Vorremo ora introdurre un altro elemento di fondo che ci guida alle risposte degli inizi e che parte dal punto luce di ogni persona di fede. Cioè, il cristiano adulto, genitore o educatore, potrebbe riconoscere e usare nel suo dialogo con il bambino la scoperta fondamentale della sua vita che non è una generica religiosità spendibile con chiunque...
del 18 novembre 2008
L'incontro con Ges√π
 
Vorremo ora introdurre un altro elemento di fondo che ci guida alle risposte degli inizi e che parte dal punto luce di ogni persona di fede. Cioè, il cristiano adulto, genitore o educatore, potrebbe riconoscere e usare nel suo dialogo con il bambino la scoperta fondamentale della sua vita che non è una generica religiosità spendibile con chiunque, né unammorale che si confonde con le norme sociali di un generico perbenismo, ma l'incontro con Gesù: un incontro che è altro anche dalla riflessione esegetica o teologica pur indispensabili per la crescita nella fede.
Noi siamo, infatti, convinti che il genitore che vuole trasmettere la fede ai propri figli se parte dalla Parola può evitare di immettere nella sua risposta argomentazioni teologico filosofiche che si rivelino spurie: gli permettano cioè di vincere la battaglia della domanda mostrandosi genitore attento e bravo, ma portino in sé i motivi di debolezza che possono portare alla perdita della guerra: nel senso di affidare al bambino delle convinzioni contro cui il bambino, crescendo, giustamente si ribellerà, arrivando alla situazione tipica dell'adolescente che crede di criticare ogni forma di cristianesimo, ma sta solamente scrollandosi di dosso la religiosità spuria che genitori, nonni, catechisti e parenti tutti gli hanno trasmesso.
Da un punto di vista pedagogico osserviamo ancora che questo atteggiamento ha un indubbio vantaggio: il racconto con cui si risponde alla domanda serve contemporaneamente per piccoli e grandi. Serve al piccolo che fa la domanda, ma anche al fratello più grandicello che non la fa più perché è 'distratto' dalle cose più importanti che impara a scuola, ma anche all'adolescente che rimugina i suoi pensieri verso il mondo, ma anche agli adulti che fossero presenti, al punto che il padre che dà questa risposta possiamo ipotizzare che arrivi persino a rafforzare la fede della mamma e viceversa.
Siamo all'interno di un topos pedagogico presente in tutta la cultura ebraica. Ricordiamo lo svolgimento della cena pasquale ebraica che inizia proprio dalla domanda del più piccolo: «Perché questa sera non è come tutte le sere?». Il testo di Es 12,26 ripreso da Dt 6,20 ipotizza che la domanda offra lo spunto per una narrazione della storia sacra che vale per grandi e piccini: sia che lo si senta per la prima volta, sia che il racconto esodico ci arrivi per la ventesima contiene una ricchezza tale che interessa veramente tutti.
Lasciamo a domani il raccordo tra le domande concrete dei bambini e le risposte che il genitore potrebbe dare a partire da una parabola o da un detto di Gesù. Vorrei ora occuparmi solo di quelle domande che riguardano gli inizi e la fine: sono molto simili tra loro e sono espresse quasi sempre sotto forma temporale. Una tipica domanda sul punto alfa potrebbe essere: «Mamma, chi ha creato Dio?»; una tipica domanda sul punto omega: «Mamma, se vado con l’aereo sopra alle nuvole trovo il Paradiso?» A ben guardare non ci sono nel vangelo che abbozzi di risposta (pochissimi sotto forma parabolica o narrativa): l'inizio del vangelo di Giovanni ad esempio, oppure l'affermazione che solo il Padre conosce il tempo della fine («Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre» Mc 13,32). Resta invece ben chiara da tutto il Vangelo un'indicazione generale di accesso al tema; Gesù afferma: «Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine»; operativamente, possiamo cominciare a rispondere ai nostri bambini accogliendo la sua indicazione: «Gesù ci ha detto in maniera solenne che da lui - e cioè dal Vangelo che ci parla di lui - possiamo ricevere la notizia che è la più importante di tutte le notizie: l'Amore del Padre per noi».
Sembra inoltre che Gesù si sottragga non solo alle curiosità teoretiche sia della cultura
filosofica greca, sia - in prospettiva - alle sottigliezze della successiva teologia bizantina dei primi secoli del cristianesimo, per rivendicare il mistero di Dio; e non può essere già questa un'altra indicazione?
