Stile di vita come vocazione

Lo “stile di vita” non è solo un modo vivere, di essere, di agire e di rapportarsi con gli altri, ma è anche la maniera “laica” di intendere la vocazione, cioè il proprio “progetto personale di vita”. L'adulto cosciente e il cristiano maturo si pongono inevitabilmente le domande: chi sono io? Cosa voglio essere? Dove voglio arrivare? Il “progetto di vita” (o lo “stile di vita”) indica lo scopo, il fine da dare alla propria esistenza.

Stile di vita come vocazione

da Teologo Borèl

del 10 gennaio 2012(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

 

          Cos’è lo “stile di vita”? Una prima risposta può essere: la maniera in cui si vive, il modo di essere, di agire, di rapportarsi con gli altri e con l’ambiente circostante, sulla base di un “progetto”, un “disegno” precedentemente elaborato ed assunto. In altri termini, si può dire che lo “stile di vita” è la maniera “laica” di intendere la vocazione, cioè il proprio “progetto personale di vita”.           Nel linguaggio della teologia e della pastorale vocazione, oggi si tende a sottolineare la connotazione più cosciente della persona di fronte alla sua vita e alla sua storia. È chiaro che, inteso in questi termini, si deve fare necessariamente riferimento al “progetto”, al “disegno” di Dio sulla persona stessa. Le due realtà non sono in contrasto, tutt’altro. Per il credente, il “progetto di vita” personale altro non che il discernimento prima e la realizzazione poi del “disogno di Dio” nella propria vita.          Il cristiano maturo, l’adulto cosciente si pongono inevitabilmente le domande: chi sono io? Cosa voglio essere? Dove voglio arrivare? Ed è propriamente la Parola di Dio che dà le risposte a queste domande, non in maniera meccanica o automatica, ma attraverso un serio percorso di ricerca e di approfondimento. L’Autore sacro afferma: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Salmo 118,105). La Parola di Dio è una luce in grado di rischiarare i passi del cammino dell’uomo lungo i sentieri della vita; essa rende sicuro il cammino perché è una bussola capace di orientare nelle nebbie di tante voci e di tante lusinghe, che confondono, disorientano, allontanano il cuore dell’uomo dal retto cammino.          “Cosa voglio essere? Dove voglio arrivare?”. Il “progetto di vita” (o lo “stile di vita”) indica lo scopo, il fine da dare alla propria esistenza. Colui il quale comprende che la vita non può esaurirsi dentro l’angusto orizzonte di una esistenza finita; chi sente di non poter lasciarsi vivere, come gli animali, in attesa della fine; chi rifiuta l’esistenza come mero consumo delle cose, avverte in tutta la sua forza l’urgenza insopprimibile di dare uno scopo, una ragione alla propria vita.          Oggi soprattutto, in un tempo di crisi e di difficoltà economica per tutto il mondo, il cristiano è chiamato a testimoniare uno stile di vita diverso rispetto agli altri, scegliendo positivamente uno stile di vita sobrio.           Nel Vangelo Gesù stesso contrappone provocatoriamente lo “stile di vita” di Giovanni Battista: “vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, che mangiava cavallette e miele selvatico”, che abita e predica nel deserto della Giudea e di “coloro che portano vesti morbide e sontuose, vivono nella lussuria e stanno nei palazzi dei re”. Oggi, come ieri, come sempre, c’è questo terribile contrasto: di alcuni (pochi) che vivono nel benessere e nel lusso e di altri (molti) che soffrono la fame e stentano ad andare avanti. Non fosse altro che per questo scandaloso divario, il cristiano non può non scegliere uno stile di vita difforme rispetto a quello consumistico e sprecone. Il Natale deve indurre ad una riflessione più seria e profonda: il Figlio di Dio nasce nello squallore di una grotta adibita a stalla, nella povertà più estrema. San Paolo sintetizza: “Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).          La vera ricchezza, suggerisce l’Apostolo, è la somiglianza con Gesù Cristo. L’unico stile di vita veramente cristiano è dunque quello che si rifà al suo esempio; e se è difficile imitare la sua “povertà” («Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20), è possibile comunque assumere uno stile di vita conforme al suo insegnamento; uno stile di vita che privilegia realmente l’essere sull’avere, che preferisce i valori veri e duraturi alle tante mode passeggere, che sceglie un tenore di vita semplice, contro lo spreco scandaloso e dissennato.                    Una pastorale intelligente tiene conto di questo valori, che parltro sono quelli di sempre, e che mettono in evidenza la caducità delle cose che passano in contrasto con le realtà che durano per sempre. Soprattutto con gli adolescenti e i giovani, una pastorale attenta e sensibile è capace di mostrare tutta la falsità di un mondo luccicante, dietro del quale non c’è niente, anzi che porta morte e distruzione. È inutile nascondersi dietro un dito: quanta gioventù è affascinata dallo stile di vita delle rockstar, veline, calciatori, attori, personaggi da rotocalchi; vorrebbe essere come loro: ricca, famosa, sempre sotto i riflettori della notorietà; nell’illusione di essere come loro, si crea un mondo falso, fatto di sogni e di fantasie, di sballo e di trasgressioni, fino a bruciarsi completamente e per sempre.          L’educatore, il pastore deve conoscere questa realtà per contrastarla e combatterla, attraverso l’incentivazione del volontariato e dell’impegno umanitario, primo gradino per qualcosa di più grande e più vero. I giovani sono migliori di quello che sembrano. Nei recenti disastri meteorologici della Liguria e della Sicilia, molti giovani si sono presentati spontaneamente a dare una mano, ada aiutare a pulire, spalare, trasportare, con una dedizione ed una genorosità ammirevoli. È evidente che molti non sono come dovrebbero essere perché nessuno glielo insegna. È questo il vero dramma dell’emergenza educativa: non ci sono alunni scadenti, sono i maestri che sono inadeguati.          Mezzo principe per una proficua pastorale giovanile e vocazionale rimane l’esempio. Niente come l’esempio è capace di convincere e di trascinare. Un catechista, un parroco, un educatore che vive in maniera sobria e discreta è la migliore propaganda per uno stile di vita veramente cristiana.           Rimane fondamentale la presenza di un valido progetto vocazionale, cioè di aver chiara in se stessi la scienza e la coscienza di ciò che si è, ed altrettanto chiara la meta che si vuole raggiungere: quello che si vuole essere e cosa s’intende realizzare nella propria vita.          Lo stile di vita sarà allora la conseguenza naturale e logica di tutto questo; avendo chiara la meta da raggiungere, la strada da percorrere, gli strumenti da usare, le energie da spendere, non c’è più molto spazio per le sciocchezze. Un antico adagio recita: Semel in anno licet insanire – Un giorno all’anno si può impazzire; ma tutti gli altri giorni sono per essere persone serie e responsabili.

Sandro Perrone

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