Sull'aborto, ecco due fedeli e un papista

Con l'aborto si uccidono esseri umani innocenti. Per sentirsi dire parole così dure e così schiette alle 8 e 30 della sera, sulla rete più importante del servizio pubblico, c'è voluto il coraggio un po' incosciente, la sfrontatezza diremmo, di Giuliano Ferrara...

Sull'aborto, ecco due fedeli e un papista

da Quaderni Cannibali

del 26 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

DISSENSO E AMICIZIA. IL CANONISTA: PUNIRE. L'AMBROSIANO: UN MOVIMENTO. IL LAICO: OLTRE LA LEGGE, UN AMORE DURO

          Con l'aborto si uccidono esseri umani innocenti. Per sentirsi dire parole così dure e così schiette alle 8 e 30 della sera, sulla rete più importante del servizio pubblico, c'è voluto il coraggio un po' incosciente, la sfrontatezza diremmo, di Giuliano Ferrara. A lui va una menzione d'onore per questa autodeflagrazione mediatica, questa vera e propria esplosione che ha investito l'etere l'altra sera, durante il consueto breve spazio di 'Radio Londra' su Raiuno.

          Prendendo spunto dalla sentenza della Corte di giustizia europea contro i brevetti ottenuti da esperimenti su embrioni, il direttore del Foglio ha lanciato un'invettiva lucida e spietata contro l'aborto: se i giudici della Corte dicono che l'embrione è fin dagli albori un essere umano - questo il ragionamento di Ferrara - allora significa che con l'aborto noi continuiamo per legge a uccidere - ma il direttore del Foglio ha detto 'ammazzare' - delle persone innocenti. C'è voluto un laico impertinente come Giuliano Ferrara per osare affermare ciò che per decenni molti altri, e noi cattolici in testa, hanno avuto paura di dire. Per questo motivo quelle parole di Ferrara fanno uno strano effetto, e assomigliano a una fucilata, a un colpo sparato a sorpresa per orecchie che ormai non erano più abituate a sentirselo dire, quel fatto terribile e imbarazzante, e cioè che l'aborto uccide innocenti. Perfino noi pro life da tempo andiamo alla ricerca delle perifrasi, dei giri di parole, degli eufemismi, delle magie dell'antilingua che servano a evitare di dire come stanno le cose. Per questo, davanti a uno come Ferrara bisogna togliersi il cappello, e ringraziare la Provvidenza di avercelo mandato a strapazzarci e a scuoterci dal torpore e dall'indifferenza, lui che proviene da una solida formazione comunista ortodossa, e lui che l'altro giorno - purtroppo - annunciava di aver mandato mille euro a Radio Radicale affinché non chiuda. Giuliano Ferrara è un amico che, in base alla propria storia e al proprio percorso personale, dà tutto quello che può dare, e anche di più. E' il centurione di Cafarnao, che si professa pagano ma al quale Gesù attribuisce più fede di quella di qualunque altro uomo in tutta Israele. Quindi, come dicevamo, chapeau.

          D'altra parte, il discorso fatto l'altra sera da Ferrara sull'aborto presenta un punto debole grave, del quale è bene parlare. Secondo il direttore del Foglio - che lo ha ribadito in una pagina-manifesto sul suo quotidiano - l'aborto è sbagliato, ma non può essere vietato dalla legge; né la donna e chi coopera all'aborto devono essere puniti. La contrarietà all'aborto, secondo Ferrara, deve esprimersi sul piano culturale, economico e in generale delle scelte politiche di un governo, lasciando però del tutto impregiudicato quel diritto all'aborto sancito dalle leggi abortiste, 194 in testa. Questa posizione contiene un errore sostanziale; sotto il profilo logico, perché non si può combattere veramente l'aborto senza vietarlo. Certo, si può e si deve discutere quale debba essere la misura e la qualità della sanzione. Ma non esiste tutela giuridica di un diritto fondamentale se poi chi lo viola resta bellamente impunito.