Supponiamo di aver già utilizzato - a fronte della domanda: «che cosa fa Dio quando siamo disobbedienti?» oppure per le domande sulla lontananza di Dio o sul dolore - la parabola della pecora smarrita: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione»
(Lc 15,4-7). Potremmo ora - davanti alla scarsità di stimoli evangelici da utilizzare nella risposta alla domanda sugli inizi e sulla fine - chiedere al bambino: 'il pastore può disegnare la pecora?' e ancora: 'Ma la pecora potrebbe disegnare il pastore?'. Molto probabilmente il bambino già da solo può trovare il motivo sapienziale del Talmud di cui dicevo prima e che costituisce un'alternativa cristiana al piccolo psicologo che è in noi (di cui abbiamo parlato in questi anni) e che sarebbe portato a pensare che il bravo genitore sia un genitore che sa tutto, può tutto e non sbaglia mai.
Una simile avvertenza comporta due vantaggi che dico brevemente.
Il primo vantaggio è psicologico e lo esprimerei con un esempio tratto da un vecchio
testo di Heinz-Manfred Schulz: «Perché Dio ha fatto morire il mio criceto?» (Chr. 6 anni). In questo caso, come risposta, è opportuno che la madre chiarisca al bambino la sua colpevolezza per non avere ben accudito la bestiola»[1]. La risposta per essere realistica (è chiaro che il bambino può essere ripreso per questo motivo, ma non a partire dal suo dolore o dalla sua domanda!) rischia di non essere accogliente, di diventare un mezzo surrettizio per sgridare il bambino e, in ogni caso, non è psicologicamente avvertita: parlando al bambino dell'amore di Dio non posso permettermi in alcun modo il lusso di non essere amorevole e accogliente. La catechista che parla dell'amore di Dio urlando perché la classe non sta zitta offre un comportamento in qualche modo 'comprensibile' a tutti coloro che hanno esperienza di scuola, ma non si può non rilevarne la modalità paradossale: nega con i fatti ciò che annuncia a parole e, nella migliore delle ipotesi, si autoelimina o autosqualifica ciò che annuncia. Tutti gli umani, anche se bambini, sono sensibili a queste discrepanze! Il secondo vantaggio è squisitamente teologico e lo dico con un racconto personale. La mia catechista per la preparazione ai sacramenti si avventurò un giorno a spiegarci le durezze delle pene dell'inferno che sarebbero durate per sempre; immaginando poi, forse, di aver esagerato, passò al registro del paradiso dove sottolineò la felicità eterna di nuovo con le caratteristiche temporali del per sempre. Questo per sempre costituì un incubo della mia infanzia perché detto come una sequenza di giorni che non finiva mai era tanto paurosa nella forma dell'inferno quanto tediosa e insopportabile nella forma del paradiso. Voglio dire: non solo la catechista non aveva acquisito la lezione filosofica di Agostino sul tempo, ma non aveva nemmeno ben presente la scorrettezza che contiene un'espressione analogica se viene intesa alla lettera! Una questione squisitamente filosofica si potrebbe osservare, ma che va ad incidere concretamente sulla ricezione del messaggio.
Quindi il Leitmoviv delle nostre risposte di genitori alle domande sull'alfa e l'omega, a nostro parere, dovrebbe essere guidato sia dalla prudenza davanti al mistero messa in atto dal Talmud, anche a costo che i genitori mostrino la loro insipienza, sia dalla frase di Gesù: «chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45), che riconduce la conoscenza all'unico che ci può parlare di Dio. Quando infatti non si sta in questi limiti (non solo nelle risposte al bambino ma nelle risposte che una società, anche cristiana, si dà), quando cioè la pecora crede di poter disegnare adeguatamente il Pastore siamo all'interno di un mondo integralista e violento in cui le nostre belle immagini, chiare e distinte, ci servono come armi per imporci sugli altri. In questo modo sono nate le divisioni all'interno della cristianità, senza contare poi i danni missionari all'esterno. Molto meglio indirizzare la nostra azione di cristiani e quella dei nostri figli verso la capacità di godere nella lode e di esprimere il nostro grazie al Signore. Se riprendiamo ancora una volta la parabola della pecora smarrita vediamo infatti che finisce nella festa: il buon pastore «se la mette in spalla tutto contento», agli amici e ai vicini dice: «Rallegratevi con me», e la pericope si chiude richiamando il cielo come luogo della «gioia». I Salmi sono l'esempio della preghiera che parte della vita per riportare i frutti 'della vite e del nostro lavoro' davanti agli occhi Dio.
Non vorrei però aver dato l'impressione che la teologia serva solo a iniziare liti e non abbia un suo preciso posto in questa linea di risposta pedagogica che nasce dal vangelo così come siamo venuti delineandola. Vi propongo un esempio. È biblica l'idea di Dio che ci vede e legge nel nostro cuore (potremmo vederne una ripresa nell'espressione di Matteo: «il Padre tuo, che vede nel segreto», Mt 6,4). Altra cosa è però l'occhio di Dio dipinto all'interno del triangolo trinitario nelle nostre chiese, che inquieta più di un bambino e di un grande.
