Sono giovani e ubriachi. Per scelta

Inchiesta del Corriere della Sera che evidenzia come si stia diffondendo in modo preoccupante la piaga dell'alcolismo tra i minorenni. Le occasioni non mancano tra feste, discoteche ed happy hour e sempre più spesso si cerca lo sballo solo per il gusto di sballarsi 'legalmente'. Il Nord-est ha il triste primato in Italia

Sono giovani e ubriachi. Per scelta

da Attualità

del 03 luglio 2008

Ci avviciniamo ai Paesi del Nord Europa ma non è una buona notizia. Anzi. Un tempo per i giovani italiani si parlava di consumo «moderato»: di solito a casa, mezzo bicchiere di vino per il pranzo della domenica, magari sotto lo sguardo orgoglioso di papà e il sopracciglio alzato della mamma. Poi è arrivato il vento del nord: happy hour (paghi meno se bevi il pomeriggio), nuove bibite alcoliche mascherate da simpatici succhi di frutta. E il diffondersi di quella che un tempo si chiamava ciucca del sabato sera e che adesso in termini tecnici prende il nome di binge drinking: bere non per il piacere di farsi una birra o un prosecco ma con l'obiettivo scientifico di ubriacarsi. I risultati li ha messi in fila l'Osservatorio nazionale alcol dell'Istituto superiore di sanità. Un confronto fra la situazione di oggi e quella di 10 anni fa che fa davvero spavento. Specie per le ragazze e in generale per la fascia d'età più bassa, sotto i 17 anni.

Considerando l'intera popolazione senza distinzione d'età, la fetta di italiani che dichiarano di consumare alcol almeno una volta alla settimana è stabile, intorno al 70 per cento. Ma non è stabile affatto il dato che riguarda i ragazzi tra i 14 e i 17 anni, passato dal 5,1 al 7 per cento. In dieci anni sono aumentati di quasi la metà. Vale la pena di ricordare (perché non tutti lo sanno e molti fanno finta di non saperlo) che in Italia è vietato vendere alcolici a chi ha meno di 16 anni. Ma da noi si comincia ben prima: 11 anni, contro una media europea che galleggia intorno a quota 13. La situazione diventa ancora più preoccupante se si entra nei locali frequentati dai ragazzi. Nei mesi passati gli esperti dell'Osservatorio nazionale sull'alcol sono andati in giro per le discoteche italiane a intervistare i ragazzi e a studiarne i comportamenti al bancone. Si beve, senza distinzioni d'età e di orario. Con buona pace del limite dei 16 anni e anche di quello che scatta per tutti, maggiorenni compresi, alle 2 di notte. Prima di entrare in discoteca si passa al supermarket a fare la spesona, e anche questa è una moda che viene dal Nord Europa. Birra e superalcolici costano meno. E basta travasare il tutto in bottiglie più piccole per avere il cicchetto sempre a disposizione a bordo pista. Il risultato? Tra i giovani fra i 16 e i 25 anni bevono tre su quattro, il 74 per cento. Se si scende sotto i 15 anni non cambia quasi nulla: beve il 67 per cento. La legge praticamente non esiste. È sabato sera e che sarà mai? Errore. L'Organizzazione mondiale per la sanità ricorda che al di sotto dei 16 anni l'organismo umano non è in grado di metabolizzare l'alcol. Un veleno capace di mandare in tilt il fegato e il sistema nervoso centrale. La capacità di smaltire questa sostanza, che ricorda l'Oms è tossica e potenzialmente cancerogena, si completa tra i 18 e i 20 anni. Per cui anche a quell'età non bisognerebbe bere più di un bicchiere al giorno.

Per capire come siano le ragazzine i soggetti più a rischio conviene restare vicino agli esperti dell'Osservatorio nazionale sull'alcol nel loro viaggio in discoteca. Abbiamo già visto che beve il 67 per cento dei giovanissimi sotto i 15 anni. In questa speciale categoria le ragazzine fanno peggio dei ragazzini: il 31 per cento di loro supera i due bicchieri contro il 25 per cento dei loro compagni. E con l'età le cose non migliorano. Dieci anni fa diceva di bere almeno una volta alla settimana il 53,7 per cento delle ragazze fra i 18 e i 19 anni. Adesso siamo arrivati al 60,9 per cento. Quello che si impara da piccoli si conserva da grandi. Secondo uno studio del Centro alcologico della Regione Lazio non rinuncia ad almeno un bicchiere di vino al giorno la metà delle donne incinte. Con il risultato che 47 bambini ogni mille nascono con la cosiddetta sindrome fedoalcologica, e cioè problemi vari che vanno dai deficit di apprendimento alle difficoltà di socializzazione. Alcolizzati senza mai aver preso un bicchiere in mano.

È un altro segnale di come la situazione stia peggiorando. Il binge drinking, bere esclusivamente allo scopo di ubriacarsi, è cresciuto nel 2007 di circa il 5 per cento rispetto a dieci anni prima. Una pratica che si ferma all'1,9 per cento dei ragazzi, ma forse sarebbe meglio chiamarli bambini, tra gli 11 e i 15 anni. E che raggiunge il valore più alto (17,2 per cento) tra i 20 e i 24 anni, quando ormai i ragazzi sono diventati professionisti e si buttano sui cocktail. Il fenomeno è più diffuso nel Nord Est, dove coinvolge un ragazzo su dieci al di sotto dei 29 anni. Un po' meno nel Nord Ovest (8,6 per cento) e al Sud dove si ferma al 7 per cento.

Non è certo una consolazione ma il boom dell'alcol fra i giovani non è un problema solo italiano. In Grecia gli ultimi dati dicono che si comincia a 12 anni, in Australia un quattordicenne su cinque si ubriaca almeno una volta alla settimana. I rispettivi governi hanno promesso di intervenire. Anche l'Unione Europea ha detto la sua. Con numeri che non hanno bisogno di commenti: nel vecchio continente un giovane su quattro tra quelli che muoiono tra i 15 e i 29 anni muore a causa dell'alcol, una buona metà dopo un incidente stradale provocato dalla guida in stato d'ebbrezza. E a chi sostiene — a ragione, certo — che le industrie del settore danno lavoro ad un buon numero di persone, l'Ue ha risposto sullo stesso terreno, quello inattaccabile dell'economia: il consumo di alcol, in termini di cure mediche, costa ai Paesi dell'Ue il 5 per cento del Pil. Da qui l'invito (ottimistico) di ridurre a zero il numero dei bevitori sotto i 15 anni entro il 2010.

Alla fine dell'anno scorso l'allora ministro della Salute Livia Turco aveva proposto di innalzare da 16 a 18 anni l'età minima per poter acquistare alcolici. Non se ne è fatto nulla. Resistenze trasversali e anche la scelta di una linea diversa: prevedere sanzioni più severe per chi guida in stato d'ebbrezza. Ma i giovanissimi non guidano e quindi per loro nessuna novità. Il nuovo governo potrebbe riesaminare la pratica: «Portare il limite di acquisto dai 16 ai 18 anni mi sembra una buona idea» dice Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle tossicodipendenze. «Così come sarebbe bene — aggiunge — estendere il divieto nelle discoteche dalle due in poi, non solo per i minori ma per tutti, anche a pub, bar e chioschi vari». Proprio i posti dove i ragazzini vanno a fare la scorta prima di lanciarsi in pista.

Lorenzo Salvia

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