          Non si può tutelare la proprietà privata e dichiarare insieme l'impunità di chi ruba. Dire che lo stato è contro l'aborto, e nello stesso tempo trasformarlo in una scelta insindacabile della donna, facendolo pagare dal servizio sanitario pubblico, è una contraddizione in termini da cui non si può uscire. E, infatti, in Italia 33 anni di 194 hanno prodotto 5 milioni di vittime dell'aborto e una cultura politica, giuridica e morale accondiscendente all'aborto. La legge 194 ha prodotto la legittimazione giuridica dell'eugenetica, per cui con la 194 si pone fine alla nascita dei bambini down e portatori di altre patologie individuate con la diagnosi prenatale. E sempre la legge ha prodotto l'idea che fare o non fare nascere sia una scelta della donna. Questa porzione della battaglia contro l'aborto è la più difficile da digerire e da comunicare, ed è per questo che anche nel mondo pro life da troppo tempo si è deciso di 'stralciarla' dal dibattito: impegniamoci per aiutare le donne, e rassegniamoci in silenzio e in buon ordine a convivere fino alla fine dei tempi con le leggi pro aborto. Sarà bene ricordare a tutti che non è questo l'insegnamento solenne della chiesa; e che nella Evangelium Vitae si stabilisce senza esitazione che gli stati non possono ammettere l'uccisione dei nascituri per legge; e che simili leggi ingiuste debbono essere denunciate e combattute incessantemente dai cattolici e dalle persone di buona volontà, poiché esse non sono più leggi, ma simulacri di leggi, autentica violenza legalizzata.

          Chiedere a Giuliano Ferrara di farsi esplodere un'altra volta in diretta tv per dire queste cose è, probabilmente, troppo. Ma sarebbe una vera tragedia se non si trovasse più qualcun altro, magari fra i cattolici e i pro life, pronto a ripetere al mondo che non è possibile, mai, rassegnarsi di fronte a una legge che riconosce il diritto di uccidere.

 

LETTERA SULLA 'MALINCONIA' A UN FRATELLO DI TANTE BATTAGLIE

          Carissimo Ferrara, ho letto e riletto con attenzione (e un po' di tristezza) la tua 'malinconica considerazione per quello che avrebbe potuto essere e non è stato', perché mi sento in totale sintonia con il tuo pensiero in materia e ti sento 'fratello' in tante battaglie. Vorrei risponderti sul Foglio con una non breve lettera oppure con un non lungo articoletto (se lo ritieni). Intanto vorrei chiarire innanzi tutto a me stesso alcuni punti, in vista di un dialogo che non può non continuare.

          1) Non penso che sia giusto parlare di un 'Pontefice bifronte' e di 'due linee d'azione'. Penso che questo Papa, che tu stimi immensamente (e più di tanti cattolici), abbia una sola fronte e una sola linea: quella del rispetto sempre e comunque della verità, che, nel nostro caso, significa tutela della vita in ogni momento. Non credo che su questo ci possano essere dubbi di sorta.

          2) La chiesa, in quanto tale, non è tenuta ad assumere in prima persona un 'programma di intervento nello spazio pubblico'. Essa è tenuta a un'opera di educazione verso preti e laici, affinché tutti i fedeli maturino nella coscienza di ciò che è bene e di ciò che è male: e non v'è dubbio che la Chiesa ci ha sempre educati a considerare l'aborto un atto omicida.

          3) Molti cattolici, così educati, hanno assunto la responsabilità di combattere la mentalità abortista proponendo mirabili opere di prevenzione, che hanno permesso a molti bimbi di nascere. Ma non si sono fermati qui. Molti altri cattolici (forse un po' meno dei primi) non hanno smesso di lottare perché a livello culturale (innanzi tutto) e a livello legislativo l'attuale situazione possa cambiare. Ritengo che vi siano molti cattolici pronti, come me, a creare un movimento nel senso da te indicato.