Potrebbe essere interpretato come controllo totale, controllo senza scampo e senza requie, troppo inquisitorio per la sensibilità moderna. Sequeri[2], in una pagina bellissima e densa di riferimenti, purifica l'immagine dalle incrostazioni poliziesche che la cultura gli ha attribuito per riscoprire in questo occhio la presenza vigile e amorosa di Dio che ci sostiene in ogni momento della nostra vita. Ne ricaviamo un monito forte per tutti coloro che parlano degli inizi (e della fine) ai bambini senza aver purificato come conviene le proprie labbra.
 
 
Bibliografia di Gilberto Gillini e Maria Teresa Zattoni
 
Ritorno a casa. La nascita di una coscienza, Queriniana, Brescia 1990. Storia di Paquito. Nascita di una madre, Queriniana, Brescia 1991. La cinquantaseiesima colonna. Uno strumento concreto di autoformazione per chi si trova in una relazione d'aiuto, Queriniana, Brescia 1992. Con passione e con rispetto... Due coniugi scrivono a preti, Queriniana, Brescia 1993. Ben-essere in famiglia. Proposta di lavoro per l'autoformazione di coppie e di genitori, Queriniana, Brescia 1994. Dalla loro parte. Vol 1: Storie vere di figli adolescenti alle prese con i genitori. Vol 2: Storie vere di genitori alle prese con figli adolescenti, Ed. Ancora, Milano 1995. Parlare di Dio ai bambini, Educazione religiosa dei genitori e degli educatori, Queriniana, Brescia 1996. I racconti meravigliosi della Bibbia, 10 volumetti che affiancano ad ogni storia biblica un racconto parallelo esplicativo tratto dalla vita quotidiana, Paoline, Milano 1997-2001. L'altra trama, Manuale di formazione per tessere relazioni familiari alternative, Ancora, Milano 1997. I genitori si interrogano. La narrazione come invito al cambiamento, Paoline Editoriale Libri, Milano 1998. Contro il Drago. Abusi sessuali sui minori: storie e itinerari di guarigione, Queriniana, Brescia 1998. Una fratenità per la missione: volto della comunità e annuncio del Vangelo, in F.BROVELLI – G.CANOBBIO – G.GILLINI – S.XERES – M.ZATTONI, Una Chiesa 'estroversa'. Pastorale ordinaria e missionarietà, Àncora, Milano 1998, pp. 20-25; 89-131. Vuoi fare l'amore con me? Appunti per formarsi alla vita di coppia, Queriniana, Brescia 1999. La trappola del padre buono, Paoline Editoriale Libri, Milano 1999. Le strade del cuore. Prove per amare: l’educazione affettiva e sessuale dell’adolescente e della sua famiglia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 1999. Genitori all’ombra del Padre, Strumento di lavoro per gruppi familiari, Ancora, Milano 1999. Proteggere il bambino, Come aiutarlo ad affrontare i conflitti, il dolore e la morte in famiglia, Ancora, Milano 2000. I sentieri della vita, Crescere i propri figli, fondamenti e consigli per i genitori, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000. Ragazzi sulla soglia, conoscere la prima adolescenza, Paoline Editoriale Libri, Roma 2000. Un’ipotesi di consulenza formativa. Il counseling per l’operatore familiare, FrancoAngeli, Milano 2000.  Lezioni d’Amore, Leggono il Cantico dei Cantici una coppia, un esegeta, un pastoralista, Queriniana, Brescia 2000. L’avventura familiare della nascita, Quando nasce un bambino, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001 Alla scoperta delle relazioni nel presbiterio, in CAPRARO G., COLOMBOG., GILLINI G., GUASCO M., TORRESIN A., TREMOLADA P., VERSALDI G. , ZATTONI M., Preti ma non da soli. Presbiterio e comunità, Ancora, Milano 2001. Bambini Oggi, Prendere contatto con la crescita da 6 a 10 anni, Paoline Ed., Roma 2001. Interno familiare secondo Marco, prefazione di N.Lohfink, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001. Interno familiare secondo Luca, prefazione di F.G.Brambilla, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2002. Interno familiare secondo Matteo, prefazione del Card. D. Tettamanzi, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2003. Innamorati e fidanzati, Cammini di autoformazione, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2003. Ben-essere per la missione. Proposta di lavoro per l'autoformazione di gruppi di presbiteri, di consacrate 
[1] Schulz H.M. (1974), Che cosa fa Dio tutto il giorno? Domande dei bambini sulla fede, risposte deigenitori ed educatori, Trad. it. Queriniana, Brescia 1976, p.91. 
[2] SEQUERI P., Il timore di Dio, Vita e Pensiero, Milano 1992.
Gilberto Gillini, Mariateresa Zattoni
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