Gioia? Euforia? Divertimento? Di cosa spri(t)ziamo veramente noi giovani? Con i nostri atteggiamenti dimostriamo di essere persone responsabili, magari riuscendo a fermarci prima di perdere il controllo, o confermiamo i dubbi che le generazioni più avanti hanno circa la nostra incapacità di avere limiti?
del 29 luglio 2007
HAPPY BRINDISI
Fino a non molto tempo fa, quello dell’aperitivo era un rito che spettava ai lavoratori, per lo più managers e imprenditori che, dopo una lunga giornata di lavoro, si concedevano un’oretta di svago e di chiacchiere davanti a un bicchiere di vino insieme ad amici e colleghi, prima di tornare a casa. Negli ultimi anni, questa moda è dilagata fino a raggiungere più o meno tutti, dagli adolescenti ai pre-adolescenti addirittura, rendendo questo momento un’occasione di incontro e conoscenza come, e forse più, delle uscite del sabato sera (che sempre più si organizzano a partire dal pre-dinner, a differenza di qualche anno fa quando si usciva dopo cena, o al massimo per una pizza o una cena in compagnia). Questa moda è dilagata a tal punto che, per sottolineare la bellezza di questo momento, è stato coniato il termine “happy hour”, “ora felice”.
 
E fin qui tutto bene. Il problema nasce quando il momento dell’aperitivo si trasforma nell’ennesima occasione di “fare festa” spingendosi all’eccesso, cosa che negli ultimi anni ha raggiunto i massimi vertici, facendo scattare allarmi sociali a causa dei grandi pericoli che l’abuso di alcol comporta.
Questo argomento è stato trattato e ritrattato, psicoanalizzato e discusso da esperti e non, indagato e scannerizzato, ma qui noi non vogliamo spendere le classiche (e a volte troppo retoriche) parole su come l’alcol sia pericoloso e perderci in quei discorsi le cui conclusioni sono sempre le stesse. Piuttosto cerchiamo una soluzione che possa rendere contenti tutti e che non sia necessariamente l’astinenza (anche perché le critiche sono fatte nei confronti dell’abuso, non del consumo ragionato): la via di mezzo.
 
IN VINO VERITAS?
Uno dei filosofi greci più importanti, Aristotele, professava la filosofia de“ l’ aurea mediocritas”, espressa dalla frase, ormai diventata un moto, “in medio stat virtus?”, che vuole indicare che gli eccessi non sono mai la soluzione migliore.
Dopo di lui, un autore latino, Orazio, ha trattato nuovamente l’argomento, cioè la questione del “giusto mezzo”, l’ideale equilibrio esistenziale che, a detta dell’autore, caratterizza il saggio.
L’aurea mediocritas non è quello spiacevole difetto che noi intendiamo come sinonimo di meschinità e di incapacità (di scegliere, di schierarsi…), bensì una vera e propria virtù, la preziosa ed equilibrata saggezza di colui che non eccede mai.
 
Cosa vuol dire questo?
Vuol dire che nessuno impone uno stile di vita proibizionistico, sarebbe surreale e ridicolo, ma semplicemente è un suggerimento che vuole portare le persone a riflettere per trovare un equilibrio,  tenendo d’occhio sé stessi, senza annientarsi per seguire la massa e cercando di essere coerenti con le scelte di vita prese (soprattutto se queste implicano una responsabilità sociale in quanto educatori o animatori). Perché, diciamocelo, uno spritz o una birra in compagnia non hanno mai ucciso nessuno e non sono mai stati elementi di discriminazione negli ambienti salesiani (“Il sabato sera esci e bevi birra? Non va bene..” è una frase che non si è mai sentita!), ma quando l’aperitivo si compone di due o tre spritz, durante la cena si bevono un paio di birre e dopo cena “si esce a bere qualcosa”, allora lì siamo di fronte ad un problema.
Un problema di tipo medico, sicuramente, ma anche e soprattutto un problema di tipo personale: ordinare una birra piuttosto di un succo non da fastidio a nessuno, ma perdere i freni inibitori e il controllo ogni qualvolta se ne presenti l’occasione sono gesti che dovrebbero spingere a riflettere sul perché di questa scelta, che in ogni caso è sbagliata (sia se la risposta è “perché mi piace”, sia se questa è “perché lo fanno tutti, è di moda”), soprattutto se questo discorso viene riferito a ragazzi di 14-15 anni, a volte anche meno.
La risposta che più spesso ci si sente dare alla domanda: “Perché lo fai?” è: “perché è un modo per divertirmi con i miei amici”. Ma cos’è il divertimento?
 
