Ora s'introduce un cambiamento essenziale con l'apostolo Paolo. Egli mette in risalto la Morte di Cristo come Redenzione: oggetto della fede diventa la Morte redentrice di Cristo.
del 10 novembre 2009
 
 
 
Mentre viveva, Gesù Cristo era il modello; il compito della fede era di non scandalizzarsi di questo singolo uomo ch'era Dio, ma credere; e poi seguire Cristo, divenire Suoi discepoli.  
 
Poi Cristo muore. Ora s'introduce un cambiamento essenziale con l'apostolo Paolo. Egli mette in risalto la Morte di Cristo come Redenzione: oggetto della fede diventa la Morte redentrice di Cristo.
 
Così il Modello, nella sua qualità di Modello, si allontana sempre di più. Mentre Cristo viveva, e dunque il Modello si muoveva sulla terra, l'esistenza era come spezzata: l'Assoluto spezza sempre l'esistenza.
 
Ora avviene il cambiamento. Il Modello è travisato così che prono la sua Morte, la Morte redentrice, è ciò che si mette in rilievo.
 
Mentre l'Apostolo predica questa dottrina, la sua vita intanto esprime l'imitazione. Ma perché non avvenga nulla di sacrilego, come se l'Apostolo pensasse di raggiungere Cristo con la sua imitazione, ecco ch'egli allontana l'attenzione dall'imitazione e la fissa modo decisivo sulla Morte redentrice del Modello.
 
Questo è il cristianesimo per noi uomini. La vita di Cristo sulla terra è un cristianesimo quale nessun uomo è in grado di sopportare. Poi, con l'andar del tempo, l'imitazione fu di nuovo accentuata modo sbagliato. Lutero poi diede a sua volta alla cosa la sua piega giusta.
 
Ma ora si abusa di Lutero, tralasciando l'imitazione e prendendo la «Grazia» invano.
 
L'imitazione è necessaria, ma non in modo che uno diventi importante ai propri occhi per causa sua, ovvero pretenda meritare la beatitudine per suo mezzo. No, la Grazia deve essere la cosa decisiva.
 
Ma se ci deve essere la situazione vera, la «Grazia» deve essere predicata da chi ha una vita ch'esprime proprio l'imitazione nel senso più rigoroso. Se colui che predica la Grazia è uno la cui vita esprime il contrario, si finisce per prendere la Grazia invano. No, ma quando predica la Grazia uno la cui vita esprima anzi rigorosamente l’imitazione, allora si ha la situazione vera e la Grazia è tenuta veramente in pregio. Quanto più potrà sembrare che un tale abbia del rito agli occhi degli uomini, tanto più vera sarà allora la sua predicazione ch'è cioè solo per la Grazia che l'uomo si salva.
 
Si vede ancora qui che il cristianesimo dipende da colui che lo predica, e che quindi è quanto mai lungi dall'essere «una dottrina».
 
 
(Da S. Kierkegaard, Diario, a c. di Cornelio Fabro, Brescia, Morcelliana, 1980-1983,vol. VIII, pp. 88-90)
 
S√∏ren Aabye Kierkegaard
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