          4) Personalmente ho partecipato molto attivamente perché nel referendum sulla 194 si affermasse una maggioranza diversa da quella che poi si è manifestata (non mi hanno tirato prezzemolo, ma parolacce e schiaffi sì). E anche dopo non ho cessato la battaglia negli ambiti (minimi) in cui ho potuto agire. Ora sarei pronto a lavorare con te e penso che non saremmo soli e che, comunque, ci potremmo moltiplicare in tempi sufficientemente brevi. Non la chiesa in quanto tale, ma tanti figli della chiesa (da essa educati) potrebbero alleviare la tua 'malinconia', che mi ha non poco rattristato. Fraternamente, Ps. Se poi vuoi dire che ci sono troppi cattolici 'buonisti', che hanno barattato la verità con la carità (come se fossero due cose diverse) sono malinconicamente d'accordo con te.

Peppino Zola

 

          Cari amici, non intendo dire alla chiesa che cosa debba fare o giudicarla, ho il senso del ridicolo, che è un aspetto della mia sincera devozione per questa grande istituzione, con le sue logiche razionali e anche misteriose, provvidenziali. Però dico quel che penso e quali sono gli ostacoli alla realizzazione di quel che sogno. L'ostacolo non è il mondo secolarizzato, l'ideologia femminista. Non è l'ostacolo maggiore. L'ostacolo vero riguarda i cristiani, in particolare i cattolici, ed è duplice. Da un lato la chiesa, non con la chiarezza che esige il professor Palmaro, ha un'impostazione canonistica, con deroghe ed eccezioni, per corrispondere alla quale fa una battaglia giusta in linea di principio ma di retroguardia contro le leggi e le sentenze abortiste come quella della Corte suprema americana. In questo modo perde autorevolezza, perché la sanzione giuridica del reato di aborto non funziona in un mondo relativista, in cui è passata l'idea che l'aborto è un diritto di privacy personale procreativa, figuriamoci se possa essere considerato un peccato da trattare con le armi della legge.

          La mia proposta è: superare la legge, darla per scontata, e opporre un amore sì, ma un amore paolino, un amore duro, ardente, di fede e di cultura, alla sordità morale che impedisce politiche pubbliche doverose contro l'aborto in ogni sua forma (compresa la manipolazione eugenetica dell'embrione umano). Con il fantasma dell'aborto clandestino e della schiavitù giuridica della donna incinta di un figlio indesiderato, e della falsa teoria secondo cui la scienza può curare le malattie solo uccidendo, nessuna vera lotta per la vita è possibile. E' possibile certo, come ricorda Zola e anch'io ho ricordato, non lo dimentico mai, la miriade di iniziative limitative dell'aborto, impresa spesso eroica e ovviamente sottovalutata da un mondo che non la capisce, ma nulla di più, non la fissazione di un confine etico razionale, che oggi sarebbe tempo di stabilire sul piano internazionale. A partire dalla riforma dell'articolo 3 della invecchiata Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, a partire dalle adozioni dei figli non voluti, a partire dai soldi stanziati per giganteschi progetti Gemma contro l'aborto di classe, dai cimiteri e dai nomi da imporre a quei poveri 'rifiuti speciali ospedalieri' che oggi buttiamo nella spazzatura. La seconda cosa che il fuoco di una vera battaglia culturale contro l'aborto alimenterebbe è la funzione del pulpito. Se la battaglia è clandestina o giuridicista, poi le omelie dell'amore devono puntare su un'idea introversa e privata del peccato, che invece è culturale e sociale, e dell'espiazione redentiva, non possono laicizzarsi e portare nello spazio pubblico, che è anche lo spazio dei cristiani, accipicchia, tutta la questione.

          Invece il mondo ha bisogno dei cristiani, del loro pulpito, dei loro libri, della loro sapienza, non solo della loro fede, che la sapienza è incaricata di dire nelle sue ragioni per il mondo laico, per l'immenso cortile dei gentili. A me questo è sempre sembrato e sembra l'insegnamento di due grandi papi filosofi come Wojtyla e Ratzinger, per non parlare del grido primigenio dell'Humanae vitae di Paolo VI. Non sarò cattolico, ma a modo mio sono papista.

Mario Palmaro

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