Signore, ti perdono...

Quale qualità di preghiera offriamo ai nostri gruppi? Come facciamo pregare i giovani che frequentano le nostre parrocchie, i nostri oratori, i nostri incontri?Queste domande mi sono venute alla mente dopo un piccolo episodio capitato in un gruppo di ragazzi delle elementari...

Signore, ti perdono...

da Teologo Borèl

del 02 ottobre 2007

Quale qualità di preghiera offriamo ai nostri gruppi? Come facciamo pregare i giovani che frequentano le nostre parrocchie, i nostri oratori, i nostri incontri?

Queste domande mi sono venute alla mente dopo un piccolo episodio capitato in un gruppo di ragazzi delle elementari; durante il momento di preghiera, alla proposta di fare qualche intenzione personale, o di ringraziamento, o di richiesta, o di perdono, un bambino di terza elementare ha esordito così: “Signore, ti perdono perchè…”, concludendo, naturalmente, con una piccola disobbedienza nei confronti dei genitori.

E’ vero che è un caso singolo, ed è pur vero che nell’emozione un bambino di quell’età può anche sbagliarsi facilmente (forse non solo a quell’età!).

Ma la riflessione che mi è venuta ha un respiro un po’ più ampio: come educhiamo i bambini e i ragazzi alla preghiera?

Dice, a questo proposito, un teologo: “Forse nuoce l’insegnamento della preghiera quando si è bambini. Fatalmente suggerisce le formule più semplici che appaiono vuote di contenuto appena si cresce un poco e quindi si respingono senza rimpianti.”.

E’ vero? A me sembra, nella maggioranza dei casi, di sì. Capita spesso di adattare la preghiera, perchè troppo difficile; succede sovente di “arrangiare” un salmo perchè ha un linguaggio che i nostri ragazzi, pensiamo, non possono capire; avviene anche di inventare gesti o segni con l’intento, per altro buono, di attirare l’attenzione, facendolo però in modi e forme che poco hanno a che fare con la preghiera. Ci si trova così di fronte a giovani di vent’anni che probabilmente si ricordano ancora qualche “formula magica” (perchè in fondo è questo che gli insegniamo) per pregare, ma che non hanno ancora capito il legame che c’è tra la loro vita e la loro preghiera.

Forse molte volte ci dimentichiamo, anche per la preghiera, della dinamica del seme, che cresce solo a condizione di cadere nella terra e di morire; così per la preghiera dei bambini e dei ragazzi: può all’inizio risultare difficile, ostica, senza senso, addirittura vana, ma se si pianta nel fondo del loro cuore, può certamente portare buoni frutti. Forse l’ansia del presente ci spinge a cercare formule che facciano passare quei cinque minuti di preghiera, ma non ci rendiamo conto che poi ne va della preghiera di tutta una vita.

Ogni tanto mi chiedo perchè in famiglia si fa fatica a pregare prima dei pasti; non è forse che nei grandi incontri parrocchiali, nei campiscuola, nei ritiri, si suggeriscono modelli di preghiera che dicono da sé la fragilità e l’inutilità di quella preghiera? I vari canti, tra l’altro non sempre eseguiti al meglio, non danno forse più l’idea di un ritrovo in osteria che non di un incontro conviviale? O non direbbe molto di più l’importanza del pasto un Padre Nostro detto bene, con semplicità, dove tra l’altro si chiede il pane quotidiano?

Talvolta alla banalità di alcune preghiere si aggiunge il fatto che la preghiera, in determinate occasioni, bisogna proprio farla. Ora, una preghiera che risulti obbligatoria e per di più senza senso non può che avere come risultato l’allontanamento dalla preghiera stessa. Per restare nell’esempio delle preghiere del pranzo, chi lo fa fare a un giovane di vent’anni di pregare prima dei pasti quando da piccolo lo hanno obbligato senza fargli capire il perchè di quella preghiera?

 

Quanto detto non è forse condivisibile; resta, spero, condivisibile, la proposta di farsi un serio esame di coscienza, per verificare effettivamente qual è la qualità della preghiera che offriamo ai nostri bambini e ai nostri ragazzi.

 

AA.VV.

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