A TUTTA BIRRA
Il divertimento è diventato un must nella cultura moderna, giovanile e non, inteso come assoluta realizzazione dei propri desideri, anche e soprattutto quelli più estremi e provocatori. Davvero l’unico divertimento sta nel “distruggersi” tutti i sabati sera, risvegliandosi poi la mattina dopo con un gran mal di testa, senso di nausea e la vaga sensazione di aver fatto qualcosa la sera prima, ma senza essere capaci di descriverlo perché è diventato un ricordo annebbiato? Non è così, perché io per prima ho vissuto esperienze di feste in cui l’euforia generale e il clima rilassato e vivace hanno portato a non fermarsi a pensare se proprio fosse necessario quel brindisi in più, e tra i lettori credo che in pochi possano dire di non aver mai superato il limite (anche solo aver provato il senso di euforia dato da un bicchiere di più bevuto rispetto al solito). Ed è proprio grazie a queste esperienze che ora il consiglio è quello di pensare bene a che cosa si sta facendo quando ci si sente già “allegri” eppure non si pone un freno al desiderio di andare avanti. Fermarsi per chiedersi se questa scelta non avrà delle conseguenze, se davvero è necessario e buono andare avanti.
 
Questo discorso può poi essere esteso a molti altri ambiti e implicare riflessioni di carattere molto ampio, senza necessariamente concentrarsi su aspetti “critici” della nostra età e del nostro tempo.
Un esempio: la scuola. Essere assolutamente menefreghisti nei confronti del proprio impegno scolastico disinteressandosi completamente delle proprie responsabilità non è corretto, né per sé stessi né nei confronti di chi fatica per farci studiare; d’altro canto non è neanche giusto essere completamente ed esclusivamente dediti allo studio, dimenticandosi che la vita è composta da molte altre cose. Dove trovare allora la soluzione? Nella via di mezzo! Un giusto impegno scolastico che lasci spazio per coltivare i propri interessi: le amicizie, uno sport, una passione, un servizio…o tutte queste insieme!
L’esempio della scuola non è casuale, vuole mettere in evidenza che la filosofia della via di mezzo è applicabile a tutti gli aspetti e non solo, come poteva sembrare all’inizio, a quelle sfere ritenute di pubblico interesse per le conseguenze negative che portano.
 
Questa poi è una riflessione che si può estendere anche all’aspetto caratteriale: quanti di noi hanno un temperamento forte che spesso li spinge a confronti, discussioni, litigate magari evitabili se si imparasse a controllare i propri impulsi, educando noi stessi ad esprimere le nostre opinioni senza sembrare (o addirittura essere) aggressivi e arroganti?
E quanti invece per indole pacata e per timidezza tendono invece a non schierarsi mai, a tenere per sé i propri pensieri e le proprie riflessioni quando, con un po’ di coraggio in più, potrebbero farlo risultando anche più interessanti?
 
Tutto questo per dire che troppo spesso i nostri atteggiamenti sono dettati dal desiderio di far sentire la propria voce o, al contrario, dal desiderio di non aver problemi, non aver “fastidi”, atteggiamenti manifestati dal troppo trasporto in certe situazioni, o dalla sua assenza in altre.
Voglio lasciarvi una frase che può essere la soluzione a tante situazioni: la via di mezzo è lastricata d’oro!
Mery Momesso
Versione app: 3.25.0 (fe9cd7d)