L'imprenditore bolognese Pitti Uomo partecipa alle sfilate fiorentine mostrando la sua nuova campagna in difesa del Made in Italy con slogan sconvolgenti, dove Gesù Crocefisso recita: «Devoti allo stile». «Perdona loro perché non sanno quello che indossano».
del 13 gennaio 2011
Grossolano e offensivo pasticcio di due imprenditori a caccia di visibilità
          I soldati romani si sono distratti. Non hanno tolto i panni di dosso a Gesù, prima di metterlo in croce, giocandoseli a dadi. L’hanno appeso vestito di tutto punto, nel vuoto, a una croce senza legno, né sangue né chiodi né corona di spine. Indossa un abito firmato dall’aretino Alessandro Cantarelli ed è esposto a Firenze alla kermesse Pitti Immagine Uomo, aperta da ieri.
 
Slogan: «Devoti allo stile».
          Il Cristo-modello ha una scenografia adeguata: un «edificio di culto» (sarebbe una chiesa, ma Cantarelli sa che la parola potrebbe turbare) con panche e altare e due ragazzi «vestiti con abiti 'sacri'».
           Cantarelli non è attraversato da dubbio alcuno: «Noi non scadiamo mai nel cattivo gusto». E a conferma della sua spietata raffinatezza, conclude: «Vogliamo dare un segnale. È quello di un uomo che eleva il gusto e lo stile, che sono qualcosa di trascendentale». Testuale. Verrebbe voglia di farne la parodia, ma com’è possibile parodiare un testo che è già parodia (involontaria) di suo?
          Nelle stesse ore, su al nord. Milano. Stavolta sui manifesti ci sono il legno e anche un cielo procelloso.
          Cristo indossa uno straccio ai fianchi e lo slogan recita: «Perdona loro perché non sanno quello che indossano». Osservi bene il volto dell’uomo-in-croce ed è proprio lui, lo stilista Carlo Chionna, che in un irresistibile impeto d’immodestia a giugno aveva indossato i panni del gladiatore – l’Italico – per difendere e promuovere il 'Made in Italy' in una «crociata solitaria». Chionna pesca a piena mani nel linguaggio sacro: «Scoraggiato ma non arreso, Carlo spera che il suo 'sacrificio' non sia vano». In altri termini: io Chionna sono un Cristo in croce.
          La creatività delle due campagne è pari soltanto alla modestia dei protagonisti. A Firenze, Pitti Uomo ospita più di mille espositori; la battaglia per emergere dalla bolgia è spietata; venendo meno fantasia e creatività, che abbinate all’ironia sono la via nobile alla comunicazione pubblicitaria di qualità, capace di stuzzicare i neuroni senza massacrarli, le scorciatoie dei cerebropiatti sono lo solite due: sesso esibito o religione caricaturata. Chionna , in forma più sbrigativa e megalomane, compie una scelta analoga e ricorre senza stile né ritrosia a una simbologia consolidata, vecchia di duemila anni.
          La morale della vicenda? Intanto deve far riflettere che, per colpire l’immaginario collettivo d’una società scristianizzata, la scorciatoia sicura resti il simbolo cristiano. Forse non siamo scristianizzati abbastanza, forse – per quanto ci sforziamo – non lo saremo mai del tutto. E certi simboli continuano a parlarci anche se pretendiamo di estirparli o ricacciarli in qualche angolo buio dell’anima.
 
Poi, è evidente che ci sono due Crocifissi, uno 'cattivo' e uno 'buono'.
          Il primo mostra il Cristo della storia e della fede appeso sulla Croce per tutta l’umanità, gratuitamente; e pare 'offenda' certi paladini della modernità e del progresso, che volentieri lo oscurerebbero.
          Il secondo è finto, manipolato e blasfemo ma serve a vendere. Porta quattrini in cassa. Diventa merce in un mondo che è 'buono' se ruota attorno alle merci, al consumo e al denaro. E quindi va ostentato.
           Se vogliamo, è una seconda crocifissione. Cristo viene spogliato, rivestito e appeso per la convenienza di alcuni imprenditori tanto privi di scrupoli quanto pronti a innalzare grossolanamente se stessi a ultimi geni incompresi della comunicazione. Dotati di una faccia tosta sesquipedale. Sentite come si presenta Cantarelli: «Io sono cristiano, la mia famiglia è cristiana e l’azienda è da sempre vicina alla Chiesa».
Urge pietosa lezione di catechismo.
 
Umberto Folena
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