Sinodo: la lettera di 13 cardinali al Santo Padre

Alcuni vedono il rischio che l'assemblea sia pilotata. A loro Francesco ha risposto invitando a lasciar perdere...

Sinodo: la lettera di 13 cardinali al Santo Padre

 

Tredici cardinali, padri sinodali, sono i firmatari di una lettera a Papa Francesco nella quale sollevano questioni di metodo e paventano una regia pilotata per il Sinodo sulla famiglia per ottenere «risultati predeterninati». In particolare, i porporati chiedono conto della composizione della commissione chiamata a redigere il testo finale, e chiedono che i relatori dei circoli minori siano eletti e non nominati (eventualità questa dei nominati non eletti fatta balenare da alcuni circoli mediatici alla vigilia del Sinodo ma mai entrata nel novero delle possibilità).

 

Il testo originale della lettera indirizzata al Papa il primo giorno del Sinodo è in inglese, il vaticanista Sandro Magister sul suo sito ne fornisce la traduzione italiana, insieme all'elenco di tutti i firmatari. Che sono: Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna; Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto, Canada; Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York, Stati Uniti; Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht, Olanda; Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest, Ungheria, relatore generale del Sinodo; Gerhard L. Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede;Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, Sudafrica, presidente delegato del Sinodo; George Pell, Prefetto della Segreteria per l'economia; Mauro Piacenza, Italia, Penitenziere maggiore; Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino; Angelo Scola, arcivescovo di Milano; Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, Venezuela; André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, Francia, presidente delegato del Sinodo.

 

Nella lettera i tredici cardinali, i quali affermano di aver raccolto anche le preoccupazioni di altri padri sinodali, criticano l'Instrumentum laboris, il documento preparatorio del Sinodo, affermando: «Ha anche sezioni che trarrebbero vantaggio da una sostanziale riflessione e rielaborazione». Quindi criticano «le nuove procedure» che «sembrano assicurare un'influenza eccessiva sulle deliberazioni del Sinodo e sul documento sinodale finale».

 

«Le nuove procedure sinodali - si legge ancora nella lettera - saranno viste in alcuni ambienti come mancanti d’apertura e di genuina collegialità». I cardinali non citano questi «ambienti» ai quali si riferiscono ma è evidente che queste perplessità sono le loro. «Nel passato, il processo di presentare proposizioni e di votarle serviva allo scopo prezioso di misurare gli orientamenti dei padri sinodali. L'assenza di proposizioni e delle relative discussioni e votazioni sembra scoraggiare un dibattito aperto e confinare la discussione ai circoli minori; quindi ci sembra urgente che la redazione di proposizioni da votare dall'intero sinodo dovrebbe essere ripristinata. Il voto su un documento finale arriva troppo tardi nel processo di completa revisione e di aggiustamento del testo».

 

In un altro paragrafo della lettera i tredici porporati scrivono: «La mancanza di una partecipazione dai padri sinodali alla composizione della commissione di redazione ha creato un notevole disagio. I suoi membri sono stati nominati, non eletti, senza consultazione. Allo stesso modo, chiunque farà parte della redazione di qualsiasi testo a livello dei circoli minori dovrebbe essere eletto, non nominato».

 

«A loro volta, questi fatti hanno creato il timore che le nuove procedure non siano aderenti al tradizionale spirito e finalità di un sinodo. Non si capisce perché questi cambiamenti procedurali siano necessari. A un certo numero di padri il nuovo processo sembra configurato per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse».

 

Infine, i tredici cardinali esprimono «la preoccupazione che un Sinodo progettato per affrontare una questione pastorale vitale – rafforzare la dignità del matrimonio e della famiglia – possa arrivare ad essere dominato dal problema teologico/dottrinale della comunione per i divorziati risposati civilmente. Se così avverrà, ciò solleverà inevitabilmente questioni ancora più fondamentali su come la Chiesa, nel suo cammino, dovrebbe interpretare e applicare la Parola di Dio, le sue dottrine e le sue discipline ai cambiamenti nella cultura».

 

A questa lettera hanno risposto il giorno successivo in aula il Segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, e lo stesso Papa Francesco. Il primo ha spiegato che i firmatari hanno preso un abbaglio parlando di cambiamenti di procedura riguardanti la commissione incaricata di redigere il documento finale e riguardo la nomina dei relatori dei circuli minores.

 

Per quanto riguarda la prima obiezione, Baldisseri ha spiegato che fino al Sinodo straordinario 2014 la redazione del documento finale era affidata a tre-quattro persone della Segreteria generale. È stato Francesco a volerla allargare, associandovi un padre sinodale per ogni continente. Mai questa commissione era stata eletta dall'aula. Inoltre, risulta errata anche la previsione, anticipata da circoli mediatici contigui ai firmatari, di una mancata elezione dei relatori e dei moderatori dei gruppi di lavoro minori. Come già avvenuto nel 2014, i relatori e i moderatori dei circuli minoressono stati eletti dai padri e non nominati. E le relazioni di questi circoli, come avvenuto l'anno scorso, sono state rese pubbliche integralmente.

 

Come si ricorderà, Francesco aveva citato l'«ermeneutica cospirativa», definendola quella «sociologicamente più debole» e «teologicamente» più divisiva. Come dire: è l'esatto opposto di ciò che siamo chiamati qui a fare, basta con questa mentalità che vede trame e complotti dappertutto. Le sue parole sono state salutate con un applauso.

 

Il Papa aveva anche precisato, che «la dottrina cattolica sul matrimonio non è mai stata toccata, nessuno l’ha messa in questione già nell’assemblea straordinaria, è conservata nella sua integrità» e ha suggerito ai padri di non farsi «condizionare» riducendo l’orizzonte «come se l’unico problema fosse quello della comunione ai divorziati risposati».

 

 

Andrea Tornielli

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