“Splendete come astri nel mondo”: Lettura biblica e salesiana

la sfida che quest'anno il successore di don Bosco ci pone è grande: quanto siamo segno gli uni per gli altri di stima reciproca, di ardore e passione per Dio, di umiltà di fronte alla vocazione ricevuta... ?

“Splendete come astri nel mondo”: Lettura biblica e salesiana

da MGS News

del 02 ottobre 2008

«Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami» (Mt 13, 31-32)

 

“Il 150° anniversario della Congregazione Salesiana è un’occasione per riflettere sull’idea originaria di Don Bosco circa il “movimento salesiano”, con la fondazione dei primi gruppi: Salesiani di Don Bosco, Figlie di Maria Ausiliatrice, Salesiani Cooperatori e Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice. Prendendo spunto dalla parabola usata da Gesù per spiegare il dinamismo del Regno di Dio, mi azzardo a dire che il seme piantato da Don Bosco è cresciuto fino a diventare un albero frondoso e robusto.

 

 

Ci si spoglia non lasciando ma assumendo: Cristo non smette di essere il Figlio di Dio ma permette che questa sua identità gloriosa non sia la prima ad apparire: in primo piano infatti c’è non un Dio ma uno schiavo (completa condivisione dell’umanità e apparenza esterna).

 

Gesù svuota se stesso fino alla fine per calarsi in quell’abisso di morte e di peccato dove la sua pecora si è smarrita. Ciò che lo spinge è la gioia nostra, la salvezza piena di coloro che sono oggetto dell’amore del Padre suo.

 

Qual è la testimonianza cristiana? Cosa significa essere testimoni? Testimoni di chi?

Testimoniare significa dire con coraggio, perché lo si è sperimentato, che Colui che è la radice e il senso della testimonianza è vero, è valido, affidabile.

Ci rendiamo conto cosa significa essere testimoni del Crocifisso Risorto?

La prima e fondamentale testimonianza da rendere è la nostra speranza, la concreta esperienza dell’amore di Gesù che ha raggiunto la mia vita, anzi nel quale e entro il quale la mia vita c’è, esiste, ha senso.

 

  

 

 

Testimoniare Gesù crocifisso risorto significa amare fino al sacrificio questo mondo nel quale e per il quale è sorta una luce.

 

        La luce splende nelle tenebre…

        Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo…

        Io sono la luce del mondo…

 

Testimoniare significa offrire l’amore proprio là dove l’amore non trova casa.

Offrirlo insieme, come comunità, come famiglia di peccatori perdonati. Imparare a lasciar lavorare lo Spirito nei nostri cuori, perché scaldi ciò che è gelido, perché ci doni di portare luce, come un oggetto di metallo che a contatto col fuoco diventa incandescente e luminoso, abbagliante e diffusore  di calore. 

Il contesto in cui Paolo invita a splendere come astri è la vita comunitaria: avere gli stessi sentimenti di Gesù, fare tutto senza mormorazioni e senza critiche. Avere gli stessi sentimenti di Gesù: chiediamoci ogni tanto come Gesù amava, chi prediligeva…

Solo all’interno di una comunità, di una famiglia, si può testimoniare l’amore di Gesù, perché è solo spogliando se stessi perché l’altro sia più ricco, abbia gioia, che diventa carne la dedizione di Gesù al Padre nello Spirito per la salvezza di ogni uomo.

 

Essere astri, costellazioni, che non giudicano il mondo, che non recriminano verso il buio nel quale è immerso, che non si gongolano e compiacciono della luce che fanno, che ringraziano di essere luce proprio per quel mondo e non un altro, quella famiglia e non un’altra, quell’oratorio o quella scuola e non altri, quella classe o quei colleghi e non altri. Lieti che qualcuno possa fare la stessa esperienza: conoscere quanto e quale è il buio del nostro cuore e ringraziare perché entro quel buio e per quel buio è sorta e sorge sempre nuova la luce della presenza di Gesù. Essere la luce di Dio là dove c’è solo tenebra. E quando Dio dona questo, c’è tutt’altro che esaltazione (cfr. don Bosco, Madre Teresa): c’è solo umiltà, quella vera!

