Sono padre di sette figli. E so già che non c'è altro mezzo educativo per i figli dell'amore di una madre per il padre e del padre per la madre. Ciò è visibile nella nostra casa. Se ci sono delle difficoltà, delle crisi, dei conflitti tra me e mia moglie, i figli hanno subito delle crisi. Da dove trarre la forza per dare l'amore?
Sono padre di sette figli. E so già che non c’è altro mezzo educativo per i figli dell’amore di una madre per il padre e del padre per la madre. Ciò è visibile nella nostra casa. Se ci sono delle difficoltà, delle crisi, dei conflitti tra me e mia moglie, i figli hanno subito delle crisi. Nella mia vita ad un certo momento è sorta la domanda: “Da dove ricevere l’amore, che dovremmo vicendevolmente regalarci e donare ai nostri figli?”. Tutti dicono: “Cercate”.
Anche io nella mia vita ho cercato di amare, ma devo dire che non sono in grado di amare. Il mio egoismo è un continuo ostacolo. E che cosa bisogna fare con un uomo talmente povero che proviene da una famiglia distrutta, d’altra parte anche mia moglie proviene da una famiglia divisa… Ciò che mi aiuta ad essere oggi un padre, è la necessità di trovarmi vicino durante la nascita. Per essere presente alla nascita, ossia per essere presente non soltanto durante il concepimento ma anche durante la nascita nel senso del parto. Davvero è un’esperienza talmente profonda, che l’uomo inizia a riflettere in riferimento alle difficoltà della nascita di questo ometto alla vita matura.
Da dove trarre la forza per dare l’amore? Poiché gli sforzi, come ho detto, non servono a nulla… Nel mio caso, mi sforzavo tuttavia senza risultati, ed era ancora peggio. Come raggiungere la sorgente di questo amore, che deve essere nei confronti della moglie, e poi affinché i figli vedano ciò ed affinché siano… che guardino al futuro non con paura ma con speranza?
Ed ecco che, cari Signori, cercavo questo amore nel mondo in varie situazioni. Per realizzarmi per mezzo di ciò. Tutti i miei sogni dell’infanzia si sono realizzati. Volevo suonare – ho suonato. C’erano dei momenti in cui suonavo contemporaneamente in tre gruppi. Io mi realizzavo, e intanto mia moglie lavava i pannolini. Ricordo che spesso non c’ero a casa… Non ero presente alla nascita e alla maturazione dei miei figli. Non conoscevo le amiche e gli amici delle mie figlie, i loro insegnanti a scuola. Questa mia auto-realizzazione distruggeva, rovinava la mia famiglia.
Ad un certo momento della mia esistenza dovetti subire due operazioni e mi diedero due valvole artificiali nel cuore, e questo è stato un segnale per incominciare a porsi le domande: “Da dove trarre l’amore? Qual è il senso della vita? Perché ho tre figli, se sono un ragazzo ventenne?”.
Poi abbiamo perso il quarto figlio, e successivamente è nata un’altra bambina. Ero davvero pronto a scappare negli Stati Uniti, non so dove. Cambiare il cognome, fuggire… fuggire dai problemi, fuggire dai doveri. Spesso si parla della crisi della paternità e della crisi dell’essere marito, e ciò ha luogo davvero. Ma il personaggio del padre deve ritornare al suo posto. E molte volte ho riflettuto come farlo.
Dopo tutte queste esperienze legate alla mia salute, sono tornato a casa, ed ho assistito ad insolite catechesi in chiesa. Durante esse ho sentito della Buona Novella, che il Signore Dio vuole aiutare la nostra famiglia, ricostruirla. Ed ho potuto, non subito ma gradualmente, lasciare i miei gruppi e ritornare a casa. Il Signore Dio è così buono che ci ha dato delle possibilità. Non ho abbandonato la musica, continuo a suonare, ma anche con i miei figli, e posso stare tutto il tempo con la mia famiglia.
E se qualcuno oggi mi chiedesse che cosa significa essere un buon padre, sicuramente non direi che ciò consiste nell’andare di domenica a fare le passeggiate, nel parlare con i miei sette figli, nell’intrattenermi con ciascun figlio, o quando festeggia il compleanno, nell’andare a fare una gita da qualche parte, nel toccare il cuore di ognuno…
Per me oggi, e credo che sia l’unica vera risposta alla ricerca del senso della vita e dell’amore, essere un buon padre consiste nella trasmissione della Fede. Innanzitutto io stesso devo avere la Fede, l’esperienza per cui l’uomo non muore. E poi realizzarlo nella famiglia. Questi sono mezzi semplici. Dalla preghiera prima del pasto, alla costruzione dell’autorità del padre, che è una persona debole. Perché i figli lo vedono perfettamente: un padre che grida aiuto a Dio, ed essi vedono che Dio aiuta.
La nostra figlia più grande, di diciotto anni, da mezzo anno ha il cancro. Ed insieme a mia moglie abbiamo visto che è un nostro enorme successo, forse più del Signore Dio, ma vi partecipiamo, che oggi i nostri figli non hanno una crisi per questo motivo. Ed inoltre, Maria, che è ammalata e continua ad essere o a casa o all’ospedale e combatte… e ciò è utile ai nostri figli.
Non i mattoncini di LEGO, non dei giocattoli o una nuova bicicletta. La cosa più importante è un fondamento che fa sì che quando vedono come la loro sorella maggiore soffre, ed ha vari problemi di salute, non vedono in ciò una tragedia, ma che questa è soltanto un’esperienza difficile – come dice mia moglie. Il matrimonio è difficile, ma utile. La mia malattia era difficile, ma è utile. Le nostre varie crisi sono difficili, ma sono questioni utili e serie.
Voglio dire che per me questa trasmissione della Fede, questa esperienza è fondamentale. Molte volte i figli mi chiedono: “Majka morirà? Tu morirai?”. Ed io rispondo: “Non lo so”. Poiché le valvole nel cuore fanno così rumore, che loro lo sentono. Quando vengono di mattina nella nostra camera da letto… subito alle sei della mattina le porte si aprono, i bimbi entrano, camminano su di noi… quelli più giovani, per fortuna.
Ed ascoltano. E poi dicono: “Ti batte ancora il cuore. Ti batte ancora, sai?”. I figli mi ricordano che la vita dell’uomo in verità è molto breve. E ciò che vorrei lasciare ai miei figli, è l’esperienza che un padre debole grida a Dio di aiutarlo, e penso che non c’è alcunché di più importante di questa fede.
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