Il brano è ritagliato all'interno del celebre “settenario dei sigilli” aperti. Ciò che è sigillato è ignoto e misterioso; quando si spezza il sigillo, si ha la rivelazione di un contenuto raccolto nel libro della vita, che Dio solo conosce e custodisce...
del 30 ottobre 2009
SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI
1 novembre 2009
 
 
Letture:    Apocalisse 7, 2-4. 9-14                     1 Giovanni 3, 1                             Matteo 5, 1-12 
Vorrei soffermarmi con te sulla prima lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse.  Il brano è ritagliato all’interno del celebre “settenario dei sigilli” aperti. Ciò che è sigillato è ignoto e misterioso; quando si spezza il sigillo, si ha la rivelazione di un contenuto raccolto nel libro della vita, che Dio solo conosce e custodisce. È la manifestazione del significato ultimo della storia umana nel suo groviglio di bene e di male e nel suo destino di giudizio e di salvezza. Il testo della liturgia appartiene alla tappa del sesto sigillo.
Due sono i quadri che si presentano ai nostri occhi.
 
1. Una folla sterminata: il primo quadro è popolato da 144.000 persone, un numero simbolico che indica totalità e immensità e che ha come riferimento le dodici tribù del popolo di Dio, esaltate al quadrato e moltiplicate per mille (12x12x1000= 144.000). L’Apocalisse gioca sovente sui numeri per dire delle cose che solo gli iniziati possono comprendere. Se non si tiene conto questo, si diventa fondamentalisti e si pensa che il Paradiso sia abitato solo da 144.000 persone (vedi i Testimoni di Geova!).
Significativi sono i tratti di questa marea umana:
 
q       Gli eletti sono “segnati in fronte col sigillo del Dio nostro”: l’autore evoca un passo del profeta Ezechiele: “Il Signore disse all’uomo vesto di bianco: Passa attraverso la città di Gerusalemme e segna con un tau (l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, ma anche sinonimo di ‘firma’) la fronte degli uomini che gemono e sospirano per tutti gli abomini che vi si compiono” (9, 4). I giusti appartengono quindi a Dio, portano il segno dell’appartenenza a lui (questo è il significato del tau). I Santi sono per eccellenza gli uomini e le donne di Dio, appartengono alla sua famiglia e portano il suo nome.
 
q       “Da ogni nazione, razza, popolo e lingua”: provengono da tutte le tribù d’Israele ma anche da ogni angolo della terra. I confini sono abbattuti, le culture superate. La santità non è appannaggio di un’area geografica e neppure di un unico ambito spirituale. “Dio infatti vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Timoteo 2, 4). È per questo che “non c’è più né giudeo né greco, non c’è più né schiavo né libero, non c’è più né uomo né donna perché tutti sono uno in Cristo Gesù” (Galati 3, 28).
 
q       Le “vesti candide”: rese tali però attraverso una via a prima vita contraddittoria: “Hanno reso candide le loro vesti col sangue dell’Agnello”.  Anzitutto il bianco nel simbolismo dei colori dell’Apocalisse rappresenta la divinità, la luce perfetta, l’eternità. Questa viene raggiunta attraverso il sangue, cioè attraverso il martirio, la fedeltà nella “grande tribolazione”, nella persecuzione (quante persecuzioni nell’Impero romano contro i cristiani nei primi 3 secoli!), nella prova. Abbiamo qui la celebrazione dei martiri, ma anche di tutti coloro che portano “ogni giorno” la croce, come aveva detto il Maestro. E San Paolo a Barnaba aggiungeva: “E’ necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio”.
 
 
q       “Portavano palme nelle mani”: nel mondo romano la palma veniva agitata nei trionfi imperiali; è quindi segno di vittoria e di gloria; è la felicità raggiunta con un’esistenza fedele, è la comunione con Dio, cui approda il giusto dopo una vita buona. Già il libro della Sapienza ammoniva: “Agli occhi degli stolti parve che i giusti morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace!” (3, 2-3).
 
2. Un coro che canta a gran voce: la folla dei salvati partecipa a una corale liturgia celeste, tutta percorsa da canti, inni, festosità, acclamazioni. L’Apocalisse descrive la vita eterna con Dio come una festa continua, animata dalla musica (ci sono concerti di trombe, solisti, cori, arpe e strumenti vari…)  Canta e suonare è simbolo di contemplazione e di gioia, di amore e di felicità. Gesù aveva detto: “La vita eterna è conoscere te, l’unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Giovanni 17, 3)
 
Il testo dell’Apocalisse ci ha così delineato il ritratto del santo:
 
q       egli appartiene solo a Dio,
q       è presente in ogni angolo della terra e in ogni epoca della storia,
q       vive con fedeltà anche nella prova, seguendo il Maestro sulla via della croce,
q       giunge alla meta dell’eternità dove per sempre vivrà nella gioia
 
3. Le Beatitudini e il Padre nostro: in questi giorni mi è venuta questa idea che non so fino a che punto sia vera. A me è sembrata carina e la condivido con te, lasciando alla tua riflessione la scoperta del nesso e del perché di tali abbinamenti. Se vuoi puoi anche inviarmi un tuo parere.
Mi è sembrato di vedere uno stretto legame tra le Beatitudini (il Vangelo dalla festa di tutti i Santi), che sono il manifesto della santità cristiana e le invocazioni del Padre nostro. Ecco
 
o       Padre nostro che sei nei cieli
§         Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli
o       Venga il tuo regno
§         Beati i miti perché erediteranno la terra
§         Beati gli operatori di pace perché di essi è il regno di Dio
o       Sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra
§         Beati i puri di cuore perché vedranno Dio
o       Dacci oggi il nostro pane quotidiano
§         Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati
o       Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
§         Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia
o       Non lasciarci cadere nel momento della prova
§         Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di mael contro di voi per causa mia
o       Liberaci dal male
§         Beati gli afflitti perché saranno consolati
 
4. SANTI SI DIVENTA: non si nasce santi, ma si diventa santi attraverso un cammino sempre più simile a come è vissuto Gesù.
Ma cosa si deve fare per farsi santi?
Un giorno un ragazzo, Domenico Savio, pose questa domanda a don Bosco e si sentì dare questa ricetta:
 
Ø      Una costante e moderata allegria
Ø      Esatto adempimento dei doveri di studio e di pietà
Ø      Far del bene ai compagni
 
“E’ volontà di Dio che ci facciamo santi. È facile farsi santi. È preparato un grande premio in cielo a chi si fa santo!” aveva predicato don Bosco e Domenico Savio ne era rimasto molto impressionato al punto che da quel momento aveva intrapreso un cammino deciso e impegnato per farsi santo. 
 
Dio ci vuole santi, cioè tutti suoi, pieni della sua grazia, del suo amore da diffondere a piene mani agli altri nelle opere di carità.  “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è in cielo!”: questa è la méta che ci ha indicato Gesù, il comando che ha dato ai suoi discepoli, a noi cristiani.
 
Se vuoi iniziare, i primi passi devono andare nella direzione della preghiera e dei sacramenti (Confessione e comunione); inoltre, soprattutto se sei giovane, il consiglio è quello di cercarti una guida nelle cui mani metti la tua buona volontà. Sarà lui, con l’aiuto di Dio, a farti camminare. A te è chiesta solo la buona volontà.
 
Tanti auguri e una santa e gioiosa festa!                                                            
 
don Gianni
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