 

Essere astri nel mondo, che brillano non di luce propria:

 

nella tua famiglia: svuotati…  assumi…

nella tua classe, tra i tuoi compagni di studio: svuotati…  assumi…

con i tuoi amici: svuotati…  assumi…

nel tuo lavoro, con i colleghi: svuotati… assumi…

con le persone che non riusciamo ad accogliere: svuotati… assumi…

con i ragazzi che animi: svuotati…  assumi…

come gruppo dell’oratorio: svuotiamoci…assumiamo…

come gruppo della Famiglia Salesiana: svuotiamoci…assumiamo…

 

 

Questo amore per chi è più lontano dall’amore è stato ed è il modo di amare di Gesù. Ed è stato il modo, lo stile, la passione, la vita di don Bosco.

 

La vestizione clericale:

 

“Quando mi comandò di levarmi gli abiti dissi in cuor mio: Oh quanta roba vecchia c’è da togliere! Mio Dio, distruggete in me tutte le mie cattive abitudini. Quando poi mi diede il collare mi sentii tutto commosso e aggiunsi tra me: Sì, o mio Dio, fate che in questo momento io vesta un uomo nuovo, cioè che da questo momento io cominci una vita nuova, tutta secondo i divini voleri, e che la giustizia e la santità siano l’oggetto costante dei miei pensieri, delle mie parole e delle mie opere. Così sia. O Maria, siate voi la salvezza mia”.

 

Per don Bosco quel momento segna una svolta nel suo cammino: per lui vestire l’abito clericale significherà scegliere con coraggio e per sempre la veste del servo dei giovani, servo di Dio consegnato da Lui ai giovani. Significherà rinunciare a tutto pur di “salvare anime”, essere pronto a dare tutto, senza tentennamenti, per la salvezza dei giovani, portare sulle proprie spalle il peso della sofferenza di tanti giovani da offrire al Signore. Significherà amare il mondo dei giovani, così diverso dal suo, dal suo contesto, dalle sue abitudini (la città e non più la campagna), cercare di splendere in quel mondo, cercare di essere trasparenza della luce di Gesù che aveva infiammato il suo generoso e tenace cuore. É la dinamica del seme caduto in terra che muore per portare frutto, un frutto che moltiplica la semente.

Questa è la testimonianza che don Bosco ha reso con tutta la sua vita: una povertà abitata dalla grazia, un lavorio instancabile su di sé non per aspirare alla propria perfezione ma per dare spazio totale allo Spirito, una tenerezza ed un’umanità ricca e comunicativa per far sperimentare che Dio ama davvero, in modo concreto, nei gesti e nelle parole dei fratelli.

 

 

Come Famiglia Salesiana, la sfida che quest’anno il successore di don Bosco ci pone è grande: quanto siamo segno gli uni per gli altri di stima reciproca, di ardore e passione per Dio, di umiltà di fronte alla vocazione ricevuta… ?

Non si tratta di unire le forze per essere più potenti: in un oratorio, in una scuola, in una parrocchia o comunità, non è il potere che fa crescere il Regno di Dio: il seme del Regno cresce come, dove e quando, il seminatore stesso non sa.

La nostra fede, la nostra vocazione, la nostra missione, sono nascoste nel cuore di Dio, nel suo mistero d’amore. Ma lo sono anche la vita, la vocazione, la fede, di tutti i giovani, delle persone che Dio ci affida e ci fa incontrare. Nessuno seguirà mai una luce che si spegnerà con noi: ogni uomo, ogni donna, cerca e ha diritto di scoprire dentro sé la luce che illumina i suoi passi, la luce della presenza di Dio, più intimo a noi di noi stessi.

 

 

 

Mestre, 13-14 settembre 2008

Meeting MGS Triennio e oltre

 

 

don Stefano Mazzer

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