Il commovente racconto di don Munir El Ra'i nel giorno della celebrazione penitenziale...
Continua l'appuntamento con "NON FERMIAMOCI QUI!", una rubrica che ci permetterà di dare continuità al SYM DON BOSCO 2015 leggendo interventi e testimonianze di quei quei giorni.
Oggi pubblichiamo un articolo che riporta le parole di don Munir El Ra'i, Ispettore del Medio Oriente, che ha presieduto la Celebrazione Penitenziale e la Santa Messa divenerdì 14 agosto.
A detta di molti è stata la giornata più forte, più significativa. La testimonianza di don Munir ha aperto il cuore di molti giovani, che hanno vissuto con radicalità il momento della Confessione e della Riconciliazione.
Grazie don Munir per le tue parole!
Ti ricordiamo, assieme ai tuoi giovani, nelle nostre preghiere.
Se vuoi condividere con noi la tua testimonianza, se desideri raccontare qualcosa di particolare che hai vissuto durante il SYM, scrivi una mail a chiara.s@donboscoland.it
“I Salesiani sono pronti al martirio pur di rimanere in Siria”.
Con queste parole don Munir El Ra’i, Ispettore Salesiano del Medio Oriente, apre la quarta ed ultima giornata al PalaRuffini di SYM 2015, prima dello spostamento al Colle Don Bosco, dedicata alle confessioni e caratterizzata dall’intervento del sacerdote siriano. "Come Salesiani - ha detto - siamo presenti in sette nazioni del Medio Oriente in cui un conflitto dettato dagli interessi, non per l’umanità, non per la libertà o la democrazia, altro non è se non un grande gioco molto complesso in cui chi ne paga le conseguenze è il popolo, sono i giovani". Un “big game” esercitato "da tutte le grandi potenze perché si tratta di un’area importante e strategica. Ebbene, noi salesiani siamo presenti e abbiamo deciso di rimanere nonostante le guerre e le difficoltà. Ci sono salesiani che piuttosto di lasciare quelle terre sono pronti al martirio", ha affermato don Munir.
"Parlare in quelle zone di perdono e amore per i nemici non è cosa facile", ha aggiunto. "Aleppo, la mia città, è, attualmente, la più colpita al mondo. Più di 3 milioni di abitanti colpiti dalla distruzione totale. Ho provato a chiedere ai giovani di Aleppo se possono perdonare e amare il nemico. L’ho chiesto a una ragazza rapita con la famiglia per quattro mesi, a ragazzi a cui è stata distrutta la casa, a una giovane maestra d’asilo a cui è morto un bambino tra le braccia colpito da un cecchino, a ragazzi che hanno perso famiglia e amici. Tutti mi dicono che non possono perdonare, è difficile. Non c’è odio, ma amare i nemici è una follia, per il momento. Forse, mi dicono, per saper perdonare dobbiamo essere santi. Forse, più avanti riusciremo ma adesso è difficile. Ma, nonostante tutto, molti in confessione chiedono al signore di aiutarli a perdonare!".
Per il religioso si tratta di "un cammino difficile, ma possibile": "Sembra essere una follia - ha affermato -. Una follia chiedere di perdonare, ma cos’è la vita cristiana se non una vita di follia? Noi abbiamo le nostre guerre, voi avete le vostre, ma è necessario saper perdonare e amare fino in fondo. Una follia, non c’è una logica umana nel perdono. Ma stare con Cristo è essere pazzi, e insegna l’unico linguaggio universale che è l’amore. E per stare con Cristo è necessario essere preparati, nutriti bene. Siamo tutti invitati a imparare il linguaggio dell’amore che va ricercato su una frequenza speciale". Quindi l'invito "a essere folli, essere folli con Cristo", una cosa "che richiede un grande sacrificio, anche il sacrificio della vita".
"In questi giorni in Medio Oriente, nonostante la sofferenza - ha aggiunto l'Ispettore Salesiano - tanti giovani hanno donato la loro vita a Cristo, tante nuove ordinazioni sotto le bombe, giovani che oggi danno la vita per servire il popolo siriano. Una follia, ma hanno imparato bene il linguaggio di Cristo. Vi invito ad essere folli, imparate il linguaggio dell’amore, perdonate, siate pazzi di Cristo e vi saranno aperte tutte le porte. Tutti siamo toccati dal peccato - ha concluso - ma la cosa più bella è il ritorno, il ritorno a Cristo. Ma per farlo ci vuole coraggio, e una volta intrapresa la strada del ritorno Cristo sarà sempre pronto ad accoglierci a braccia aperte e solo allora avremo il dono del perdono".
A don Munir è stato poi chiesto come educare i giovani al perdono. "Noi che abbiamo scelto di rimanere in Medio Oriente - ha risposto - insegniamo ai ragazzi ad accettare l’altro lavorando con razze e religioni diverse: accettare l’altro, chiunque sia. Seconda cosa chiediamo ai ragazzi di avere una forte e intima relazione con Cristo, solo la forza delle fede può condurre al perdono. In ultimo invitiamo a vivere bene i sacramenti della riconciliazione e dell’eucarestia: Don Bosco diceva che ci sono due ali con le quali possiamo volare in cielo, l’eucarestia e la riconciliazione, solo con esse potete volare. Coraggio cari giovani, coraggio!".
Redazione Zenit.org
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