veglie notturne… Di notte innalzo a te il mio canto…”.
 
1. Il primo capitolo del Vangelo di Marco si chiude con Ges√π che incontra un lebbroso:
Leggiamo nel libro dei Numeri: “Si allontani dall’accampamento ogni lebbroso o chi è impuro per aver toccato un cadavere, perché non contaminino l’accampamento in mezzo al quale io abito” (5, 1-3).
Presso tutti i popoli i lebbrosi sono sempre stati considerati impuri e tenuti lontano dalla comunità, per timore del contagio. La ripugnanza causata da questa malattia è sempre stata molto forte, tanto che ancora oggi, presso alcune tribù, il lebbroso non viene sepolto assieme agli altri defunti, ma in un luogo separato: emarginato da vivo e da morto.
L’Antico Testamento considera spesso la lebbra come un castigo di Dio per il peccato: gli Egiziani sono stati colpiti da questo male e la stessa punizione è minacciata a Israele se non sarà fedele. Sul corpo dei lebbrosi c’era il marchio del loro peccato e il segno che dovevano essere rigettati ed emarginati nel nome di Dio!   Così pensavano!
Era compito dei sacerdoti stabilire chi fosse affetto da lebbra e prendere la decisione di allontanarlo dalla comunità. Chi presentava sintomi sospetti non poteva più mettere piede nel villaggio, era mandato a vivere in grotte, nei boschi, doveva portare vesti sbrindellate, non pettinarsi, in modo da venire riconosciuto anche da lontano e doveva gridare: “Sono immondo, sono immondo!”
Queste disposizioni possono apparire precauzioni di ordine igienico per evitare il contagio, ma l’emarginazione era determinata soprattutto dall’idea che i lebbrosi erano ritenuti maledetti da Dio!
 
2.      Dio non si rinchiude nell’accampamento!
Stupenda e commovente la buona notizia che ci viene trasmessa: Dio non ha barriere, il suo cuore non ha steccati sì da poter essere racchiuso … dentro un accampamento per i buoni, i pii e i giusti!
Vale la pena ricordare, in questo periodo di intolleranza religiosa, che lo sbaglio più grave che i cristiani possono fare è quello di omologare tutte le religioni. L’intolleranza è fanatismo, cecità, mancanza di rispetto, sopraffazione, paura del confronto… La verità va conosciuta, difesa con umiltà e coraggio, manifestata con la vita soprattutto. Gesù comunica la verità del cuore di Dio con i fatti… incontrando un lebbroso, commuovendosi e guarendolo!
 
3. “Commosso, lo toccò!”: quanto è lontano il Dio dei filosofi: impassibile, distante dalle concrete situazioni di vita degli uomini, incapace di vibrare nei suoi sentimenti… 
Il Dio cristiano (= quello che Gesù, il Figlio, ci svela) è
Ø         un Dio che si commuove di fronte alle folle che hanno fame di pane e non sanno dove andare, perché sono senza una guida, senza un pastore…; si commuove davanti al lebbroso, perché solo, indifeso, abbandonato, ….
Ø         un Dio che piange perché vede passare un funerale e si tratta del figlio  di una madre vedova…;
Ø         un Dio che sente il vuoto e il peso, che provoca la colpa e per questo sta volentieri con peccatori e prostitute…; non è la confessione un lasciarsi “toccare” da Gesù per essere guariti dalla lebbra del peccato?
Ø         un Dio che si rallegra nell’incontrare i piccoli, perché vede in essi rispecchiate l’innocenza e la fiducia del suo cuore…;
Il carico di sofferenza, di umiliazione, di disprezzo, di solitudine del lebbroso viene “toccato” da Gesù. Tutto si trasforma in questo incontro, grazie a questo toccare del Maestro che vale un abbraccio: cessa la maledizione e la bestemmia e a poco a poco sgorga la preghiera, la fiducia, l’accoglienza e l’abbandono… proprio come Gesù, che muore affidando la sua morte con tutta la sua vergogna e squallore alle mani del Padre! 
Questo vale per noi: come viviamo le situazioni difficili? Le malattie nostre o dei nostri familiari, lo sconforto, la solitudine, il fallimento, la delusione, il tradimento…? Ci sentiamo nelle mani di Dio solo quando tutto fila liscio o conserviamo questa certezza anche quando la prova si fa sentire? “Mi sento protetta nella mano di Dio!” scriveva Etty Hillesum dal campo di Westerbork, eppure la morte per lei era alla porta ogni giorno.
 
4. Il primo missionario: nonostante il comando al silenzio, il lebbroso guarito “cominciò a raccontare quello che gli era capitato!” Diventa così il primo missionario che non annuncia teorie, ma gioisce nel narrare quanto ha sperimentato. I segni della lebbra scomparsa sono ancora evidenti e lui li mostra compiaciuto: tutto è finito e gli incubi sono scomparsi! Può finalmente riabbracciare i suoi cari, rivedere gli amici di un tempo, tornare alla vita normale, fatta di lavoro, di amore, di allegria… 
        Prova a pensare chi sono i lebbrosi oggi; quali forme assume la loro lebbra… se nel tuo cuore c’è qualche sintomo di questa malattia e come puoi intervenire…. Com’è difficile essere sinceri e permettere che Gesù “tocchi” la nostra piaga che  puzza e si deteriora!
Io sono lebbroso: prega con me!
 
San Valentino! È la festa degli innamorati! Peccato diventata un po’ troppo commerciale.
Ma voglio pregare e fare gli auguri a tutti gli innamorati della vita, delle cose belle, grandi, coraggiose, impossibili… A tutti quelli che sognano l’amore e lo costruiscono con pazienza giorno per giorno, a tutti quelli che lo vivono nel silenzio, ma con uno sguardo ampio quanto il mondo. Come vedi si può essere “innamorati” anche a 62 anni!!! Eccome!
Faccio a tutti voi un augurio bellissimo che un mio amico tempo fa mi ha inviato:
'AUGURI a chi, come te,  insegue un sogno nella vita, ai tenaci, ai testardi e agli ostinati. A chi cade e si rialza, a chi ci prova sempre e a chi non molla mai. Perché sono loro quelli che guardano avanti. Quelli che sperimentano sempre, quelli che credono nel futuro e non smettono mai di sognare'.
 
don Gianni Ghiglione
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